Esiste anche la rinegoziazione del mutuo “secondo Bersani” – con il rischio di un «no» dalle banche

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Bersani e la sua lenzuolata

La rinegoziazione determinata dall'intesa tra il Tesoro e l'Associazione bancaria non è la sola possibilità che i mutuatari hanno per ricontrattare il prestito. Le famiglie possono sempre contare sulla rinegoziazione prevista dal decreto legge 7/07 (Bersani-bis) tra le misure per la tutela dei consumatori.

Il decreto sulle liberalizzazioni, oltre ad aver rilanciato la surrogazione e la sostituzione del vecchio prestito, dopo le modifiche apportate dalla Finanziaria 2008, ha disposto che resta salva «la possibilità del creditore originario e del debitore di pattuire la variazione, senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo in essere, mediante scrittura privata anche non autenticata». Ricontrattare, cioè modificare le condizioni del finanziamento: il tipo di tasso d'interesse, la durata o il meccanismo di calcolo della rata. La rinegoziazione così prevista, se da un lato non comporta la perdita dei benefici fiscali, dall'altro non impone alcun limite e parametro temporale. Non è perciò soggetta ad alcun vincolo ed è rimessa alla discrezionalità dell'istituto di credito.

L'opportunità che si prospetta si traduce dunque in una facoltà concessa alle parti e non in un diritto stabilito dal legislatore a favore del mutuatario. Si tratta peraltro di una facoltà riconosciuta anche per i mutui cartolarizzati: dopo la cessione dei crediti alla società veicolo, è la banca con cui il cliente ha contratto il debito che è tenuta a valutare l'opportunità di ricontrattare il mutuo.

La "seconda lenzuolata Bersani" ha comunque ampliato le possibilità del debitore di ottenere condizioni più favorevoli ricontrattando il mutuo con il creditore originario. Se non altro perché di fronte a un eventuale rifiuto della banca, non è impedito al mutuatario rivolgersi ad altro istituto di credito attraverso la surrogazione (si veda «Il Sole 24 Ore» di domenica).

Proprio per questo motivo il Bersani-bis ha innescato una sorta di circolo virtuoso a beneficio delle famiglie. Sempre più banche hanno proposto, anche senza spese aggiuntive, l'allungamento del piano di ammortamento del mutuo ai clienti in difficoltà con i pagamenti: un'operazione che può in ogni caso risultare costosa, perché prolungando la durata del mutuo, il capitale residuo si riduce in maniera più graduale e si paga di conseguenza una quota maggiore di interessi.

È vero che non è necessario estinguere il contratto esistente e aprirne un altro con nuove spese, ed è vero che non si perdono i benefici fiscali del prestito originario, ma la strada della rinegoziazione può essere praticata da chi cerca semplicemente di migliorare il proprio mutuo, senza rischiare l'insolvenza.

di Dario Aquaro da Il Sole24Ore

27 Agosto 2008 · Piero Ciottoli




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