Restituzione delle pensioni » Stop dell’Inps: rigettate le domande di richiesta degli arretrati

Restituzione delle pensioni » Stop dell'Inps: rigettate le domande di richiesta degli arretrati

Stop alla restituzione delle pensioni: l'Inps respinge le domande di richiesta degli arretrati.

Restituzione solo di una parte degli arretrati della pensione ed applicazione di rivalutazioni minime: chi sperava che la norma attuativa, decreto legislativo 65/2015, della nota sentenza della Corte Costituzionale 70/2015, la quale ha dichiarato illegittimo blocco delle rivalutazioni delle pensioni più alte, portasse alla restituzione di un bel gruzzolo, deve, per ora, ricredersi.

A seguito della dichiarazione d’illegittimità del blocco delle perequazioni delle pensioni (operato dalla Legge Fornero a partire dal 2012), difatti, il decreto attuativo della sentenza della Corte Costituzionale non ha pienamente realizzato quanto disposto dalla sentenza stessa, ma ha unicamente previsto una “sistemazione” delle mancate rivalutazioni per gli anni 2012 e 2013 e una rivalutazione ridotta delle pensioni, per gli anni successivi.

Cerchiamo di fare chiarezza nei paragrafi successivi.

Il chiarimento della Corte Costituzionale con sentenza 70/2015

Cosa chiariva la Corte Costituzionale, in merito alla vicenda del blocco delle pensioni, con la sentenza 70/2015.

Con sentenza n. 70/2015 del 10 marzo 2015 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 24, comma 25, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (meglio noto come Riforma delle Pensioni Fornero) nella parte in cui prevedeva che In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento.

Con detta norma il Governo Monti aveva introdotto un limite alla rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici erogati dall'INPS per gli anni 2012 e 2013, escludendo da tale meccanismo tutte le pensioni il cui importo complessivo risultava superiore "a tre volte il trattamento minimo INPS" (cd. "blocco delle pensioni").

Investita della questione di legittimità costituzionale della norma citata, la Corte Costituzionale ha ritenuto la stessa fondata per violazione degli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione in quanto la mancata rivalutazione, violando i principi di proporzionalità e adeguatezza della prestazione previdenziale, si pone in contrasto con il principio di eguaglianza e ragionevolezza, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati.

Infatti, a giudizio della Consulta, la rivalutazione automatica delle pensioni erogate dall'INPS rappresenta uno strumento di natura tecnica introdotto dal legislatore del 1998 al fine di arginare il fenomeno della svalutazione delle prestazioni previdenziali e di tutelare il diritto dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, a percepire una pensione adeguata.

Detto diritto, trovando fondamento nello stesso dettato costituzionale, non può quindi essere oggetto di irragionevoli limitazioni operate dal legislatore sulla base di non meglio identificate ragioni finanziarie.

Nonostante il chiaro ed inequivocabile tenore della pronuncia della Corte Costituzionale, il legislatore è rimasto tuttavia sordo ai richiami della stessa.

Il decreto legge 65/2015 che interviene contro la decisione della Consulta

In seguito alla decisione della Corte Costituzionale, interviene il legislatore che, con il dl 65/2015, cambia di nuovo le carte in tavola.

A seguito della declaratoria di incostituzionalità, infatti, il legislatore è nuovamente intervenuto in materia con l'art. 1 del decreto legge n. 65 del 2015 (convertito con Legge n. 109/2015) introducendo un sistema di rivalutazione delle pensioni puramente parziale.

Il nuovo sistema prevede infatti un meccanismo di adeguamento a scaglioni, per cui è riconosciuta la rivalutazione nella misura:

  1. del 100% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS;
  2. del 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS;
  3. del 20% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS;
  4. del 10% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

Restano dunque ancora "bloccati" i trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.
Alla luce dei principi recentemente indicati dalla Consulta, anche quest'ultimo intervento normativo suscita non poche perplessità sotto il profilo della sua compatibilità con la Carta Costituzionale.

Infatti non appare affatto tutelato l'interesse dei pensionati alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, che - a differenza delle pensioni di importo elevato - non presentano margini di resistenza all'erosione determinata dal fenomeno inflattivo.

