Nell’anno 2003 si decise di chiudere l’attività di dealer Tim che aveva sede a Cervignano del Friuli

Nell’anno 2003 si decise di chiudere l’attività di dealer Tim che aveva sede a Cervignano del Friuli; qualche tempo prima della chiusura ci venne fatta un’offerta per l'acquisto dell'attività e l’accettammo anche se non era dell'importo che avremmo voluto realizzare. Nel dicembre 2003 si stipulò il contratto notarile con la parte acquirente per un importo di € 4.500,00 (€ 2.000,00 per mobili e attrezzature e € 2.500,00 per l’avviamento), questi valori vennero riportati in contabilità e nella dichiarazione dei redditi.

Nell’ottobre del 2004 l’Ufficio del Registro di Udine rideterminava il valore dell'avviamento e l’acquirente concordò con l’amministrazione l’accertamento con adesione per € 27.000,00 senza informarci delle decisioni prese. Quest’anno l’Agenzia delle Entrate di Cervignano ci ha contestato una plusvalenza di € 24.500,00 (€ 27.000,00 - € 2.500,00 già dichiarati) e ha ritenuto infedele la dichiarazione dei redditi del 2003 chiedendo un importo di € 14.000,00 circa per IRPEF, INPS ……
Ed ecco le domande: nella dichiarazione dei redditi del 2003 non potevamo sapere che l’acquirente con la rideterminazione del valore di avviamento avrebbe concordato l’adesione; è lecito da parte dell'Ufficio delle Entrate chiederci la maggiore plusvalenza?
Nell’accertamento inviatoci l’Agenzia delle Entrate si avvale di sentenze della Corte di Cassazione che però fanno riferimento allo stesso soggetto mentre nel mio caso i soggetti sono due: l’acquirente che ha concordato l’adesione pagando il 3% di tassa di registro e la venditrice che si trova a non aver mai percepito il corrispettivo dichiarato dall'acquirente (diverso da quello riportato nell’atto notarile) e non essendo mai stata informata della scelta operata; come può allora l’Agenzia delle Entrate chiedere quanto riportato nell’accertamento?
E’ chiaro a questo punto che o dovremo aderire all'accertamento o andare in Commissione Tributaria; ed ecco l’altra domanda: se fiscalmente l’acquirente è in regola e se l’è cavata con circa € 860,00 mentre la venditrice si trova a dover pagare circa € 14.000,00 non c’è una responsabilità civile da parte dell'acquirente per aver con la sua azione danneggiato la venditrice?
Io e mia figlia abbiamo avuto un colloquio con la Direttrice dell'Agenzia delle Entrate e le abbiamo fatto notare quelle che per noi sono anomalie e abbiamo chiesto di poter presentare una memoria difensiva e la richiesta di annullamento dell'accertamento in virtù dell'autotutela del contribuente ma ci è stato risposto che era tempo perso perché sarebbe stata respinta dall'Amministrazione che ha una direttiva da seguire.
Nel salutare cordialmente ringrazio anticipatamente per le risposte ai miei quesiti che hanno una certa urgenza e per eventuali suggerimenti su come affrontare questo problema: dulcis in fundo mia figlia attualmente è disoccupata e non ha le possibilità economiche per far fronte alla richiesta dell'Agenzia delle Entrate.


Ciao Ferruccio,sinceramente mi sembra molto strana questa vicenda in cui, l’Agenzia delle Entrate, autonomamente, ridetermina il valore dell'avviamento. Non è che sull’atto notarile c’è scritto qlc di diverso?? Sarei curioso di sapere come l’ufficio ha motivato questo maggior importo!!! Come ci si è arrivati a questo importo? In base a quali deduzioni.
Non c’è nessuna responsabilità tra le parti, in questo caso.
Cmq, credo sia meglio che vi facciate assistere da qualche consulente.

Commento di consulente fiscale | Mercoledì, 17 Settembre 2008

17 Settembre 2008 · Andrea Ricciardi




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