Ornella De Bellis

Diciamo che un dipendente, pubblico o privato che sia (ormai la Corte Costituzionale ha eliminato qualsiasi disparità di trattamento) può vedersi pignorato un quinto per crediti ordinari (banche, finanziarie, privati), un quinto per crediti erariali o speciali (Equitalia) un terzo per gli alimenti da corrispondere all’ex coniuge.

Ora, la somma di queste quote fa 11/15 dello stipendio. Se teniamo conto anche di una cessione del quinto antecedente ai pignoramenti arriviamo alla conclusione che un lavoratore dipendente potrebbe vedersi trattenuto dallo stipendio i quattordici quindicesimi. Un quinto per volontà propria (la cessione) ed il resto per l’intervento dei creditori procedenti: banca, Equitalia, ex coniuge.

Per evitare che ciò accada, la legge stabilisce che la cessione del quinto pregressa ed i successivi pignoramenti non possano superare la metà dello stipendio.

Nel suo caso lei ha una capienza iniziale per cessioni e pignoramenti pari a 700 euro. Con la cessione chiesta ed ottenuta “illo tempore” la sua capienza scende a 415 euro.

Arriva il proprietario dell’appartamento preso in affitto, i cui canoni lei non ha pagato. Può ottenere il 20% al massimo. C’è capienza ed il giudice gli accorda 280 euro mese, che il datore di lavoro verserà direttamente al creditore.

Adesso la sua capienza per altri pignoramenti scende a 135 euro, sempre nell’ipotesi che lo stipendio non abbia subito variazioni. Se lei smette di pagare gli alimenti alla sua ex coniuge e questa si rivolge al giudice, il giudice non può concedere che un pignoramento di 135 euro al mese. La sua capienza è scesa a zero, a questo punto.

Se dopo sua moglie, Equitalia cerca di riscuotere crediti erariali, non potrà fare altro che attendere che, nel tempo, si ricostituisca la capienza necessaria nello stipendio (rimborso dei creditori procedenti, aumento stipendio) o nella pensione.

Fatta questa premessa, veniamo alle altre questioni da lei poste. Il giudice, innanzitutto, non può fare il generoso con soldi altrui. Quando si dice che egli può accordare un pignoramento massimo del quinto dello stipendio significa semplicemente che può regolare la quota pignorata da zero al 20% solo per fare in modo che la somma totale, fra cessioni e pignoramento che gravano sullo stipendio del debitore, non superi la metà dello stipendio.

Nel caso prima esaminato a mo’ di esempio, infatti, all’ex coniuge il giudice non può che accordare 135 euro rispetto al massimo di legge previsto per crediti alimentari (33%) che, in base a quanto lei percepisce, sarebbe stato pari a 462 euro circa.

Infine, lei cita i figli che devono essere mantenuti e costano. Questo è vero sempre, anche quando non c’è separazione ed affidamento, e quindi non è prevista alcuna incidenza sui limiti di pignorabilità conseguente alla circostanza di avere dei figli da mantenere. Come pure, nella formazione della capienza, non entra il prestito delega che, pertanto non incide sulla quota massima pignorabile.


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