Debiti ed eredità – garanzie obbligazionarie e morte del garante

Accettando l'eredità la persona chiamata diventa erede e acquista tutti i diritti ed obblighi legati all’eredità

L’eredità viene acquistata con effetto retroattivo, vale a dire con effetto dal momento della morte del testatore. Tale data viene definita come momento di apertura della successione. L’accettazione dell’eredità può essere:

Donazione, vendita o cessione di diritti ereditari, nonché rinuncia all'eredità verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati importano in ogni caso l’accettazione dell'eredità, senza che sia necessario verificare l’esistenza della volontà di accettazione.

Accettazione dell’eredità

L’accettazione dell'eredità non può essere legata a condizioni o termini, ed essa è irrevocabile. Un’accettazione parziale dell’eredità non è possibile.

L’accettazione, che è diritto soggetto a prescrizione ordinaria decennale (articolo 480 del codice civile), può essere pura e semplice o con il beneficio dell'inventario. Nel primo caso si attua una confusione tra il patrimonio del defunto e quello dell'erede, e quest’ultimo è responsabile per i debiti ed i legati ereditari anche al di là del valore dei beni che gli sono pervenuti, mentre nel secondo il patrimonio del testatore rimane distinto da quello dell'erede, che risponde delle obbligazioni trasmessegli solo nei limiti del valore del patrimonio ereditario.

Quanto alla forma, l’accettazione può essere espressa, tacita e presunta o legale. In base all'articolo 475 del codice civile, l’accettazione è espressa ove in un atto pubblico od in una scrittura privata il chiamato all'eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede; è tacita (articolo 476 del codice civile) quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, come ad es. avvalersi dell'azione di petizione; è presunta o legale quando il chiamato pone in essere atti di disposizione che, con presunzione assoluta, vengono considerati atti di accettazione implicita, come la donazione, la vendita e la cessione dei diritti di successione, nonchè la rinunzia a quest’ultimi, ex articoli 477 e 478 del codice civile

L’accettazione dell'eredità comporta, come abbiamo visto, la fusione del patrimonio ereditario con il patrimonio dell'erede. In pratica ciò significa che l’erede stesso risponderà per eventuali debiti ereditari con il suo proprio patrimonio. Se non si conosce l’entità esatta dei debiti ereditari, con la cosiddetta "accettazione col beneficio di inventario" il rischio dell'obbligo di rispondere per i debiti ereditari con il patrimonio privato può essere escluso.

Con il beneficio di inventario eredità e patrimonio dell'erede restano separati, cosicché i debiti ereditari devono essere pagati solo entro il limite del valore dei beni patrimoniali ereditati. Con questo tipo di accettazione, cioè, l’erede impedisce la confusione tra il suo patrimonio e quello del de cuius. Rappresenta la soluzione migliore nel caso in cui non si conosca con esattezza l’ammontare dei debiti ereditari. E’ anche la forma di accettazione obbligatoria per gli incapaci, i minorenni e le persone giuridiche.

Quando si accetta l’eredità con beneficio di inventario

L’accettazione con beneficio di inventario comporta la limitazione legale della responsabilità patrimoniale dell'erede per i debiti ereditari e per i legati entro il valore dell’eredità ricevuta. Ciò significa che nell’ipotesi di una successione onerosa, ove le passività superino le attività, l’erede non sarà mai chiamato a rispondere delle obbligazioni trasmessegli oltre i limiti del valore del patrimonio ereditario, poiché altra conseguenza del beneficio di inventario è costituita dalla separazione del patrimonio personale dell'erede da quello del testatore. Il beneficio di inventario, nonostante eventuali divieti del testatore, assolutamente privi di valore (articolo 470 del codice civile), è rimesso alla facoltà di ogni chiamato, che ha l’onere di specificare nell’atto di accettazione se intenda avvalersi di tale beneficio. Per l’accettazione con beneficio di inventario la legge richiede la forma solenne della dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere del tribunale del circondario ove la successione si è aperta, ed è soggetta ad un regime di pubblicità-notizia, venendo inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale.

L’accettazione con il beneficio di inventario avviene mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale competente. Il notaio riceve la richiesta del potenziale erede alla presenza di due testimoni. Successivamente provvede ad eseguire l’inventario dei beni, a cui possono assistere gli eredi del defunto ed i suoi creditori. All’inventario procede mediante una dettagliata descrizione di tutti i beni immobili e mobili, i documenti e le carte del defunto. Se necessario, provvede a conservare documenti, preziosi od altro al fine di evitare che rimangano incustoditi. Inoltre tiene in consegna le chiavi delle serrature sulle quali siano stati apposti sigilli, finché l’inventario non sia ultimato. L’inventario (cioè la separazione dei beni derivanti dal testatore da quelli già di proprietà dell'erede) deve essere fatto entro 3 mesi dalla morte del testatore, e la dichiarazione dell'erede (o degli eredi) deve avvenire entro i 40 giorni successivi. Al termine di queste operazioni il notaio provvede a registrare, nel registro delle successioni, la dichiarazione dell'erede, che può essere:

Come evitare il rischio di ereditare debiti
Un erede che non voglia accollarsi eventuali debiti contratti dal testatore deve necessariamente:

Concludendo, l’erede è sempre tenuto ad ottemperare agli obblighi contratti dal testatore in assenza di atti notarili che attestino la rinuncia all'eredità o l’accettazione dell'eredità con la formula del beneficio di inventario. Ovviamente tali atti devono essere stati prodotti nei tempi previsti (alla morte del testatore, alla comunicazione formale di disponibilità dei beni ereditali o entro tre mesi e quaranta giorni nel caso di richiesta di procedura per l’eventuale successiva accettazione secondo la formula del beneficio di inventario).

