DOMANDA
Nei primi giorni di dicembre 2013 ho sottoscritto, via telefono, un contratto adsl + fisso con fastweb, migrando da telecom: in data 24/12/13 parte la fornitura del servizio.
L’operatore, all’atto della sottoscrizione, mi aveva detto che la promozione sarebbe durata un anno e che prima della scadenza avrei dovuto chiamare per accedere ad altra promozione.
Cosi ho fatto, ma da ottobre 2014 in poi nessun operatore mi ha più offerto niente e l’unica scelta era: pagare per intero dopo la scadenza o recedere.
Ho scelto la seconda e d’accordo col il servizio clienti ho presentato domanda scritta intorno alla metà di dicembre 2014 per cessare a fine mese, quindi oltre il 24/12/14 che rappresentava il 365 giorno.
Fastweb mi ha inviato prima la bolletta di novembre e dicembre 2014, poi gennaio e febbraio 2015 e in seguito nota di credito per quest’ultima, certificando la chiusura del servizio al 31/12/14.
Dopo aver pagato tutto e restituito gli apparati, mi è arrivata una fattura per recesso anticipato di 119 euro: non ritenendo giusto quanto richiesto ho parlato più volte con il loro servizio clienti, ma ora mi scrive, con lettera semplice, una societa di recupero crediti.
Cosa devo fare?
RISPOSTA
Il contributo di attivazione delle offerte Fastweb è incluso per i clienti che rimangono con Fastweb per almeno 24 mesi.
Al cliente che recede prima dei 24 mesi Fastweb addebita, come riportato nelle condizioni generali di contratto, il valore della promozione fruita sul contributo di attivazione che varia in base all’offerta sottoscritta, al periodo e alle modalità di adesione e al mantenimento o meno del numero telefonico.
Qui, potrà verificare che la pretesa dei 119 euro si riferisce proprio al contratto da lei attivato e recesso prima della scadenza biennale.
Chiarito questo aspetto (l’importo richiesto è dovuto), va poi aggiunto che sono migliaia le posizioni debitorie di utenti di servizi di fonia, relative a penalità di recesso anticipato irrogate agli ex clienti dagli operatori di fonia ed accesso ad internet, che le società di recupero crediti tentano timidamente di chiudere, ben consapevoli che nessuna azione esecutiva giustifica i costi certi da anticipare per incassare (forse) gli esigui importi in gioco.
Si tratta di quell’attività che nell’ambiente viene indicata con il termine di “pesca a strascico”: in pratica si inviano centinaia di comunicazioni con la pretesa del credito nella speranza che qualcuno adempia, garantendo così un lucroso guadagno rispetto al costo (pressoché insignificante) del pacchetto di posizioni debitorie acquisito.
17 Febbraio 2020 - Andrea Ricciardi