Chi risponde dei debiti di una associazione?
Le associazioni si dividono in due grandi categorie: riconosciute e non riconosciute: solo le associazioni riconosciute hanno personalità giuridica
Le associazioni si dividono in due grandi categorie: riconosciute e non riconosciute.
Le associazioni riconosciute hanno personalità giuridica e, di conseguenza, un’autonomia patrimoniale perfetta, in virtù della quale si determina la netta separazione del patrimonio dell'associazione da quella di ciascuno dei soci. Pertanto i debiti contratti dall'associazione devono essere rimborsati esclusivamente con il patrimonio ed i redditi propri dell'associazione escludendo, così, la responsabilità patrimoniale dei soggetti che compongono la compagine sociale associativa.
Nelle associazioni non riconosciute, invece, come nelle società di persone, per le obbligazioni rispondono solidalmente ed illimitatamente alcuni degli associati (in particolare, quelli che hanno agito in concreto).
Infatti per le associazioni non riconosciute si afferma che la responsabilità personale e solidale con quella dell’associazione di colui o di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta, si configura come una forma di fideiussione ex lege, disposta a tutela dei terzi che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro.
La norma, contenuta nell'articolo 38 del codice civile, sancisce la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, si applica esclusivamente rispetto ai terzi estranei all'associazione medesima e non può giovare agli associati creditori dell’associazione, i quali, per il fatto stesso di esserne membri, non possono non essere a conoscenza della consistenza patrimoniale dell'ente.
La ratio di tale previsione sta sia nell'opportunità che i terzi possano fare affidamento sul patrimonio personale degli associati e non solo su quello dell'associazione, di consistenza difficile da valutare, sia nell'esigenza che ai terzi sia garantita l’indifferenza di ogni questione attinente ai rapporti interni tra gli associati e, in ultima analisi, al modo e alla misura in cui l’obbligazione deve essere tra questi ripartita.
Questi i principi di diritto enunciati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 21066/2016.