Diritto ad oblio » Aggiornamenti online – Cassazione e garante privacy

Diritto ad oblio » Aggiornamenti online - Generalità

Il diritto all'oblio, indica una particolare forma di garanzia che prevede la non diffondibilità di precedenti pregiudizievoli, per tali intendendosi propriamente i precedenti giudiziari di una persona.

In base a questo principio, ad esempio, non è legittimo diffondere dati circa condanne ricevute o comunque altri dati sensibili di analogo argomento, salvo che si tratti di casi particolari ricollegabili a fatti di cronaca.

Per salvaguardare l’attuale identità sociale di una persona occorre garantire la contestualizzazione e l’aggiornamento della notizia di cronaca attraverso il collegamento con altre informazioni successivamente pubblicate, fino ad arrivare alla possibile cancellazione dagli archivi della notizia non più attuale.

Forse stiamo crescendo e forse stiamo imparando ad accettare l’idea che, nella società dell'informazione, non serve e non è giusto ambire a veder riconosciuto il diritto di ciascuno ad accorciare la memoria della Rete, ottenendo la cancellazione di qualsiasi informazione lo riguardi da giornali, blog e piattaforme di social network.

Forse. Ma la strada è ancora lunga.

Diritto ad oblio » Aggiornamenti online - Disposizioni del Garante della Privacy

E’ questa la sensazione che si trae a leggere una recente bella decisione del Garante Privacy che potrebbe rappresentare una tappa importante nell’individuazione della necessaria posizione di equilibrio tra il diritto alla privacy del singolo e quello all'informazione dei media e della collettività.

Nel caso in questione, una persona lamentava la lesione del proprio diritto alla privacy in conseguenza della pubblicazione negli archivi storici online di un quotidiano, di una notizia con la quale si dava conto del proprio coinvolgimento in un procedimento giudiziario ma non della notizia che aveva condotto al proprio proscioglimento.

L’interessato aveva chiesto al Garante per la Privacy di ordinare all'editore la cancellazione dell'articolo perché ormai non più attuale.

In più si pretendeva l'eliminazione dagli indici dei motori di ricerca o almeno, di procedere ad un aggiornamento.

Ma il Garante della Privacy, ha risposto negativamente per quanto riguarda la cancellazione dell'articolo, perchè, si legge nella disposizione il trattamento dei dati personali del ricorrente[…,] a suo tempo effettuato in modo lecito per finalità giornalistiche, nel rispetto del principio dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, rientra ora, attraverso la riproposizione dei medesimi dati negli articoli pubblicati quale parte integrante dell'archivio storico del quotidiano reso disponibile on-line sul sito Internet dell'editore resistente, tra i trattamenti effettuati al fine di concretizzare e favorire la libera manifestazione del pensiero e, in particolare, la libertà di ricerca, cronaca e critica anche storica.

Tuttavia, Il Garante, non nega che l’interessato abbia diritto a veder riconosciuta la propria identità personale con degli aggiornamenti, in caso che un articolo sia diventato, ormai, obsoleto.

Questo, stabilendo che richieste di integrazione/aggiornamento formulate dal ricorrente debbano essere accolte e che pertanto l’editore resistente debba provvedere a predisporre un idoneo sistema nell’ambito del citato archivio storico, idoneo a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l’esistenza del seguito o dello sviluppo della notizia in modo da assicurare all'interessato il rispetto della propria (attuale) identità personale, quale risultato della completa visione di una serie di fatti che lo hanno visto protagonista e ad ogni lettore di ottenere un’informazione attendibile e completa.

Questa volta, dunque, il Garante della Privacy ha detto no ad ogni forma di manipolazione della memoria, rilevando come per tutelare il diritto all'oblio del singolo o, meglio ancora, il suo diritto all'identità personale, bisogna aggiungere informazioni nuove per aggiornare quelle vecchie, ma non eliminarle del tutto.

Diritto ad oblio » Aggiornamenti online - Corte di Cassazione

Non esattamente sulla stessa linea, invece, la Corte di Cassazione.

Chi subisce un danno alla propria immagine sociale per la presenza in Rete di una vecchia notizia che lo descrive in una circostanza pregiudizievole, come l’arresto effettuato da parte delle forze dell'ordine, ha il diritto al “sequel”: risulta infatti necessario aggiornare il racconto dei fatti, dando conto dell'intervenuto proscioglimento dell'indagato dell'epoca.

Ma la pretesa del cittadino, può arrivare fino alla cancellazione dall'archivio on-line per evitare che il suo nome possa essere trovato dai comuni motori di ricerca e associato a una storia ormai risalente ma ancora fonte di discredito.

Lo ha sancito la Suprema corte, la quale con la sentenza 5525/12, ha stabilito che: In caso di memorizzazione nella rete internet, mero deposito di archivi dei singoli utenti che accedono alla rete e cioè dei titolari dei siti costituenti la fonte dell'informazione (i cosiddetti “siti sorgente”), deve riconoscersi al soggetto cui pertengono i dati personali oggetto di trattamento ivi contenuti il diritto all'oblio, e cioè al relativo controllo a tutela della propria immagine sociale, che anche quando trattasi di notizia vera, e a fortiori se di cronaca, può tradursi nella pretesa alla contestualizzazione e aggiornamento dei medesimi, e se del caso, avuto riguardo alla finalità della conservazione nell’archivio e all'interesse che la sottende, perfino alla relativa cancellazione.

Nel caso in questione, è stato accolto, contro le conclusioni del pm, il ricorso di un politico locale coinvolto in Tangentopoli, ma poi scagionato dopo il clamoroso arresto avvenuto quasi vent’anni fa.

L’interessato, inizialmente, aveva chiesto, senza riuscirci, al Garante privacy il blocco dei suoi dati personali nell’articolo che dava conto del provvedimento cautelare ancora presente nell’archivio on line di un noto quotidiano nazionale.

In appello, il giudice di merito aveva osservato che effettuando una ricerca in rete con i principali motori di ricerca, si riusciva a ricostruire l’esito della vicenda giudiziaria, in cui si riconosceva anche il proscioglimento dell'amministratore locale.

Ma l’interessato pretendeva di aggiornare e contestualizzare la notizia sorgente.

E, secondo gli Ermellini, ne aveva diritto.

Ciò, perché l’assessore coinvolto nel filone minore di Mani pulite non può portare a vita il marchio dell'arresto, dopo essere stato assolto.

A provvedere, poi, non può essere chiamato il motore di ricerca ma il sito-sorgente che ha messo in rete la notizia: al cittadino infatti, deve essere riconosciuto un diritto di controllo dei suoi dati personali che riguardano la sua reputazione.

È infatti il Codice della privacy a disporre che l’interessato compartecipi alla gestione dei dati sensibili che lo riguardano, chiedendone blocco, trasformazione e cancellazione.

26 Aprile 2013 · Patrizio Oliva