Tutela del debitore » Il quadro delle normative più efficaci per ostacolare il creditore

Tutela del debitore » Il quadro delle normative più efficaci per ostacolare il creditore

Dal pignoramento all'esecuzione forzata, passando dagli assegni postdatati fino alla ricerca dei beni del debitore, fallimento, fondo patrimoniale e vendite all’asta: quali sono tutti gli ostacoli per il creditore a tutela del debitore? Approfondiamo la questione nei capitoli successivi.

Come noto non esiste, in Italia, una carta fondamentale contenente con i diritti del debitore.

Molte sono, però, le norme che stabiliscono alcune garanzie inderogabili in favore di chi è moroso e non ha adempiuto alle proprie obbligazioni.

Le opinioni, comunque, sono assai contrastanti.

Se da una parte si decanta il fatto che l'Italia tuteli più i debitori che i creditori, dall'altra ci si lamenta della vessazione, quasi totale, di fisco, lobby e amministrazioni.

Gli oneri, purtroppo, sono molteplici e pesanti da sostenere.

Ma se non paghi che succede?

Quali sono i tuoi diritti e su quali norme è possibile fare leva per ottenere la salvaguardia del debitore?

Cerchiamo di fare luce sulla vicenda nell'articolo che segue.

Il debitore non rischia quasi nulla in ambito penale

Per prima cosa, è bene sapere che il debitore non rischia quasi nulla in ambito penale, ma solo dal punto di vista civilistico.

L'aspetto saliente del recupero credit è sicuramente il fatto che, anche nel mancato adempimento di un contratto o di qualsiasi altra obbligazione, si rimarrà sempre confinati nell’ambito civilistico e mai penale.

Praticamente, chi non paga i creditori non va in galera.

Naturalmente, esistono eccezioni a questa regola.

Ad esempio, l’ipotesi in cui il debitore sia un imprenditore commerciale e nei suoi confronti sopraggiunga una sentenza di fallimento: qualora il tribunale accerti che l’insolvenza sia stata volontaria, potrebbe subentrare il reato di bancarotta fraudolenta.

Una seconda eccezione interviene nel caso di chi emetta un assegno “a vuoto”, ossia senza la relativa copertura in banca, e ciò nonostante, mentendo al creditore, faccia invece intendere di avere la disponibilità economia per coprirlo.

In tali casi, la giurisprudenza ha ritenuto che possano ricorrere gli estremi della truffa o della insolvenza fraudolenta.

Comunque, a parte questi e rarissimi altri esempi, il codice civile si esprime in modo estremamente chiaro: chi contrae un debito ne risponde (solo) con il proprio patrimonio (presente e futuro) e giammai con la propria libertà personale.

Ciò vale anche se l’obbligazione discende da un precedente reato (si pensi al caso di chi commette lesioni nei confronti di un altro soggetto e sia poi tenuto a risarcirgli il danno subìto), da un illecito amministrativo (per esempio, il mancato pagamento di una multa) o fiscale

Da qui la fin ovvia conseguenza che chi non ha nulla da perdere, ossia non ha un “patrimonio presente”, non può subire ulteriori conseguenze giuridiche nel caso di mancato pagamento dei debiti.

Il cosiddetto nullatenente non ha “nulla” da temere proprio perché “nulla” ha.

Ovviamente, ed almeno in linea teorica, il creditore potrebbe rimanere sempre “in agguato”, in attesa che il debitore esca dalla propria condizione di povertà.

Infatti, basterebbe una lettera di intimazione al pagamento per interrompere, periodicamente, la prescrizione e farla ricominciare da capo.

In questo modo, sarebbe possibile minacciare l’esercizio del proprio diritto di credito (con l’esecuzione forzata) vita natural durante ed anche dopo la morte, sugli eredi del debitore, sempre che questi accettino l’eredità o l’accettino con beneficio di inventario.

Le tutele del cattivo pagatore

Ecco quali sono le, seppur poche, tutele di cui può disporre un cattivo pagatore.

Salvo nel caso in cui il debitore sia stato protestato, non vi è modo di sapere in anticipo se una persona abbia avuto, in passato, trascorsi di “cattivo pagatore” e, pertanto, verosimilmente, sia inaffidabile.

Il certificato dei protesti – che chiunque può chiedere presso la Camera di commercio – resta comunque un valido sistema per capire chi si ha davanti.

Ma non dimentichiamo che un protesto può essere sempre cancellato a determinate condizioni..

Ci sarebbero poi, i registri delle Centrali Rischi private (la Crif è la più conosciuta) e quella pubblica della Banca d’Italia.

