Gennaro Andele
Faccio parte, ahimé, della generazione debito. Sono uno dei protagonisti delle cronache: un bamboccione, un precario e una vittima di Equitalia. Vivo sempre più grazie ai prestiti. Mi indebito per affittare un appartamento, per comprare la moto o il computer, ma anche per mettere in frigo le banane e comprare un altro paio di jeans. E, come tanti, ho paura di essere travolto dal rosso in banca o dai pignoramenti. Per esorcizzare queste paure rispondo nel forum di indebitati.it a persone con cui condivido la condizione di debitore.
Invidio i miei coetanei americani, quelli dei mutui subprime e della “generation plastic”, esperti in acrobazie fra gli scoperti di una dozzina di carte di credito.
Io vivo in un paese, l’Italia, abituato ai record di risparmio, dove le rate, fino a pochi anni fa, erano l´equivalente sociale della lebbra. Ma il sovraindebitamento, anche qui, pur essendo un fenomeno nuovo di zecca, investe e pervade l´economia, ma anche i valori culturali di una generazione.
Sì, perché anche qui da noi “indebitarsi è diventato cool, figo”. Anche quando di mestiere fai il precario. Banche, finanziarie ed anche economisti apprezzano questa progressiva sofisticazione dei consumatori come me, che rende il mercato delle case, degli acquisti “irrinunciabili”, si tratti dell´iPod, dell’iPad, dell’iPhone o della banda larga o dell’abbigliamento, più fluido, scorrevole, veloce.
Ma, mi chiedo, ne è valsa davvero la pena?
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