Eredità e concessione da parte del de cuius del diritto di abitazione ad uno dei coeredi

Eredità e concessione da parte del de cuius del diritto di abitazione ad uno dei coeredi


DOMANDA

Recentemente è deceduto mio padre, già vedovo da anni, possiede un conto corrente bancario (ormai vuoto) da ciò che mi dice mia sorella con lui convivente (pur avendo lei una casa propria) e una casa di proprietà: mia sorella continua a vivere nella casa dei miei genitori, che, ora per metà sarà anche mia evidentemente e non fa parola sul fatto che dovrebbe lasciare la casa o, comunque, se decidesse di voler continuare ad abitarci, sarebbe giusto che ci mettessimo d’accordo e che quindi pagasse la mia metà della casa. Premetto che i rapporti non sono idilliaci, anche per i favoritismi economici fatti dai miei genitori in suo favore, pur avendo lei un lavoro e nessun problema economico. Ora vi chiedo, c’é un limite di tempo oltre il quale io posso pretendere che lei lasci la casa? E poi cosa prevede la legge nel caso dell eredità? Potrebbe mio padre aver ceduto a mia sorella la possibilità di abitare in quella casa, e quindi di fatto escludere me dalla possibilità di entrare in possesso della mia parte? Nel caso come posso fare a scoprirlo? Grazie ancora per il Vostro prezioso aiuto che negli anni mi ha permesso di uscire da alcune situazioni che sembravano senza uscita. Cordiali saluti


RISPOSTA

Requisito per costituire un diritto di abitazione in capo ad un soggetto diverso dal titolare del diritto di proprietà, è la stipula di un atto di trasferimento del diritto di abitazione in forma scritta: affinché tale diritto trasferito sia opponibile ai terzi, e quindi anche al coerede, è necessario che l’atto di costituzione venga trascritto nei Registri Immobiliari, e che tale trascrizione debba rivestire la forma dell’atto pubblico (e dunque stipulato davanti ad un notaio) o della scrittura privata autenticata. Se ne conclude che per verificare l’eventuale costituzione di un diritto di abitazione sull’immobile che fu di proprietà del defunto è sufficiente effettuare una visura nei pubblici registri immobiliari.
Nella successione legittima (senza testamento) di un vedovo con due figli, in presenza di donazioni effettuate in vita dal de cuius ad uno dei coeredi (donazione è la concessione di un diritto di abitazione), 1/3 della massa ereditaria (comprensiva del valore delle donazioni effettuate in vita) tocca a ciascuno dei figli, mentre il valore delle donazioni effettuate in vita non può superare 1/3 del valore complessivo della massa ereditaria.

Per sapere se è stata violata la quota di legittima dell’erede non donatario, si calcola innanzitutto il valore complessivo della massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della sua morte . A questo punto è possibile ottenere la quota disponibile al de cuius (la parte di eredità che potrebbe essere stata devoluta a chiunque con donazioni in vita senza violare i diritti del legittimario), pari ad 1/3 del valore dell’eredità relitta al netto dei debiti del defunto.
La quota disponibile si confronta con il valore del diritto di abitazione concesso al coerede donatario. In che modo? Esistono tabelle notarili per la determinazione del valore dei diritti di usufrutto, abitazione ed uso: in base ad esse, ad esempio, al diritto di abitazione di cui è beneficiario un soggetto di età compresa fra 46 e 50 anni (purtroppo lei non riporta l’età di sua sorella), può essere attribuito il 75% del valore dell’immobile abitato.
A questo punto è facile capire se è stato violata la quota spettante al legittimario non donatario e se, pertanto, può essere avviata un’azione giudiziale di riduzione della quota spettante al coerede donatario: il 75% del valore dell’appartamento concesso in abitazione, infatti, non deve, e non può superare la terza parte del valore complessivo dell’intera eredità lasciata dal defunto.
Per il resto, se sua sorella è titolare di un diritto di abitazione non può essere costretta a lasciare l’appartamento. Altrimenti, la questione può essere regolata solo con un accordo bilaterale o in sede giudiziale, contestando l’assenza o l’insufficienza del corrispettivo riconosciuto al coerede non occupante, importo che dovrebbe essere pari alla metà del canone di locazione determinato da una consulenza tecnica d’ufficio (CTU).


1 Settembre 2020 - Marzia Ciunfrini

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