Pignoramento del conto corrente ove afferisce pensione o stipendio – Limitazione del principio di confusione con il patrimonio mobiliare del debitore delle somme percepite a titolo di credito pensionistico o stipendiale

La giurisprudenza della Corte di cassazione ha più volte, in passato, affermato il principio secondo cui il divieto, stabilito dall'articolo 545 del codice di procedura civile, di pignoramento delle somme percepite a titolo di credito pensionistico o stipendiale in misura eccedente un quinto del loro importo, non opera quando le somme siano già state corrisposte all'avente diritto e si trovino confuse con il suo patrimonio mobiliare.

Il principio, tuttavia, vale soltanto laddove non sia possibile individuare le somme provenienti dalla corresponsione di ratei pensionistici o stipendiali perché corrisposte da epoca imprecisata, sì che le stesse si sono irrimediabilmente confuse con il restante patrimonio.

A maggior ragione, ovviamente, il principio non vale allorquando tali somme, dopo essere state incassate, sono state spese, pur se il patrimonio si sia successivamente incrementato in termini corrispondenti a fronte di successivi introiti che trovino origine in altra causa.

Resta invece fermo il principio secondo il quale il pignoramento non può essere eseguito su somme corrispondenti al triplo della pensione sociale giacenti sul conto corrente del debitore, allorquando sia certo che tali somme siano riconducibili ad emolumenti corrisposti nell'ambito del rapporto di lavoro o d’impiego.

Infatti, ricorda la Suprema Corte, l'articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce, in modo chiaro, che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito in data anteriore al pignoramento su conto corrente intestato al debitore, possono essere pignorate solo per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale.

E' quanto hanno stabilito i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza 14606/2019, sezione penale.

In pratica, conviene allora mantenere un conto corrente riservato esclusivamente all'accredito dello stipendio (o del rateo pensionistico) prelevando, di volta in volta, all'occorrenza, una somma in contanti pari all'ultimo accredito, in modo che il saldo residuo possa sempre essere ricondotto ad uno o più accrediti da stipendio (o da pensione) risalenti nel tempo e quindi ciascuno pignorabile esclusivamente per la parte eccedente il triplo dell'importo massimo dell'assegno sociale.

Poiché a partire da gennaio 2019, l'importo massimo dell'assegno sociale ammonta a 458 euro, se ne ricava che, nel corso del 2019, le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate solo per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, vale a dire solo per l'importo eccedente 1.374 euro.

28 Aprile 2019 · Simonetta Folliero