In ogni caso, comunque, questi atti non possono essere posteriòri alla data di notifica all'erede di obblighi contratti dal testatore.

Rinuncia all’eredità

La rinuncia all'eredità può avvenire, con le modalità che saranno descritte, entro i termini seguenti:

  1. immediatamente, nel caso in cui l’erede non voglia, in nessun caso, correre il rischio di dover poi onorare anche gli eventuali debiti contratti dal testatore;
  2. al termine della procedura (tre mesi + quaranta giorni dalla morte del testatore o dall'avvenuta notifica dell’eredità) prevista per l’accettazione con “beneficio di inventario”, qualora l’erede ritenga di dover preliminarmente esaminare l’entità dei beni patrimoniali ricevuti in eredità, ovvero la convenienza o meno (relativamente a potenziali obblighi non noti contratti dal testatore) derivante dall'accettazione dell'eredità. Richiedendo esplicitamente tale procedura l’erede può, dopo che essa sia stata espletata, dichiarare di:

Alla scadenza dei dieci anni successivi all'accettazione dell'eredità “con beneficio di inventario”. Entro tale termine, infatti, l’erede ha la possibilità di conoscere (tramite notifica) tutti gli eventuali obblighi contratti dal testatore. Il suo status di “erede con beneficio di inventario” è pubblico essendo un atto notarile registrato.

All’erede con “beneficio di inventario” possono indirizzarsi tutti i creditori del testatore prima della scadenza dei termini di legge.  L’erede può quindi decidere, su dati oggettivi, se accettare o meno l’eredità. In caso di rinuncia i beni del defunto vengono resi disponibili dal Tribunale per soddisfare i creditori del testatore.

La rinuncia stessa viene fatta mediante una dichiarazione ricevuta dal cancelliere autorizzato presso il tribunale competente o da un notaio. Chi rinuncia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato. Con la rinuncia all'eredità il chiamato all'eredità stessa può quindi liberarsi dalla sua responsabilità per i debiti ereditari.

Eredità - Garanzie obbligazionarie e morte del garante

Si ereditano non solo i debiti contratti dal defunto, ma anche le obbligazioni derivanti dalle garanzie prestate dal defunto (avalli o fideiussioni).

Per Fideiussione è da intendersi un atto tramite il quale il fideiussore (”Fideiussore”, garante o avallante), eventualmente in solido con altri, garantisce l’adempimento di obbligazioni altrui.

Il rischio tipico connesso alla prestazione della Fideiussione è quello che, in caso di inadempimento del debitore principale (l’avallato o garantito) il Fideiussore (avallante o garante) è tenuto a provvedere al pagamento in favore del creditore garantito (Concedente) di ogni somma che risulti dovuta a quest’ultimo in forza della fideiussione (obbligazione garantita, avallata).

La morte del fideiussore (avallante o garante) non estingue la fideiussione (avallo o garanzia), che si trasmette agli eredi, i quali, subentrano nel rapporto con gli stessi poteri che spettavano al defunto; essi possono recedere solo nei modi e nelle forme in cui il diritto di recesso avrebbe potuto essere esercitato dal loro dante causa (fideiussore, avallante o garante defunto), e sono, pertanto, obbligati, in mancanza di recesso, all'adempimento “pro quota” della obbligazione garantita (obbligazione avallata o fidejussione).

Eredi e garanzie prestate dal defunto in favore di terzi

Il creditore può agire direttamente nei confronti del fideiussore (garante o avallante) e questi deve ritenersi obbligato (anche se il creditore non abbia proposto le sue istanze contro i debitori o gli eventuali coobbligati o non le abbia continuate) quando nel contratto di finanziamento sia espressamente prevista una clausola in cui il garante (fideiussore o avallante) del debito dispensa il creditore dall'onere di agire entro i termini previsti dall'articolo 1957 del Codice Civile. L’articolo 1957 del codice civile recita: “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purchè il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.

In altre parole il creditore, per valersi nei confronti del garante, deve dimostrare di avere agito, entro sei mesi dalla scadenza del rimborso del debito, verso il debitore o i suoi eredi. Se è presente nel contratto di finanziamento una clausola in cui il garante dispensa il creditore dall'onere di imposto dall'articolo 1957 del codice civile, allora il creditore può decidere di agire direttamente contro il garante, senza avere l’obbligo di richiedere, in via preferenziale, il rimborso del debito al debitore o ai suoi eredi.

3 Luglio 2013 · Paolo Rastelli