Coronavirus e rincari: molti esercenti fanno spuntare la Tassa Covid in fattura – Come opporsi?

Emergenza coronavirus o virus covid19












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Sono stato recentemente, dopo la lunga sosta a causa della quarantena, a tagliarmi i capelli dal mio parrucchiere di fiducia e mi sono reso conto che il prezzo, però, è aumentato di ben due euro: alla mia domanda il titolare ha risposto che si tratta di un contributo obbligatorio per l’emergenza Coronavirus.

Vorrei sapere se questo rincaro è lecito ed, in caso contrario, cosa fare per opporsi.

È stata una riapertura salata per tanti italiani, quella dello scorso 18 maggio 2020, e non solo per i prezzi al rialzo di frutta, verdura e diversi prodotti alimentari e per la casa, rincari ripetutamente denunciati da diverse associazioni.

Infatti, oltre agli aumenti del prezzo del caffè al bar e del costo delle prestazioni dei parrucchieri, per molti consumatori è anche arrivata una sorpresa nello scontrino, già ribattezzata come “tassa coronavirus”, o “tassa Covid”.

Secondo le segnalazioni di diversi consumatori raccolte, parecchi esercenti starebbero scaricando direttamente sui propri clienti i costi più pesanti sostenuti a causa della crisi, addebitando loro un “extra” di qualche euro: normalmente, tra i 2 e i 4.

Infatti, numerosi consumatori hanno denunciato un sovraprezzo, mediamente dai 2 ai 4 euro, applicato in particolare da parrucchieri e centri estetici ai propri clienti.

Si tratterebbe, in altre parole, di un balzello inserito in scontrino, spesso sotto la dicitura di “Covid”, “che sarebbe imposto come contributo obbligatorio per sostenere le spese degli esercenti per sanificazione e messa in sicurezza dei locali”.

Si riferiscono anche casi di centri estetici che obbligano i clienti a comprare un kit monouso fatto da kimono e ciabattine al prezzo di 10 euro, come condizione per sottoporsi ai trattamenti.

Siamo di fronte a un far west illegale che potrebbe configurare il reato di truffa, e contro cui diverse associazioni dei consumatori stanno pensando di presentare una denuncia alla Guardia di Finanza e all’Antitrust, fornendo tutte le segnalazioni ricevute al riguardo, affinché si avviino le dovute indagini sul territori”.

Questo, poiché si tratta di una prassi scorretta che si sottrae forse anche da un punto di vista fiscale alla somma dovuta al consumatore.

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25 Maggio 2020 · Giovanni Napoletano

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