Ma, oltre al fatto che l’accesso è garantito, quasi sempre, solo agli intermediari di credito, anche in tali casi, dopo il decorso di tempi prestabiliti, la cancellazione avviene in via automatica.

Inoltre, la segnalazione alla Centrale Rischi, ovvero, il database dei cattivi pagatori gestito dalla Banca d'Italia, non può avvenire ne per un semplice ritardo nel pagamento, ne per una semplice morosità.

In tale fattispecie, infatti, si deve trattare di un rischio di insolvenza che metta a serio repentaglio, per la banca, la possibilità di recuperare il proprio credito.

Quindi il mero inadempimento non può far scattare la segnalazione e, in caso contrario, il consumatore ha diritto, oltre alla cancellazione, anche al risarcimento del danno.

Inoltre, per quanto riguarda la Crif, invece, il debitore ha diritto a non esserne iscritto se il ritardo o il mancato pagamento riguarda solo una rata o solo un mese.

Non va meglio a chi cerca informazioni in tribunali, spulciando nei registri delle cancellerie relative alla sezione dell’esecuzione forzata: a parte l’enormità dei dati da consultare (si dovrebbe fare, in teoria, una ricerca per ogni tribunale d’Italia e per ogni anno), il semplice rinvenimento di una causa non dice un granché della specifica vicenda, col rischio di ritenere “colpevole” chi, poi, di fatto non lo è.

Detto in parole povere, non c’è modo di sapere, in modo veloce e automatizzato, se una persona in passato ha già lasciato a mani vuote altri creditori o meno.

Il che si risolve in una forma di scetticismo reciproco che, quando non porta a una contrazione degli scambi (per il timore di rimanere fregati), comunque li limita fortemente, imponendo il rilascio di garanzie o di pagamenti anticipati.

Il fondo patrimoniale nella tutela del debitore (con i suoi limiti)

Il fondo patrimoniale, pur avendo dei forti limiti, rimane ancora un valido strumento per la tutela del debitore.

Chi svolge attività economiche rischiose (si pensi a una ditta individuale, con confusione, quindi, del patrimonio imprenditoriale con quello personale) o, comunque, ha il “vizietto” di non pagare i propri debiti, ha sempre la possibilità di costituire un fondo patrimoniale, una sorta di campana di vetro entro cui conservare i propri beni immobili, mobili registrati (per esempio auto) e titoli di credito.

Detti beni non saranno più pignorabili da alcun creditore (con eccezione solo di quelli le cui obbligazioni sono sorte per far fronte ad esigenze essenziali della famiglia).

Con la conseguenza che, pur essendo in possesso di uno o più immobili, anche di rilevante valore, il debitore risulterà di fatto non aggredibile.

In verità, uno strumento nato solo per assicurare la sopravvivenza della famiglia e la conservazione del tetto domestico è stato snaturato ed utilizzato per sottrarre le garanzie ai creditori.

Simile nella finalità (ma non nella struttura) al fondo patrimoniale è anche il trust, che consiste in una sorta di intestazione dell’immobile a un soggetto terzo, col compito di amministrarlo fino a una determinata scadenza.

Ovviamente, anche il fondo patrimoniale e il trust presentano lati deboli: la sua costituzione, infatti, deve essere avvenuta prima della nascita del debito.

Diversamente, il creditore ha cinque anni di tempo per chiederne la revoca (con la cosiddetta azione revocatoria). Tuttavia, l’esercizio di un’azione revocatoria hai i suoi tempi e costi, finendo per risolversi, comunque, in un ulteriore ostacolo per il creditore.

Subire un fallimento non è poi così semplice

Quando si imprenditori, il più grave rischio che si possa correre è quello di una istanza di fallimento depositata dai propri creditori.

Anche in questo caso, però, non è così facile affondare.

Anzi: recenti riforme hanno ridotto notevolmente la platea delle aziende fallibili, innalzando le cosiddette soglie di fallibilità.

In pratica, la legge ha fissato dei requisiti in presenza dei quali l’istanza di fallimento può essere accettata.

Risultato: se il datore di lavoro non paga i propri dipendenti, i conti dell’azienda sono in rosso, non vi sono altri beni pignorabili e, nello stesso tempo, l’impresa è “sotto la soglia” di fallibilità, non vi saranno altri facili modi per recuperare i crediti dei dipendenti.

