L'articolo del Cpc introdotto con la riforma della giustizia che prevede lo stop dell'esecuzione forzata per asta infruttuosa
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Un’articolo del Codice di Procedura Civile prevede lo stop al pignoramento immobiliare, e quindi dell’esecuzione forzata, dopo diverse aste per la vendita andate a vuoto.
Tra le tante novità dell’ultima riforma della giustizia, è obbligatorio notare che è stata prevista una misura di estremo interesse e importanza, a tutela della casa e del debitore.
Infatti, con la legge 162/14, è stato introdotto un importante articolo, ovvero il 164 bis del Codice di Procedura Civile (Cpc).
Dal testo si evince che, quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.
In termini più semplici, la riforma ha previsto che, a seguito di una serie di ribassi di asta, se il prezzo battuto come base per l’esecuzione forzata dell’immobile dovesse discostarsi di molto dal suo valore di mercato, il giudice può disporre la chiusura anticipata del processo esecutivo.
Ciò, praticamente, vuol dire che, il creditore, dopo aver anticipato gli elevati importi per le spese di pignoramento, aver atteso diversi anni nella speranza di recuperare il proprio credito, dovrebbe, invece, dire addio alla procedura e tornare a casa con le tasche vuote.
Da notare, però, che la legge non specifica dopo quanti ribassi possa avvenire l’estinzione del pignoramento, né a quanto debba arrivare il prezzo dell’immobile prima di poter sperare di sbarazzarsi dell’esecuzione.
Tuttavia, stando alle interpretazioni di numerosi tribunali, le aste deserte devono essere certamente superiori a 4 o 5 e il prezzo deve essere sceso al di sotto del 30-40% del valore effettivo di mercato.
Il vaglio della procedura è comunque riservata al potere discrezionale del magistrato di turno (ma che, ovviamente può essere sollecitato dagli avvocati delle parti).
Comunque, la valutazione del giudice di chiudere anticipatamente la procedura, non deve tenere conto solo del ribasso del prezzo e della differenza rispetto al valore di mercato del bene, ma anche dei costi necessari a proseguire il pignoramento, delle probabilità di vendere il bene e del presumibile valore di realizzo.
Da ciò ne deriva, dunque, che tanto più difficile è trovare potenziali interessati all’asta, tanto più facile sarà per il debitore ottenere dal tribunale tale provvedimento, il quale, anche in questo caso, può essere disposto dal giudice d’ufficio o anche su istanza di una delle parti del processo esecutivo.
Si tenga conto, tuttavia, che per come è stata formulata la norma, essa si applica solo nel caso di pignoramenti e vendite forzate e non nel caso di vendite conseguenti a fallimenti.
Naturalmente, il creditore, una volta estinta la procedura per assenza di offerte, potrebbe procedere a pignorare nuovamente lo stesso immobile, riavviando il medesimo calvario per il debitore.
In questo caso, però, si potrebbe configurare un abuso di diritto poiché, il debitore, potrebbe proporre una opposizione all’esecuzione forzata avvalorandosi della tesi che il creditore conosca l’inutilità della procedura in assenza di riassetti del mercato immobiliare.
In tale ipotesi, si potrebbe addirittura chiedere la condanna del creditore al risarcimento del danno per lite temeraria.
22 Ottobre 2015 · Gennaro Andele
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