Chissà quante sono le cartelle esattoriali pazze notificate agli italiani: momento non ci sono dati di previsione, ma si potrebbe fare riferimento alle statistiche degli ultimi 5 anni.

Stando infatti agli ultimi dati le cartelle esattoriali errate sono circa il 56% delle emissioni.

Gli errori possono essere vari e molteplice, i principali sono:

  • decadenza e prescrizione del tributo e/o emissione di cartelle per tributi già pagati, pari a circa il 30% degli errori;
  • imposte annullate da decisioni dei giudici tributari, pari a circa il 12%;
  • tasse automobilistiche annullate dai Giudici di Pace, pari circa all’8%;
  • tassa dei rifiuti su immobili locati richiesta al proprietario invece che al conduttore, pari al 4%; tassazione separata calcolata però in modo non corretto.

Errore piuttosto raro rispetto i precedenti e pari a circa il 2%.

La procedura per il ricorsoIl contribuente, se ritiene infondato l’addebito, può rivolgersi all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso il ruolo per chiedere il riesame al fine di ottenere l’annullamento in autotutela, totale o parziale della pretesa. La richiesta di riesame può essere presentata anche mediante il servizio “Consegna documenti e istanze” disponibile nell’area riservata.

La richiesta di riesame non interrompe né sospende i termini per proporre l’eventuale ricorso. Esclusivamente nel caso in cui il ruolo riguardi somme dovute a seguito di controllo automatizzato è possibile chiedere informazioni e presentare richiesta di riesame per l’annullamento del ruolo al Call Center (800.909.696 da telefono fisso) (0696668907 da cellulare) (+39 0696668933 da estero), a qualsiasi Direzione dell’Agenzia delle Entrate oppure tramite il canale telematico di assistenza CIVIS disponibile nell’area riservata.

Se l’ufficio provvede ad annullare l’atto è tenuto ad emettere provvedimento di sgravio delle somme iscritte a ruolo (cioè la cancellazione del debito) e a trasmetterlo telematicamente all’Agente della riscossione che interrompe le procedure di incasso del credito. Se il contribuente ha già pagato, ha diritto al rimborso della somma indebitamente corrisposta tramite lo stesso Agente della riscossione.

Il contribuente che ritiene infondato l’addebito può anche presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento.

La sospensione della riscossione Chi ha presentato ricorso contro una cartella di pagamento, se ritiene di poter subire gravi danni dal pagamento effettuato prima che la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado si pronunci, può produrre istanza di sospensione alla stessa Corte (sospensione giudiziale) oppure, anche contemporaneamente, all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso il ruolo (sospensione amministrativa).

Se la sospensione è concessa e poi il ricorso è respinto, il contribuente deve pagare gli interessi maturati durante il periodo di sospensione del pagamento.

La sospensione legale Il contribuente che riceve la notifica di una cartella di pagamento o di un altro atto notificato dall’Agente della riscossione può presentare all’Agente medesimo apposita dichiarazione nella quale indica i motivi, tra quelli espressamente previsti dalla legge, per i quali ritiene che le somme richieste non siano dovute.

In tal caso, l’Agente della riscossione è tenuto a sospendere immediatamente le procedure di recupero per consentire le opportune verifiche all’ente creditore al quale trasmetterà prontamente la dichiarazione del contribuente.

La dichiarazione va presentata, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento o di un qualunque altro atto di riscossione e deve essere giustificata da una delle seguenti circostanze: prescrizione o decadenza del credito intervenute prima della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore sospensione amministrativa (dell’ente creditore) o giudiziale sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emessa in un giudizio al quale l’Agenzia delle entrate-Riscossione non ha preso parte pagamento effettuato prima della formazione del ruolo L’ente creditore è tenuto a comunicare al debitore l’esito dell’esame della dichiarazione entro il termine di 220 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione; in mancanza di comunicazione entro tale termine le somme iscritte a ruolo – oggetto della dichiarazione – sono annullate di diritto.

L’annullamento non opera in presenza di motivi diversi da quelli sopra, ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito.

Ferma restando la responsabilità penale, il contribuente che produce documentazione falsa è punito con la sanzione amministrativa che va dal 100 al 200 per cento delle somme dovute, con un importo minimo di 258 euro.Superbonus, Imu, cartelle, Iva: la guida la Fisco nel programma della Meloni

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