Affinché l’azienda possa fallire è necessario che siano presenti tutte le seguenti condizioni:

  • l’impresa deve aver avuto, nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore), un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a 300.000 euro;
  • l’impresa deve aver realizzato, nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore), ricavi lordi complessivi annui non superiori a 200.000 euro;
  • l’impresa deve avere un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore a euro 500.000.
  • infine, è necessario che a chiedere il fallimento siano uno o più creditori i cui crediti (singolarmente o sommati tra loro) superino 30.000 euro. Per esempio, se a chiedere il fallimento sono venti creditori che avanzano 1.000 euro a testa, il fallimento non verrà mai concesso (si arriva, infatti, solo a 20.000 euro).

Si comprende bene come un’azienda di grandi dimensioni che, in presenza di una grave difficoltà economica, diminuisca notevolmente la propria attività (sino a portarla quasi a “zero”), trasferendo magari i propri beni ad altre attività, e riesca per tre anni di seguito a tenere “a bada” i propri creditori, nel caso di un’istanza di fallimento riuscirà facilmente a rientrare nei primi tre parametri dimensionali.

Non in ultimo, chi fallisce può sempre ricominciare.

È un principio giusto, ma che a volte viene utilizzato dagli imprenditori per resettare i propri debiti e ricominciare da capo. L’assenza di conseguenze particolarmente pregiudizievoli, nel caso di società di capitali (per esempio, la S.r.l.) fa sì che la carta del fallimento venga affrontata oggi con leggerezza e una certa spregiudicatezza.

Tutela del debitore nell'ambito dei rapporti di conto corrente

Come ed in quali modalità è garantita la tutela del debitori nei rapporti bancari di conto corrente? Scopriamolo qui.

Un conto corrente vuoto ha poco da essere pignorato. Ecco perché chi ha grossi debiti non lascia mai forti consistenze in banca. Nessuno, peraltro, glielo impone. Stesso risultato può ottenere chi abbia una apertura di credito e lasci il conto corrente “in rosso” ma pur sempre nei limiti del fido: anche in questo caso, gli eventuali versamenti, volti a ripristinare l’apertura di credito, non sono pignorabili.

La tutela del debitore nell'ambito di un possibile pignoramento

Vediamo quali sono le tutele del debitore nell'ambito del pignoramento: che esso sia mobiliare, immobiliare o presso terzi.

Come prima cosa, è bene notare che l’ufficiale giudiziario può effettuare il pignoramento solo presso il domicilio, la residenza o la dimora del debitore.

Può recarsi anche in altri luoghi appartenenti al debitore (quali ad esempio il negozio, l’ufficio o l’officina) indicati dal creditore, purché il debitore in essi eserciti comunque la propria attività.

Può cercare beni anche sulla persona del debitore, con perquisizione, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro.

Solo se c’è un’apposita autorizzazione del tribunale, l’ufficiale giudiziario può pignorare cose che si trovano in luoghi non appartenenti al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre e di cui si presume la proprietà in capo al debitore stesso.

Inoltre, l’ufficiale giudiziario può effettuare il pignoramento solo nei giorni feriali tra le ore 7 e le 21.

Il pignoramento iniziato nelle ore prescritte può essere proseguito fino al suo compimento. Il creditore pignorante può tuttavia chiedere l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato a fare eseguire il pignoramento fuori dagli orari previsti.

Per quanto riguarda l'elenco dei beni, invece, l’ufficiale giudiziario non può pignorare: anello nuziale; vestiti, biancheria; letti, tavoli per i pasti con le relative sedie; armadi guardaroba, cassettoni, frigorifero, stufe e fornelli di cucina; lavatrice, utensili di casa e di cucina insieme ad un mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore e alle persone della sua famiglia che convivono con lui.

Configurano un'eccezione i mobili (ma non i letti) di rilevante valore economico anche per accertato pregio artistico o di antiquariato.

Non possono essere pignorati, inoltre, commestibili e combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle altre persone della sua famiglia con lui conviventi; cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto; decorazioni al valore, lettere, registri e in genere gli scritti di famiglia, e i manoscritti, salvo che formino parte di una collezione; armi e oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio.

Non sono pignorabili neanche i beni in usufrutto legale.

Parlando di beni immobili, se il debitore ha un sola abitazione di proprietà e vi risiede, ed essa è destinato a civile abitazione, non può essere pignorato solo se il creditore è Equitalia (cosiddetta impignorabilità della prima casa).

Su di essa, però, si può iscrivere ipoteca se il debito (con Equitalia) è superiore a 20.000 euro.

Gli altri creditori possono pignorare la prima casa.

Però, spesso si crede che l’esistenza di un’ipoteca sulla casa o anche l’istanza di pignoramento sia la fine per il debitore.

E invece non è sempre così.