Stop alla restituzioni delle pensioni da parte dell'inps

Ignorando, di fatto, la sentenza della Consulta, l'inps rigetta le domande di restituzione delle pensioni.

Doccia fredda in arrivo per i pensionati.

Chi ha presentato domanda per ottenere il rimborso dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato, definendolo illegittimo, il blocco delle rivalutazioni delle pensioni più alte, potrebbe vedersi rigettare la richiesta.

Dopo la sentenza della Consulta di fatto il decreto attuativo della Corte Costituzionale non ha dato il via ai rimborsi integrali per i pensionati.

Per chi ha diritto al rimborso viene indicata una "sistemazione" della mancata rivalutazione per gli anni 2012 e 2013 e della ridotta rivalutazione per gli anni successivi.

In sintesi tutti coloro che hanno presentato domanda agli uffici territoriali dell'Inps per ottenere una piena applicazione del verdetto della Consulta riceveranno un riscontro negativo da parte dell'Istituto di previdenza sociale.

Applicando il decreto, infatti, l’Inps restituisce solo una minima parte di quello che sarebbe spettato applicando gli adeguamenti in misura intera.

Si tratta dunque di rimborsi parziali che penalizzano fortemente i pensionati. La penalità va da un minimo del 66,41 per cento sugli importi di 1450 euro mensili fino a un massmo del 100 per cento per tutti gli assegni che superano i 2900 euro.

Perchè l'inps sta rigettando le richieste delle rivalutazioni delle pensioni

Ecco spiegato, in termini semplici, perchè l'inps sta rigettando le richieste delle rivalutazioni delle pensioni.

Niente rivalutazione per i pensionati che chiedono l’applicazione piena della sentenza n. 70/2015 della Corte costituzionale.

Nessun arretrato può essere loro riconosciuto a titolo di mancata rivalutazione per gli anni dal 2012 al 2013, perché è intervenuto il dl n. 65/2015 le cui norme sono state pienamente applicate.

È questa la risposta che l’istituto sta per inviare ai numerosi pensionati che hanno chiesto gli arretrati di pensione.

A renderlo noto è lo stesso Inps nel messaggio n. 53/2017 pubblicato l’altro giorno.

Chi sperava che la norma attuativa (D.lgs. 65/2015) della nota sentenza della Corte Costituzionale (C. Cost. sent. n. 70/2015), che ha dichiarato illegittimo blocco delle rivalutazioni delle pensioni più alte, portasse alla restituzione di un bel gruzzolo, deve, per ora, ricredersi.

A seguito della dichiarazione d’illegittimità del blocco delle perequazioni delle pensioni (operato dalla Legge Fornero a partire dal 2012), difatti, il decreto attuativo della sentenza della Corte Costituzionale non ha pienamente realizzato quanto disposto dalla sentenza stessa, ma ha unicamente previsto una “sistemazione” delle mancate rivalutazioni per gli anni 2012 e 2013 e una rivalutazione ridotta delle pensioni, per gli anni successivi.

Così, i pensionati che hanno fatto richiesta alle sedi territoriali Inps per la piena applicazione della sentenza, si vedranno ora recapitare dall’Inps un messaggio con esito negativo.

Nel messaggio l’Inps invita anche le sedi territoriali a rigettare tale istanze In riscontro alla Sua richiesta di rivalutazione del trattamento pensionistico in godimento per gli anni dal 2012 al 2015 a seguito della sentenza n. 70/2015 della Corte costituzionale, si comunica che la stessa non può essere accolta in quanto l’Istituto ha già pienamente adempiuto dando puntuale esecuzione alle previsioni contenute nel dl n. 65/2015 convertito in legge n. 109/2015 che disciplinano la materia.

Infine, l’Inps chiede che tutte le istanze vengano tenute in debita evidenza, anche al fine di fornire idonea documentazione all'avvocatura qualora si trovasse nella necessità di costituirsi in giudizio in difesa dell’Inps.

24 Gennaio 2017 · Gennaro Andele


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