Quando si parla di assegno di mantenimento si è sempre portati a pensare che sia il marito a corrisponderlo alla coniuge separata, ma non sempre è così: infatti ci sono rari casi in cui è la donna a corrispondere il mantenimento all’uomo.

In linea generale, comunque, nulla toglie che il diritto all’assegno si capovolga se è il marito a essere la parte economicamente più debole.

Innanzitutto, il marito può chiedere al giudice l’assegno di mantenimento quando la separazione non sia stata determinata da sua colpa: non deve cioè aver subito l’addebito (il che succede se tradisce la moglie, se è violento, se abbandona la casa senza motivo, ecc.).

Inoltre, il marito separato non deve avere adeguati redditi propri.

Ciò impone di confrontare la sua situazione economica e della moglie per verificare se sussiste un reale squilibrio patrimoniale.

Infatti, nello stabilire l’ammontare dell’assegno di mantenimento e a chi spetta il giudice deve tenere conto della situazione patrimoniale di entrambi i coniugi assegnando il diritto al mantenimento alla parte più debole della coppia, qualora ve ne sia bisogno.

Dunque, anche se statisticamente è meno frequente che sia l’uomo a chiedere gli alimenti alla donna per il fatto che, di solito, gli uomini lavorano più spesso e hanno un reddito più elevato, nulla toglie che il diritto all’assegno si capovolga se è il marito a essere la parte economicamente più debole.

Interessante è in questo senso, la sentenza 8716/15 della Corte di Cassazione.

Nel caso in esame gli Ermellini hanno stabilito che, addirittura, una casalinga, ma ricca di famiglia, dovesse sostenere l’assegno di mantenimento al marito separato privo di redditi propri.

Dunque, a parere della Suprema Corte, non v’è alcuna differenza tra uomo e donna: per cui il mantenimento può incombere anche alla donna separata priva di reddito da lavoro, se possiede un ingente patrimonio personale.

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