Al di là dei lunghi tempi delle procedure esecutive immobiliari e dei costi che essi comportano (divenendo antieconomiche in caso di crediti minimi), affinché il creditore possa soddisfarsi sul ricavato dell’asta è necessario che l’immobile venga venduto.

Dunque, salva l’ipotesi di richiesta di assegnazione diretta, se nessun offerente si fa avanti, la procedura, dopo diversi tentativi, viene definitivamente chiusa.

Questo è l’effetto di una riforma entrata in vigore quest’anno che obbliga il giudice ad estinguere il procedimento esecutivo tutte le volte in cui “non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.

Per quanto riguarda il pignoramento dello stipendio presso il datore di lavoro, esso può essere di massimo 1/5 del netto della busta paga.

Anche per il pignoramento della pensione vale il limite massimo di 1/5 per volta, ma esso non si applica sulla pensione intera ma sulla somma che residua una volta detratto il minimo vitale. Il minimo vitale, dal 2016, è pari a 672,76 euro, ossia l’importo dell’assegno sociale – pari a 448,51 euro – aumentato della metà.

Per cui, su una pensione di 1000 euro netti, il quinto pignorabile si applica su 327,24 (1.000 – 672,76) e corrisponde a 16,36 euro.

In entrambi i casi, se il creditore è lo Stato, il pignoramento può avvenire per massimo 1/10 se la mensilità di stipendio o pensione non supera 2.500 euro.

Il pignoramento sale a 1/7 per stipendi o pensioni fino 5.000 euro e arriva a massimo 1/5 per stipendi o pensioni superiori a 5.000 euro.

Il debitore ha quasi sempre diritto al gratuito patrocinio

Ecco quali sono le condizioni che il debitore deve avere per ottenere il gratuito patrocinio, ovvero l'assistenza legale gratuita.

Se il debitore ha un reddito inferiore a 11.528,41 euro annui, ha diritto a un avvocato pagato dallo Stato.

L’avvocato non gli viene assegnato dal tribunale, ma lo sceglie lo stesso soggetto interessato, tra quelli iscritti negli elenchi presso il locale consiglio dell’ordine.

È quello che viene chiamato gratuito patrocinio.

La tutela del debitore in materia di debiti familiari ed ereditari

Diverse sono le norme che tutelano il debitore nell'ambito ereditario: vediamo quali sono.

Il creditore non può pignorare i beni dei familiari del debitore, anche se facenti parte dello stesso nucleo familiare.

Così, per esempio, non può pignorare i beni dei genitori o dei figli.

L’unica eccezione è per il coniuge, ma solo se in regime di comunione legale e, comunque, nei limiti del 50% sui beni rientranti nella comunione stessa.

Anche gli eredi devono pagare i debiti del defunto, sempre che abbiano accettato l’eredità. Essi però non devono pagare le sanzioni amministrative.

Esistono, inoltre, delle norme molto precise in merito alla notifica agli eredi dei debiti del defunto.

La prescrizione dei crediti aiuta il debitore

Il debitore può tutelarsi dal pagamento di un qualsiasi atto per l'avvento della prescrizione: vediamo, però, in quali casi, come e perché.

Il debito non rimane, di norma, per tutta la vita del debitore, ma dopo un certo periodo si prescrive.

Tale periodo varia a seconda del debito.

La regola generale è che la prescrizione si compie dopo:

  1. 10 anni per tutte le obbligazioni (per esempio un contratto);
  2. 5 anni per quelle che derivano da fatti illeciti (ad esempio, il danneggiamento di un condomino per infiltrazioni d’acqua), da rapporto di lavoro subordinato, da multe stradali, da bollette;
  3. 3 anni per la parcella dei professionisti;
  4. 2 anni per i danni derivanti da incidenti stradali.

Naturalmente, c'è da dirlo, ogni richiamo al pagamento da parte di un creditore, pubblico o privato, interrompe la prescrizione.

La tutela del debitore nel districato mondo del recupero crediti

Infine, vediamo quali sono le norme che tutelano il debitore nell'ambito del recupero crediti.

Esistono regole ferree per le società di recupero crediti che operano con i call center.

Questi possono chiamare solo dal lunedì al venerdì prima delle ore 9 del mattino e dopo le 21; il sabato non prima delle 10 del mattino e non dopo le 19.

Le telefonate non possono essere insistenti, né minacciose, né possono prospettare conseguenze che, invece, non sono previste dalla legge (pignoramenti della casa, arrivo dell’ufficiale giudiziario).

9 Marzo 2017 · Andrea Ricciardi


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