Residenza anagrafica e domicilio

L'articolo 43 del Codice Civile definisce il domicilio come il luogo in cui (la persona) ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. Esso prescinde dalla disponibilità di una qualsiasi abitazione e dalla conseguente effettiva presenza del soggetto sul territorio, poiché risulta intrinsecamente legato all’esistenza di un centro di affari o interessi (ad esempio il domicilio fiscale, legale, postale, ecc.).

Diversamente, la residenza anagrafica viene identificata nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale e può quindi essere diversa dal luogo identificato come domicilio.

Secondo la legislazione anagrafica vigente ogni persona deve essere iscritta all’anagrafe della popolazione del Comune ove ha stabilito la residenza, al fine di rispecchiare uno stato di fatto. La residenza deve corrispondere al luogo in cui l’individuo vive e conduce la propria esistenza a livello familiare e sociale.

Per dimora abituale non deve intendersi una dimora ininterrotta e continua in quanto la residenza non viene persa in seguito ad un allontanamento, anche ripetuto, dal proprio alloggio, pur ammesso che tale assenza si manifesti in modo transitorio. Tuttavia, questo rappresenta un aspetto problematico, infatti la maggior parte delle controversie in materia è legata alla dimensione della dimostrazione della dimora abituale. Infatti, in un contesto come quello attuale, sempre più complesso e caratterizzato da una crescente mobilità globale, risulta dubbia ed incerta la questione dell’accertamento di tale requisito.

Secondo la Corte di cassazione (sentenza 1738/1986) la residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall'elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altra attività fuori del Comune di residenza, sempre che conservi in esso l'abitazione, vi ritorni quando è possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

Dunque, la giurisprudenza individua così due elementi fondamentali della residenza anagrafica: l’elemento oggettivo, col quale si indica la permanenza di una persona in un luogo dello spazio, e l’elemento soggettivo che si manifesta tramite la domanda di iscrizione anagrafica in quel particolare luogo.

Comparando la definizione di domicilio offerta dal codice civile con quella di residenza anagrafica risulta evidente come quanto minore risulta la dimensione degli “affari” nella vita di una persona (fino ad arrivare all’estremo della pura sopravvivenza) tanto più il domicilio assume le caratteristiche della residenza e si identifica con essa.

14 Settembre 2015 · Patrizio Oliva


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