Il concetto di usura sopravvenuta non esiste ed il creditore non è tenuto a restituire al debitore il differenziale fra gli interessi pattuiti in sede contrattuale e quello soglia vigente al momento del pagamento

Secondo la sentenza 24675/2017 della Corte di cassazione a sezioni unite, va negata la configurabilità dell'usura sopravvenuta dal momento che è priva di qualsiasi fondamento la tesi della illiceità della pretesa del pagamento di interessi a un tasso che, pur non essendo superiore, alla data della pattuizione (con il contratto o con patti successivi), alla soglia dell'usura definita con il procedimento previsto dalla legge 108/1996 superi tuttavia tale soglia al momento della maturazione o del pagamento degli interessi stessi.

Il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto stipulato fra le parti impone un dovere di solidarietà, per il quale ciascuna delle parti del rapporto è tenuta ad agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o da quanto stabilito da singole norme di legge.

La pretesa di interessi divenuti superiori al tasso soglia in epoca successiva alla loro pattuizione potrebbe, pertanto, dirsi scorretta in violazione del richiamato principio di correttezza e buona fede, ma va escluso che sia da qualificare scorretta la pretesa in sé di quegli interessi, corrispondente a un diritto validamente riconosciuto dal contratto.

In conclusione, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge 108/1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della citata legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto.

22 Ottobre 2017 · Simonetta Folliero




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Una risposta a “Il concetto di usura sopravvenuta non esiste ed il creditore non è tenuto a restituire al debitore il differenziale fra gli interessi pattuiti in sede contrattuale e quello soglia vigente al momento del pagamento”

  1. Gennaro Ausilio ha detto:

    Il Collegio di coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario è tornato a occuparsi della questione dell’usura sopravvenuta, ossia del superamento del tasso soglia nel corso del rapporto. Su questo tema i Collegi territoriali, in linea con la decisione 77/2014 del Collegio di coordinamento, avevano ritenuto che – in uno scenario di forte calo dei tassi di mercato – il principio di buona fede e il dovere di solidarietà fondato sull’art. 2 della Costituzione imponessero all’intermediario di rendere partecipe il cliente dei vantaggi economici conseguiti, portando i tassi concordati al di sotto della soglia di usurarietà. Nei primi mesi del 2018 il Collegio di coordinamento ha preso in considerazione la recente sentenza della Corte di cassazione18 che, da un lato, ha negato la configurabilità dell’usura sopravvenuta e, dall’altro, ha precisato che la pretesa dell’intermediario di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato non può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento del tasso soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto. L’Arbitro, aderendo alla tesi espressa dalle Sezioni Unite, ha quindi rigettato il ricorso e ha sancito che la normativa vigente non consente di sanzionare l’usura sopravvenuta sempre che, al momento della stipula del contratto di finanziamento, il tasso concordato non eccedesse il tasso soglia

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