Conto corrente cointestato » Pignoramento presso terzi e blocco integrale del saldo: è possibile?

Pignoramento presso terzi - Procedura esecutiva che consente il recupero del credito in tempi rapidi e con costi esigui

E’ corretto l’operato della banca che, a seguito della notifica di un atto di pignoramento presso terzi, sottopone al vincolo del pignoramento l’intero saldo del conto corrente, cointestato ed a firma disgiunta?

Tra le procedure esecutive, quella del pignoramento presso terzi rappresenta senza dubbio quella più diffusa, dato che consente il recupero del credito in tempi rapidi e con costi tutto sommato esigui.

Il pignoramento presso terzi consente al creditore, munito di titolo e di precetto ritualmente notificati, di rivalersi su di un terzo soggetto nei confronti del quale il debitore vanta dei crediti.

Il cosiddetto terzo pignorato, di solito, coincide con l’istituto bancario dove il debitore risulta titolare di un conto corrente.

Non meno frequenti, tuttavia, sono i casi di pignoramenti presso terzi riguardanti lo stipendio, la pensione o i canoni locatizi.

In questi casi il terzo pignorato sarà il datore di lavoro, l’ente previdenziale o l’inquilino.

Nell'articolo in questione, però, vogliamo, come accennato, parlare del pignoramento presso terzi su conto corrente.

In tale fattispecie, il creditore, assistito da un legale, predispone l’atto di pignoramento per poi notificarlo al debitore ed all'istituto bancario a mezzo Ufficiale Giudiziario.

L'atto di pignoramento si suddivide, a sua volta, in due distinti documenti. Uno, proveniente dal creditore, è incentrato sulla citazione a comparire del terzo e del debitore davanti al tribunale competente. L'altro, invece, tipico dell’Ufficiale Giudiziario, è costituito dalla dichiarazione di pignoramento e dall'intimazione al debitore il quale deve astenersi dal porre in essere atti volti a sottrarre alla garanzia del credito, esattamente indicato, i beni assoggettati alla espropriazione.

Pignoramento del conto corrente - Quando il terzo pignorato è la banca

Il terzo pignorato, ovvero la filiale presso la quale l'sottoposto ad esecuzione è correntista, dal momento della notifica diviene custode delle somme pignorate ed è tenuto a rendere entro il termine di dieci giorni, con raccomandata o PEC, la dichiarazione.

Se il conto corrente, al momento della notifica, è capiente, la dichiarazione sarà positiva.

In questo caso la banca, che dovrebbe limitarsi vincolare il conto sino a concorrenza dell’importo indicato in atto di pignoramento, bloccherà di fatto l’intero saldo (anche se questo è di gran lunga superiore al debito per cui si procede) per poi corrispondere al creditore istante il dovuto.

Questa politica degli istituti di credito, che non appare affatto coerente con la normativa vigente è stata, purtroppo, approvata da giurisprudenza consolidata.

Tale modus operandi, però, è fonte di gravi disagi per il debitore, il quale non potrà prelevare le ulteriori somme depositate fino alla successiva ordinanza di assegnazione del giudice.

Pignoramento di un conto corrente a firma disgiunta

Ci chiediamo cosa succede se il conto corrente risulta cointestato a firma disgiunta al debitore sottoposto ad esecuzione e ad altro soggetto, come, ad esempio, la moglie.

Come ampiamente chiarito dalla Cassazione, il pignoramento sulle somme depositate in un conto corrente bancario cointestato al debitore e ad una persona estranea non può riguardare l’intero ammontare del denaro depositato, dovendosi presumere la contitolarità degli intestatari del conto.

Infatti, nel caso del deposito bancario (o postale), i rapporti interni tra i depositanti sono regolati dall'articolo 1298 del codice civile, in virtù del quale le parti di ciascuno si presumono uguali, salvo che risulti diversamente. In assenza di prova contraria, dunque, gli intestatari del conto corrente sono considerati creditori solidali della banca e le rispettive quote si presumono uguali.

Attesa la cointestazione del conto corrente, non può che concludersi che il cointestatario non debitore è totalmente estraneo al rapporto con il creditore pignorante e che le somme di pertinenza del cointestatario debitore – e, come tali suscettibili di espropriazione – devono ritenersi pari al 50% dell’importo complessivo presente sul conto corrente. La banca, dunque, incorre in errore se, in sede di pignoramento, rende, ai sensi dell’articolo 547 del codice di procedura civile, una dichiarazione che permette di apporre il vincolo all'intero importo presente sul conto corrente cointestato.

D’altra parte, la richiesta di un provvedimento di sblocco del conto, ovvero di liberazione della somma di cui il cointestatario non debitore rivendica la disponibilità (pari al 50% della liquidità depositata sul conto corrente pignorato) non potrebbe essere accolta, in quanto si porrebbe in contrasto con il vincolo pignoratizio che si forma a seguito del provvedimento dell’Autorità Giudiziaria e della conseguente (errata) dichiarazione resa dalla banca.

Nello scenario descritto, pertanto, nasce in capo alla banca l’obbligo di restituire al cointestatario non debitore l’importo, a titolo di risarcimento danni, pari alla metà del controvalore del saldo del conto corrente sottoposto a vincolo pignoratizio.

30 Settembre 2014 · Andrea Ricciardi


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