Pignoramento immobiliare » Casa all’asta invenduta per deprezzamento del valore del bene? Fine della procedura esecutiva

Pignoramento immobiliare: l'articolo 164 bis che dispone l'infruttuosità dell'espropriazione forzata

Novità dalla riforma della giustizia civile: dopo il pignoramento, l'immobile non viene venduto nonostante i continui ribassi? La procedura esecutiva si ferma.

E' quasi impercettibile e quasi nessuno se ne è accorto, ma l'articolo esiste.

Si tratta del 164 bis della legge 162/2014, la riforma della giustizia civile appunto, il quale dispone chiaramente che quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.

In parole povere, il creditore resta insoddisfatto e il processo esecutivo si estingue per eccessi di ribasso che comportano un deprezzamento del valore del bene.

Questa è una novità di tutto rilievo che rischia di far chiudere definitivamente migliaia di procedure di esecuzione forzata, avviate tramite il pignoramento immobili vari.

Detto in termini ancora più semplici, la riforma ha previsto che, dopo una serie di ribassi di asta, se il prezzo battuto come base per l’esecuzione forzata dell’immobile si discosta troppo dall'effettivo valore di mercato, il giudice deve disporre la chiusura anticipata del processo esecutivo.

Dunque, il creditore, dopo aver anticipato gli elevati importi per le spese di pignoramento, ed aver atteso diversi anni nella speranza di recuperare il proprio credito, deve dire addio alla procedura e tornare a casa con le tasche vuote?

Sembrerebbe di si, come sembrerebbe, anche, una grossa ingiustizia.

L'innovazione normativa, però, rincorre un principio sacrosanto: la compressione del diritto alla proprietà del debitore non può mai pregiudicare in modo irragionevole i suoi diritti della persona.

Vediamo perché.

Cosa cambia nel pignoramento immobiliare con la riforma della giustizia civile

Prima dell'introduzione del paragrafo, ad esempio, se un debitore aveva una pendenza con un istituto di credito, mettiamo di 200 mila euro, la banca disponeva il pignoramento dell'immobile del debitore, del valore di 400 mila euro, cercando di venderla e soddisfare il credito.

Nell'ipotetica fattispecie che tutto andasse per il verso giusto, si aveva una perfetta situazione di giustizia: la banca otteneva i suoi 200 mila euro e il residuo della vendita (gli altri 200 mila euro) andavano al debitore che li usava per acquistare un nuovo immobile dove andare a vivere.

Ciò, però, non accadeva quasi mai.

Di sovente, infatti, gli interessati all'acquisto dell'immobile all'asta attendevano che numerose di esse andassero deserte, cosicché, ad ogni successivo passaggio, il giudice faceva scendere sempre più la base d’asta.

In questo modo sussisteva una situazione paradossale: ad esempio, l'immobile veniva venduto a 100 mila euro. Così,l'istituto di credito rimaneva creditore, ancora, di 100 mila euro, e il debitore rimaneva senza una casa e con una pendenza enorme sulle spalle.

Il nuovo articolo dovrebbe, dunque, mettere fine a situazioni di questo tipo.

Va detto, però, che per evitare queste situazioni scomode, esisteva già un rimedio previsto dal codice civile, anche se poco spesso utilizzato: il giudice, infatti, aveva la possibilità di sospendere l’esecuzione forzata in assenza di offerte vantaggiose.

Rimaneva comunque, una semplice sospensione, e sempre eventuale: il debitore era comunque obbligato ad andare via da casa o a pagare l'onere all'incaricato alla vendita.

L'articolo predetto, invece, prevede, come accennato, in caso di ribasso seriale d'asta e di deprezzamento eccessivo del valore del bene, la chiusura definitiva della procedura esecutiva.

Dunque, qualora sussistesse un caso del genere, il debitore si libererebbe dell’esecuzione forzata, ma non del debito, e potrebbe tornare nella piena disponibilità dell'immobile.

Segnaliamo comunque alcuni precedenti dei Giudici di merito di Napoli che, molto tempo prima della riforma, erano arrivati alla stessa soluzione.

I precedenti dei Tribunale sul pignoramento immobiliare e l'infruttuosità dell'espropriazione forzata

Come accennato, con alcune sentenze di primo grado, erano arrivati alle conclusioni esplicate nel paragrafo precedente già il Tribunale di Napoli, Ostia e Belluno.

Con l'ordinanza del 23 gennaio 2014 il Tribunale di Napoli aveva stabilito, infatti, che, se dopo l’esperimento infruttuoso di diverse aste, tutte andate deserte, l’immobile non si vendesse, era assolutamente ingiusto e inaccettabile un ulteriore ribasso del prezzo tale da comportare la svendita della proprietà del debitore a un prezzo vile.

Infatti, l’eventuale prezzo così come ridotto era notevolmente inferiore a quello giusto.

A tale conclusione erano giunti anche il Tribunale di Roma, sezione di Ostia, con ordinanza del 9 maggio 2014, seguito dal Tribunale di Belluno il 3 giugno 2014.

Proprio in quell'occasione, era stato rilevato come le decisioni si ponessero in forte contrasto con quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità.

Dobbiamo, infatti, informare il lettore, che sia l'introduzione normativa che le suddette pronunce, sono in controtendenza con l'ultima decisione della Corte di Cassazione su questo scottante tema.

Parliamo della sentenza 27148/06 della Suprema Corte.

L'ultima decisione della Corte di Cassazione sul pignoramento immobiliare e l'infruttuosità dell'esecuzione forzata

La sentenza della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che dichiarava nulla l'infruttuosità dell'esecuzione forzata.

La Suprema Corte, con sentenza 27148/06, aveva disposto che non era legittimo un provvedimento di cosiddetta estinzione atipica fondato sulla improseguibilità per “stallo” della procedura di vendita forzata e, quindi, sulla inutilità o non economicità sopravvenuta del processo esecutivo.

Dunque, gli Ermellini, avevano precedentemente escluso che potesse essere dichiarata improcedibile l’esecuzione forzata per una situazione di non economicità sopravvenuta nella fase di vendita all'asta dell'immobile.

Cos'altro è cambiato in materia di pignoramento immobiliare dopo la riforma della giustizia civile

La nuova norma non specifica gli effetti che l’eventuale estinzione del pignoramento immobiliare avrà sulle eventuali ipoteche accese dal creditore.

Va comunque ritenuto che le stesse possano continuare a rimanere iscritte nei pubblici registri (salvo il rinnovo periodico).

Non viene chiarito nemmeno quale forbice tra valore di stima e valore di vendita possa considerarsi sufficiente per imporre al giudice la chiusura della procedura.

Si pensa, comunque, che la decisione sarà rimesso alla valutazione del singolo giudice.

Una cosa però sembra certa: nonostante nulla dica la legge, qualora il creditore, una volta estinta la procedura per assenza di offerte, proceda a pignorare nuovamente lo stesso immobile, riavviando il medesimo calvario per il debitore si potrebbe configurare un abuso di diritto.

Pertanto il debitore ben potrebbe proporre una opposizione all'esecuzione forzata ed, eventualmente, chiedere la condanna del creditore al risarcimento del danno per lite temeraria.

Per quanto riguarda il pignoramento esattoriale, nonostante i limiti ai pignoramenti posti dal Decreto del Fare all'Agente della riscossione, la nuova norma si applica anche a quest’ultimo.

Infine, sempre la riforma aggiunge un’ultima norma anch'essa non meno interessante della precedente.

Si specifica, in particolare, che nel caso di vendita all'asta, l’incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene.

14 Novembre 2014 · Andrea Ricciardi


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