Carte di credito e conti correnti non soggetti a pignoramento » Esistono davvero? Facciamo chiarezza

Carte di credito e conti correnti non soggetti a pignoramento » Esistono davvero? Facciamo chiarezza

Sembra che, soprattutto sul web, con offerte discutibili, circoli la voce dell'esistenza di carte di credito, o addirittura di conti correnti, non sottoponibili a pignoramento: è tutto vero o si tratta della solita bufala? Cerchiamo di chiarire la questione.

Sono migliaia ormai le offerte, in materia di apertura di conti corrente o carte di credito, che circolano sul web.

Per portare il consumatore ad abboccare all'amo, come sapete se leggete gli articoli del nostro blog, ne vengono dette di tutti i colori. Facilità di concessione del credito (prestiti), mutui con interessi stracciati, e chi più ne ha più ne metta.

L'ultima moda è quella che vede gli istituti millantare la possibilità di far aprire e/o concedere al cliente conti correnti o carte di credito impossibili da sottoporre a pignoramento.

Ma sarà vero?

Non esistono carte di credito non sottoponibili a pignoramento

Esistono carte di credito su cui non può essere disposto un pignoramento o si tratta della solita bufala, usata per attrarre clienti?

In realtà, non esistono speciali carte di credito non sottoponibili a pignoramento.

Ciò, esclusivamente perché il meccanismo di funzionamento della carta di credito non le rende mai pignorabili.

Due, infatti, possono essere le ipotesi: la carta di credito collegata a un conto corrente già esistente e intestato al correntista, e la carta di credito alla quale, invece, la banca collega un contratto di apertura di credito (cosiddetto fido).

Nel primo caso (carta di credito collegata a un conto corrente esistente) il creditore non dovrà certo pignorare la carta di credito, che è solo uno strumento per rendere più facile l’utilizzo della provvista depositata in banca, ma il conto corrente stesso.

In tal caso, peraltro, è bene chiarire che l’atto di pignoramento che il creditore notifica in banca è assai generico e non individua certo il numero di conto corrente o lo specifico rapporto da “bloccare”, ma contiene l’intimazione alla banca di non pagare alcun debito al proprio correntista, da qualsiasi contratto esso dipenda (anche da cassette di sicurezza).

Si comprende, dunque, come il creditore chieda il pignoramento di tutti i crediti che il debitore (il correntista) abbia nei confronti della propria banca, a prescindere dal tipo di rapporto e di contratto da cui essi dipendono.

Quindi è naturale che, non essendo la carta di credito un rapporto di credito, ma solo uno strumento per il funzionamento del conto corrente, essa non è in sé pignorabile.

Diversa, invece, è l’ipotesi della carta cui la banca abbia collegato un’apertura di credito (anche detto fido o, ancora, affidamento).

In questo caso, la banca concede al debitore la possibilità di spendere un determinato importo, entro un limite massimo, sebbene il cliente non abbia alcun credito nei confronti della banca stessa.

Al cliente è consentito così di prelevare somme “a debito” (a condizione ovviamente che vengano poi restituite a un determinato saggio di interesse).

Le singole rimesse che il debitore versa sulla “carta” per ripristinare il fido entro i limiti concessagli dall'istituto di credito e far in modo che esso non sfori la soglia non sono pignorabili: esse cioè servono solo a ripianare l’esposizione debitoria del correntista verso la banca.

Così, qualora dovesse intervenire un pignoramento, la banca dichiarerà al giudice di non aver alcun debito verso il soggetto pignorato.

Risultato, sebbene ci sia un rapporto di conto tra correntista e banca, questo rapporto è sempre formalmente “in rosso” (un debito però autorizzato dalla banca) e, quindi, non è mai pignorabile.

Ciò non toglie, dunque, il problema a monte: con un conto corrente sottoposto a pignoramento l'uso della carta di credito è pressoché inutile.

Non esistono categorie di conti correnti su cui non può essere disposto un pignoramento

Esistono conti correnti su cui non può essere disposto un pignoramento o si tratta della solita bufala, usata per attrarre clienti?

In realtà, non esistono particolari categorie di conti correnti non pignorabili.

Se si parla di iban non pignorabile ci si riferisce a una pratica attuata, qualche anno fa, da qualche banca.

Praticamente l’istituto di credito, per venire incontro alle esigenze del proprio cliente con il conto corrente pignorato, faceva transitare i bonifici indirizzati a quest’ultimo, su un proprio conto corrente transitorio.

In questo modo il cliente poteva, per esempio, pagare la rata del mutuo con accrediti che pervenivano in suo favore, bypassando il proprio conto già bloccato dal creditore.

In altre parole, quando il correntista doveva ricevere un pagamento, dava un codice iban che non era il proprio, ma uno “di servizio” della propria banca e quest’ultima, poi, rigirava le somme al proprio cliente.
Questa pratica, però, non si usa più e, peraltro, è difficilmente attuabile poiché, attraverso la lettura di tutti gli estratti conto, il giudice (o, per lui, il perito nominato dal tribunale) è in grado di risalire a tutte le somme che, in un modo o nell'altro, sono andate a beneficio del debitore pignorato.

Oggi, peraltro, le cose sono parzialmente cambiate.

Il governo, come noto, ha approvato una legge che rivede tutti i limiti di pignoramento del conto corrente di pensionati e lavoratori dipendenti.

Per questi ultimi, infatti, non sarà più necessario prelevare, periodicamente, l’intera provvista presente sul conto corrente per non renderlo pignorabile, ma sarà sufficiente fare in modo che il conto non superi mai il limite pari a tre volte l’assegno sociale previsto per legge.

Oggi l’assegno sociale ammonta ad euro 448,52, per cui se il creditore, al momento della notifica del pignoramento, trova in conto solo 1.345,56 euro (ossia 448,52 x 3) rimane a bocca asciutta. Invece, per tutti gli importi successivamente accreditati (ossia da 1.345,56 in su) può pignorare solo il quinto.

Questa nuova regola, ribadiamo, vale solo per redditi derivanti da lavoro dipendente (anche il TFR) e la pensione.

Da notare che è impignorabile anche il conto corrente affidato quando il correntista lo mantiene “in rosso”, ma entro la soglia del fido.

Per esempio: se il correntista ha un’apertura di credito di 10.000 euro e di questo fido utilizza solo 5.000 euro (il conto, quindi, si trova a -5.000), tutti gli accrediti che ripristinano il fido, ma che non riportano il saldo del conto in positivo, non possono essere bloccati.

Così, se il debitore riceve un accredito di 1000 euro, il fido utilizzato passa da -5.000 a -4.000, ma l’importo non è ugualmente pignorabile.

In ultimo, nel caso di conto corrente cointestato a due persone, ogni pignoramento può avvenire nella misura massima del 50%, a prescindere da chi sia il beneficiario effettivo di ogni singolo versamento.

E questo perché è principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il pignoramento investe il saldo del conto e non le singole poste, ed il saldo, in questi casi, appartiene in parti uguali a tutti i correntisti.

24 Luglio 2015 · Andrea Ricciardi


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