Difetto di motivazione nella cartella esattoriale originata da crediti di natura tributaria e non preceduta da un avviso di accertamento

In tema di riscossione coattiva mediante iscrizione a ruolo di entrate di natura non tributaria, qualora il debitore abbia impugnato la cartella esattoriale, emessa dall'Agente della riscossione, per motivi che attengono a vizi della cartella medesima, compreso il vizio di motivazione, l'impugnazione deve essere rivolta nei confronti dell’Agente della riscossione, il quale ove assuma che il vizio sia imputabile all'ente impositore può estendere il giudizio a quest’ultimo.

La cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l'ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione.

Tale motivazione può essere assolta per relatione ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinché il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità. L'atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notifica o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella, sempre che in essa siano indicati i relativi estremi di notifica o di pubblicazione.

In ogni caso, il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi di notifica o di pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell'atto abbia determinato al suo diritto di difesa.

I principi sopra esposti sono quelli enunciati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 3707/16.

11 Marzo 2016 · Paolo Rastelli