Il risarcimento per danni morali ed esistenziali deve essere autonomo e distinto da quello per le lesioni fisiche » La controversia
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Sono accolti alcuni dei motivi di ricorso del danneggiato, caduto nella tromba delle scale nell’immobile dell’ente pubblico di cui era dipendente.
Sbaglia la Corte territoriale quando non riconosce all’invalido un danno morale soggettivo indipendente dalla lesione biologica patita.
È vero: la giurisprudenza delle Sezioni unite civili è ferma nel ritenere che il danno non patrimoniale sia unico, mentre le sottocategorie “biologico”, “morale” ed “esistenziale” non rappresentano altro che categorie descrittive.
Il punto è che il giudice del merito, nel liquidare il ristoro all’impiegato precipitato al suolo nell’edificio fatiscente, non può ignorare le inevitabili implicazioni che la nuova condizione di invalido determina nell’esistenza un tempo normale del danneggiato: tanto per dirne una, sul piano familiare, la vittima dell’incidente non può più avere una sua vita sessuale.
In ogni caso l’esplicazione della personalità del danneggiato risulta compressa – e compromessa – sicuramente sul fronte professionale, visto che non più lavorare, ma anche sociale, dal momento che non può più coltivare relazioni come una volta.
E se è vero che la categoria del danno esistenziale risulta indefinita e atipica, tale è anche la stessa dimensione della sofferenza umana, come osservano gli “ermellini” citando un precedente giurisprudenziale (Cassazione 20292/12).
Impossibile, infine, escludere dalla responsabilità per il sinistro i vertici dell’ente pubblico.
La rovinosa caduta scaturisce dalla intollerabile situazione delle scale dell’edificio e, dunque, da una vera e propria carenza strutturale dell’immobile, e non solo dalla cattiva manutenzione.
Per la circostanza sono colpevolmente inadempienti i pezzi grossi dell’istituto in quanto debitori di sicurezza dei dipendenti.
Ora, la parola va al giudice del rinvio.
16 Ottobre 2013 · Giuseppe Pennuto
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