Demansionamento o dequalificazione del lavoratore – Non è licenziamento, ma si tratta, comunque, di una vera disgrazia, anche sotto l’aspetto psicologico, per il lavoratore, a cui difficilmente si riesce a porre rimedio.

Si tratta di una vera disgrazia, anche sotto l'aspetto psicologico, per il lavoratore, a cui difficilmente si riesce a porre rimedio.







Sono stato obbligato a cambiare mansione senza alcuna motivazione formale e ciò è avvenuto senza che potessi discutere le eventuali variazioni di tale spostamento.
Naturalmente ho accettato senza troppe polemiche (ho 2 figli minorenni) ma una volta trovatomi nel nuovo reparto ho appreso che non avrei mantenuto le stesse responsabilità e lo stesso livello professionale, dovendo ricominciare da zero passando da responsabile (trainer di reparto) ad operatore.

Premesso che sono pronto a rimboccarmi le maniche e farmi valere (è già la seconda volta in questa azienda che vengo demansionato) vorrei sapere se possono privarmi dell’indennizzo che percepivo come trainer(dato che adesso non lo sono più) e se posso contestare anche l’ enorme perdita economica alla quale vado incontro passando da un tipo di turnazione ad un’altra,
si parla di circa 400 euro in meno.

Ho chiesto più volte un contatto con l’HR ma continua ad ignorarmi.

BEGINNISH

Senza entrare nel merito della questione (e non potremmo farlo non conoscendo la vicenda nel modo approfondito che richiederebbe la formulazione di un parere legale) possiamo solo invitarla a non chiedere contatti con l’HR: è perfettamente inutile e servirebbe solo a rendere più difficile la sua permanenza in azienda.

Il lavoratore dequalificato deve, purtroppo, cercare di esternare il meno possibile il proprio disagio e la propria amarezza cercando di non assumere atteggiamenti che potrebbero compromettere la propria posizione contrattuale (in pratica, evitare di passare dalla ragione al torto) e, soprattutto, deve provare a non trasferire nei rapporti sociali e familiari la propria frustrazione. Pochi riusciranno a cogliere l’amarezza e lo sconforto del lavoratore dequalificato: in fondo è sempre un privilegiato rispetto ai tanti che vedono sconvolgere la propria vita con un licenziamento. Uno stress emotivo dal quale sarà complicato uscire senza riportare danni alla propria salute psico-fisica.

La reazione ideale del lavoratore dequalificato, quando il rapporto con la proprietà aziendale risulta irrimediabilmente compromesso, sarebbe quella di presentare le proprie dimissioni e cambiare aria (anche alle stesse condizioni economiche): e forse è proprio quello che desidera l’azienda che trova molto più agevole e meno censurabile dal punto di vista del diritto del lavoro il demansionamento, piuttosto che il licenziamento. Ma, oggi come oggi, ci rendiamo perfettamente conto che non è cosa da poco, anche in rapporto all’età del lavoratore, cambiare azienda.

Quindi, dal punto di vista pratico, cosa si può fare? Per avviare proficuamente una causa di lavoro per demansionamento bisognerebbe attendere il pensionamento, se vicino nel tempo, oppure, come già accennato, il passaggio ad una posizione lavorativa soddisfacente presso altra realtà aziendale. Andare ad uno scontro giudiziale, conservando il posto di lavoro attuale, sarebbe penoso e comporterebbe uno stress psicologico difficilmente sostenibile.

In ogni caso, sarà difficile, volendolo, anche trovare un legale disposto ad assistere il lavoratore dequalificato: la risposta più frequente a cui si va incontro è quella secondo cui si è già fortunati ad avere un posto fisso, figuriamoci andare da un giudice del lavoro per lamentarsi di essere stato demansionato …

Questo quando va bene. Se va male, invece, può accadere di finire nelle mani di qualche avvoltoio travestito da leguleio, col quale, anche vincendo la causa, con le parcelle dovute, il lavoratore avrà sicuramente almeno raddoppiato il danno economico retributivo derivante dal demansionamento, per tutta la vita lavorativa che ancora gli resta.

Pertanto, la strada maestra, a nostro avviso, sarà quella di tentare di cambiare azienda e contemporaneamente darsi da fare per individuare uno studio legale specializzato in diritto del lavoro che operi, dal punto di vista dei corrispettivi pretesi dal cliente in modalità “patto di quota lite” (cioè, il cliente sostiene solo le spese vive, ovvero carte bollate e contributi unificati per l’accesso ai servizi giudiziari, mentre gli onorari saranno commisurati agli effettivi risultati conseguiti) oppure un ufficio sindacale preposto a supportare il lavoratore in vertenze di lavoro.

STOPPISH

11 Dicembre 2022 · Tullio Solinas


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