Dequalificazione e demansionamento del lavoratore

Ai fini della verifica della legittimità dello spostamento del lavoratore da una sede all'altra con assegnazione a diverse mansioni, operata dal datore di lavoro, deve essere valutata la omogeneità tra le mansioni successivamente attribuite e quelle di originaria appartenenza, sotto il profilo della loro equivalenza in concreto rispetto alla competenza richiesta, al livello professionale raggiunto ed alla utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal dipendente.

Ciò non vuoi dire, naturalmente, che che debba essere operato solo un confronto tra le mansioni attualmente assegnate e quelle precedentemente affidate, occorrendo preliminarmente un confronto tra le mansioni effettuate e la qualifica posseduta, perché è con riferimento a questa che va verificato se vi sia dequalificazione.

Solo in caso di corrispondenza delle mansioni con la qualifica, può poi procedersi alla verifica di corrispondenza tra le mansioni pregresse e le successive, al fine di escludere anche un demansionamento.

Nel rapporto di lavoro infatti non vi è solo un divieto di demansionamento dei lavoratore, ossia divieto di attribuzione di mansioni inferiori alle pregresse, ma prima ancora un divieto di dequalificazione, ossia di attribuzione di mansioni inferiori alla qualifica: il codice civile, infatti, prevede non solo il diritto a svolgere mansioni non inferiori alle ultime svolte, ma prima ancora il diritto dei lavoratore di vedersi assegnate le mansioni per le quali è stato assunto (ossia proprie della qualifica pattuita).

Oltre a ciò, va evidenziato che l'onere della prova della rispondenza delle mansioni rispetto alla qualifica posseduta è a carico dei datore di lavoro, come già chiarito da giurisprudenza consolidata.

Questo l'orientamento assunto dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 18223/15.

19 Settembre 2015 · Tullio Solinas