Salvatore Perrotta, un sindaco "ribelle"

Salvatore Perrotta, un sindaco "ribelle"

Il sindaco del Pd che guida la ribellione - Salvatore Perrotta e il fronte anti discarica: con lui destra e no global.

NAPOLI — Se la politica fosse una cosa logica e precisa come lo erano i lanci da fermo di Ruud Krol, parabole di 50 metri che finivano sistematicamente sul piede dell'attaccante, allora oggi Salvatore Perrotta sarebbe al mare con i suoi tre figli.

«L'opposizione farebbe l'opposizione, strillerebbe contro queste politiche repressive. E non ci sarebbe una indistinta melassa che impedisce di vedere come Chiaiano rappresenti il grande esperimento del centrodestra.

Dopo di noi, il modello verrà applicato a quelli della Tav, ai no-base di Vicenza, ma sempre previo entusiasta consenso del Partito democratico, partito di presunta opposizione ». Ciao spiaggia, anche se la giornata sarebbe adatta. E forse, ciao anche al Pd. Il sindaco di Marano ha occhi iniettati di rosso e la faccia stropicciata come giacca, camicia e cravatta che indossa ormai da quasi due giorni. «Per favore, fatemi andare a dormire, solo un'oretta».

Le donne e gli uomini sulle barricate di via Cupa del Cane accolgono l'implorazione, anche gli eroi necessitano di sonno. Nel caleidoscopio di questa protesta, Perrotta rappresenta il politico più alto in grado, quello che si è maggiormente esposto, con dichiarazioni tutt'altro che concilianti. Ex calciatore dilettante, supertifoso del Napoli ovviamente nostalgico di Maradona ma con un debole per l'olandese Krol, che gli ricorda i suoi vent'anni, dal 2006 è il sindaco di Marano, 60.000 abitanti senza soluzione di continuità da Napoli e Mugnano, con le cave a delimitare i rispettivi confini demaniali. La scorsa notte è stato lui a condurre la trattativa con la Polizia. Il coordinatore regionale del Pd lo ha richiamato appellandosi alla fascia tricolore che indossa. Lui ha risposto facendo svolgere il consiglio comunale in piazza Titanic. «Ci venisse lui, tra queste persone, a dire che la discarica va fatta per il bene comune. Si accomodi. Poi vediamo cosa succede».

La politica vista da piazza Titanic è una cosa strana, completamente dissociata dalle logiche nazionali. Così, l'iperattivo Carlo Migliaccio, presidente della commissione Ambiente del comune di Napoli, dipietrista di stretta osservanza, si scambia baci e abbracci con la delegazione Pdl di Mugnano. E ai tavolini del bar De Rosa, sul viale che porta a Marano, il destrissimo Enzo Micillo, presidente del circolo cittadino di Alleanza Nazionale, beve, ride, dice peste e corna della Polizia con l'ultrasinistro Pietro Rinaldi, capo dei Disobbedienti e dei centri sociali napoletani. Sussurra il primo, con pudore: «In vita mia non mi sarei mai aspettato di stare contro le forze dell'ordine». Tranquillo, prima o poi capita a tutti, gli risponde l'altro. A suo modo, Perrotta rappresenta tutto questo mischiamento, che almeno ha il vantaggio di farlo sentire meno solo. «Sono deluso dall'atteggiamento di tanti miei amici e compagni di partito, passati dalla solidarietà all'indifferenza non appena è arrivata la scomunica».

Terminata l'ora di sonno, salutata la Mussolini che gli dà appuntamento al bar Gambrinus per l'aperitivo della domenica, trova ospitalità alla sede di Mugnano del Popolo della Libertà, che a occhio doveva essere di An. Il sindaco si lascia andare su un sedia, allunga le gambe. Sul muro dietro di lui campeggia la gigantografia di un sorridente Giorgio Almirante. «Non mi sento rappresentato da uno Stato che picchia le vecchiette. Dicono che dietro alla protesta c'è la camorra. Non è vero. Io sono un maranese orgoglioso, protesto prima come padre che come sindaco. Dai tempi del clan Nuvoletta le cose sono cambiate. Certo, la camorra da queste parte esiste. E più tempo passa, più rischia di infiltrarsi e di inquinare la nostra lotta». Come al presidio di via Cupa del Cane, la gente che entra per salutarlo lo chiama semplicemente Salvatore. Tieni duro Salvatore, Madonna che brutta faccia che hai, cerca di dormire. Lui annuisce, sovrappensiero, mentre cerca di domare due telefonini perennemente squillanti. Alla fine se ne andrà dalla casa madre, lui che ha sempre votato Pci, è entrato in politica con tessera del Pds, e via discendendo fino ad oggi. Fa spallucce. «Non importa. Mi riconosco in questa lotta, ne va anche del futuro dei miei figli». Il suo assistente gli legge a voce alta la frase riportata nel manifesto sulla parete di fronte. «Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale niente lui». Perrotta strizza gli occhi verso l'uomo immortalato in bianco e nero nel poster, un vecchio signore con barba e bastone. «Chi è, Karl Marx?» No, Ezra Pound. Ma a Chiaiano questi sono dettagli da poco.

di Marco Imarisio dal CORRIERE DELLA SERA.it

25 Maggio 2008 · Patrizio Oliva



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