La somma dei tassi nominale e di mora non ha relazione con il tasso soglia di usura

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La sommatoria del tasso nominale e del tasso di mora può essere confrontata con il tasso soglia di usura?

Come sappiamo, la concreta individuazione del tasso soglia di usura è rimessa alle rilevazioni trimestrali della Banca d'Italia che, però, non includono l'andamento trimestrale dei tassi moratori adottati da banche e finanziarie e la relativa entità media nel periodo. Infatti, la legge limita le rilevazioni statistiche al dato medio del periodo riferito agli interessi ed oneri connessi all'erogazione del credito, da cui risultano esclusi gli interessi moratori.

Capita, tuttavia, che il debitore in ritardo con il rimborso di quanto dovuto sia costretto a corrispondere oltre agli interessi al tasso nominale, con cui gli è stato erogato il credito anche quelli moratori. La domanda che ci si pone, allora, è se la sommatoria del tasso nominale e del tasso di mora possa essere confrontata con il tasso soglia di usura per eccepire, eventualmente, l'applicazione di interessi usurari da parte del creditore.

La Corte di Cassazione, con la nota pronuncia numero 350/13, aveva sostenuto che devono intendersi usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori riaccendendo, così, le speranze di quanti ritengono che al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia di usura sia sufficiente compiere l’operazione aritmetica di sommare la cifra che indica il tasso di mora con la cifra che indica il tasso effettivo annuo e confrontare tale somma aritmetica con il tasso soglia del periodo.

La somma dei tassi nominale e di mora non ha relazione alcuna con il tasso soglia di usura

Un'attenta lettura della sentenza indica, però, che la regola è tutt'altra: intanto, occorre che gli interessi siano "promessi o comunque convenuti" con effetto giuridicamente vincolante, mentre non rileva che siano solamente descritti. Poi, c'è da rilevare che i contratti standard contengono tutti una clausola, detta di salvaguardia, in base alla quale banca e cliente convengono che il debitore non potrà mai essere obbligato al pagamento di interessi superiori al tasso soglia, non solo in riferimento al tasso di usura rilevato nel periodo in cui il contratto è stato concluso, ma anche a quelli rilevati nei periodi di pagamento.

Ne discende che la somma aritmetica fra tasso nominale e tasso di mora non corrisponde alla individuazione di alcun obbligo di pagamento assunto con il contratto, ma, al contrario, contraddice alle pattuizioni intercorse ed è perciò priva di base giuridica.

Resta tuttavia da affrontare un altro profilo giuridico della questione, dal momento che, ai sensi dell'articolo 1815 del codice civile, se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.

Ebbene, sotto questo aspetto, va ricordato che la nozione di interesse usuraio, di cui all'articolo 1815 del codice civile, dipende dall'esito di un procedimento di concretizzazione che si svolge nel tempo e che è teso ad individuare per ciascun trimestre una misura certa dei tassi usurari espressa in forma matematica. Divengono quindi rilevanti le basi di calcolo degli oneri sostenuti dal debitore (TAEG) che escludono esplicitamente dalla rilevazione trimestrale di Bankitalia gli interessi di mora e gli oneri contrattualmente previsti per il caso di inadempimento dell'obbligo di rimborso.

Anche sotto il profilo appena esaminato, sarebbe dunque estremamente scorretto confrontare la somma aritmetica fra tasso nominale e tasso di mora con un tasso soglia di usura risultato di una rilevazione che non comprende i costi contrattualmente previsti quando si verifica l'inadempimento da parte del debitore.

Né vale obiettare sostenendo che, se gli interessi moratori fossero esentati dall'applicazione della disciplina sull'usura, diverrebbe facile aggirare le norme prevedendo meccanismi contrattuali grazie ai quali il debitore può essere agevolmente sospinto in posizione di morosità. Ciò, in effetti, corrisponde ad un rischio che si può prospettare in operazioni creditizie che prevedono aperture di credito a revoca, ma al fine di neutralizzare tale possibile aggiramento la possibilità di ridurre d'ufficio la penale eccessiva può fungere da regola tesa a disincentivare ulteriormente le condotte in frode alla legge.

Le argomentazioni qui sinteticamente illustrate sono quelle fatte proprie dal Collegio di coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario nella decisione 1875/14.

14 Settembre 2014 · Simonetta Folliero


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