Rilascio della casa familiare – Il terzo acquirente può proporre domanda di accertamento dell’insussistenza delle condizioni per il perdurare dell’assegnazione

Com'è noto, in tema di separazione personale, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell'assegnazione, ovvero, ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto, anche oltre i nove anni.

Tale opponibilità conserva, beninteso, il suo valore finché perduri l'efficacia della pronuncia giudiziale, costituente il titolo in forza del quale il coniuge, che non sia titolare di un diritto reale o personale di godimento dell'immobile, acquisisce il diritto di occuparlo, in quanto affidatario di figli minori o convivente con figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.

È fin troppo evidente, infatti, che il perdurare sine die dell'occupazione dell'immobile, perfino quando ne siano venuti meno i presupposti, per essere i figli divenuti ormai autonomi economicamente, si risolverebbe in un ingiustificato, durevole, pregiudizio al diritto del proprietario terzo di godere e disporre del bene.

Il coniuge non affidatario proprietario dell'immobile può chiedere la revoca del provvedimento di assegnazione per il sopravvenuto venir meno dei presupposti che ne avevano giustificato l'emissione.

il terzo acquirente della casa familiare, invece, deve proporre, instaurando un ordinario giudizio di cognizione, una domanda di accertamento dell'insussistenza delle condizioni per il mantenimento del diritto personale di godimento a favore del coniuge assegnatario della casa coniugale, per essere venuta meno la presenza di figli minorenni o di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, con il medesimo conviventi.

E ciò al fine di conseguire una declaratoria di inefficacia del titolo che legittima l'occupazione della casa coniugale da parte del coniuge assegnatario, a tutela della pienezza delle facoltà connesse al diritto di proprietà acquisito, non più recessive rispetto alle esigenze di tutela dei figli della coppia separata o divorziata.

In altre parole, quando sia un terzo, e non il coniuge originario proprietario dell'immobile, a richiedere il rilascio dell'immobile, deve essere esperita un'apposita azione di accertamento dell'insussistenza dei presupposti per il perdurare dell'occupazione dell'ex casa coniugale da parte del coniuge non proprietario della stessa, nonché da parte della prole divenuta economicamente autosufficiente.

Come già evidenziato, la sussistenza di un provvedimento di assegnazione della casa familiare, obbliga il terzo, divenutone proprietario, al rispetto della destinazione dal provvedimento stesso, fino a che, con una successiva pronuncia giudiziale, il suddetto vincolo non venga ad essere annullato.

Queste sono, in sintesi, le considerazioni svolte dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 15367/15.

24 Luglio 2015 · Ludmilla Karadzic


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