Arretrati e giacenze di pensione e di stipendio accreditati in conto corrente – Restano i limiti di pignorabilità dettati dall’articolo 545 del codice di procedura civile » Le somme versate in conto corrente non perdono la loro identità di crediti pensionistici o di lavoro

La giurisprudenza prima della riforma dell’articolo 545 del codice di procedura civile, riteneva pignorabile (o sequestrabile) l’importo versato nel conto corrente del trattamento pensionistico o da retribuzione da lavoro dipendente in base al principio secondo il quale le somme versate perdono la loro identità di crediti pensionistici o di lavoro e, pertanto, non sono sottoposte ai limiti di pignorabilità dipendenti dalle cause che diedero origine agli accrediti, con conseguente applicazione del principio generale di cui all'articolo 2740 del codice civile e cioè che il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

L’articolo 545 del codice di procedura civile, espressamente disciplina ora la pignorabilità (e di converso la sequestrabilità in sede penale) anche delle somme versate nel conto corrente provenienti da pensione o da reddito da lavoro dipendente (stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza); somme che risultano pignorabili - e quindi sequestrabili - solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e comma 7, nonché dalle speciali disposizioni di legge". Il triplo dell’assegno sociale deve ritenersi una riserva per le vitali esigenze del soggetto e della sua famiglia, al pari dei 4/5 del trattamento stipendiale o di pensione. E così l’impignorabilità, in parte, dei versamenti effettuati dopo il pignoramento (o in penale il sequestro).

In particolare, gli eventuali accrediti in conto corrente di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza con data antecedente alla notifica pignoramento - devono essere pignorati (o sequestrati) solo per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale. Lo stipendio, il salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento accreditati dopo la notifica del pignoramento possono essere pignorati (o sequestrati) solo nella misura del 20%; mentre i ratei di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza accreditati in conto corrente dopo la notifica del pignoramento possono essere pignorati solo nella misura di un quinto della parte eccedente l'importo massimo dell'assegno sociale aumentato della metà.

Inoltre, se sul conto corrente sussistono accrediti diversi da pensione e stipendio, non possono essere imputati al trattamento di retribuzione da lavoro dipendente o di pensione tutti i prelievi dal conto corrente, senza indicare elementi concreti verificabili. Il problema non si pone nemmeno se sul conto corrente afferiscono esclusivamente accrediti da pensione o da stipendio.

Quello appena esposto è il principio di diritto espresso dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 17386/2019.

25 Aprile 2019 · Giorgio Martini