Mutuo e accollo » Rifiuto al compratore

La banca può rifiutare l'accollo del mutuo al compratore?

Vorrei chiedervi delle spiegazioni in tema di mutui e, più precisamente, vorrei sapere se dopo la stipula di un atto con relativo accollo del mutuo, la banca può rifiutare l'accollo al compratore.

La banca è libera di accettare o rifiutare l'accollo al compratore dell'immobile gravato da mutuo

La banca ai sensi dell'articolo 1273 del codice civile è libera di aderire o meno all'accollo comunicato dalle parti contraenti.

Inoltre, nel contratto di mutuo originariamente sottoscritto è riportato uno specifico articolo in cui si afferma la facoltà della banca di aderire o meno alla decisione.

La banca in base all'istruttoria che dovrà fare sul nuovo mutuatario, potrà liberamente decidere se ques'ultimo ha la capacità reddituale per rimborsare il finanziamento, ovver se è in grado di rimborsare regolarmente le rate de mutuo; in caso di esito positivo la banca potrà aderire alla richiesta; in caso di esito negativo prima di rifiutare potrà richiedere delle ulteriori garanzie.

Peraltro, la banca di norma si cautela in quanto sempre ai sensi del citato articolo, senza una sua specifica accettazione, la parte venditrice non sarà liberata degli impegni originariamente assunti e quindi la banca avrà la possibilità eventualmente di agire su entrambe i contraenti e non solo sul nuovo proprietario.

15 Maggio 2013 · Tullio Solinas


Commenti e domande

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10 risposte a “Mutuo e accollo » Rifiuto al compratore”

  1. 19felice75 ha detto:

    Grazie infinite per le informazioni. Penso che un po di tempo l’avremo per rimettere in piedi la barca e non morire di sussidi, sperando che a 40 anni non siamo da rottamare avendo ancora dei figli da crescere. Loro avevano pagato per poco tempo e quindi è rimasto un debito residuo molto alto, inoltre l’agenzia immobiliare aveva fatto in modo che ottenessero più liquidità per affrontare tutte le spese al riguardo. Infatti mia sorella aveva più volte provato ad ottenere una surroga e trasferire il mutuo ad altro istituto, tutto questo però è risultato sempre impossibile da realizzare, alla fine ha dovuto rinunciare. Un’ultima cosa. Potrebbe elencarmi i passi da fare per la registrazione del contratto, al momento abbiamo solo recuperato il testo e aggiunto la clausola che i beni mobili presenti nell’immobile sono di proprietà del comodatario. Grazie ancora.

    • Ornella De Bellis ha detto:

      Sono tempi duri per tutti e rivolgo, a lei e sua sorella, un sincero “in bocca al lupo”.

      La registrazione di un atto privato puo’ essere effettuata in qualsiasi ufficio dell’Agenzia (quindi non nell’ufficio di competenza territoriale rispetto al proprio domicilio fiscale), scelto tenendo presente solo la propria comodita’, ma e’ importante recarvisi avendo gia’ con sé:

      1. l’originale e la fotocopia dell’atto da registrare,
      2. marche da bollo da 10,33 euro da applicare su originali e copie ogni quattro facciate scritte e comunque ogni 100 righe
      3. attestato di versamento mod. F23 in originale;
      4. il prestampato per la richiesta di registrazione (md. 69) che trova presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate o qui.
  2. 19felice75 ha detto:

    in effetti il contratto di comodato era finalizzato al discorso delle utenze, sia per il criterio della residenza sia alle agevolazioni del bonus energia (restiamo sempre in un contesto di un forte disagio, speriamo, momentaneo). Quindi pur facendo un contratto di comodato d’uso gratuito regolarmente registrato non si andrebbe a pregiudicare la situazione di mia sorella, già di per se complicata, alla fine il percorso giuridico farà il suo corso comunque. giusto?

    • Ornella De Bellis ha detto:

      Giusto. Nessuno potrà accusare lei o sua sorella di avere in qualche modo tentato di ostacolare l’azione esecutiva del creditore, sia che il pignoramento sia stato già notificato o meno. Con il contratto di comodato gratuito lei, in qualità di comodatario, non avrà nessuna eccezione giuridica da opporre all’assegnatario, nè il contratto di comodato potrebbe pregiudicare il valore dell’immobile in sede di vendita all’asta. La situazione sarebbe stata completamente diversa in caso di sottoscrizione di un contratto di locazione in data antecedente al pignoramento.

  3. 19felice75 ha detto:

    Scusate se mi inserisco in una discussione non pertinente al mio problema ma ho bisogno di aiuto.
    A seguito della perdita di lavoro sia mio che di mia moglie non siamo più stati in grado di pagare l’affitto con la conseguenza che siamo in procinto di essere sfrattati, senza lavoro e con due figli minori a carico.

    Adesso mia sorella 5 anni fa ha comprato casa lei e il marito poi si sono separati e via pure la casa perchè da sola non riusciva a pagare il mutuo. Attualmente vive con il suo compagno in affitto. La casa ancora non è all’asta (non so se è pignorata) e lei continua a pagare imu condominio ecc. ecc .

    Allora lei mi ha detto finchè non si risolleva un po la vostra situazione va in quella casa, e avevamo pensato di fare un contratto di comodato d’uso gratuito. La domanda è: tutto questo è fattibile? Andiamo incontro a ulteriori problemi sia io che lei?

    Ho letto in altri forum cose del tipo: falso contrattuale. Vi prego aiutatemi sono disperato.

    Non ci sono case popolari nemmeno di emergenza e senza un contratto di lavoro le agenzie mi hanno detto che sarà difficile ottenere uno di affitto e poi dovrei fare veramente i salti mortali per onorarlo, attualmente sono in disoccupazione.

    Spero di essermi spiegato bene, vi prego datemi più informazioni possibili riguardo alla fattibilità della cosa.

    • Ornella De Bellis ha detto:

      Se sua sorella, debitrice inadempiente per il mutuo (ma ancora legittima proprietaria dell’appartamento) prima del pignoramento procedesse a locare (con contratto registrato all’Agenzia delle entrate) l’immobile al proprio fratello, la banca potrebbe esperire azione revocatoria del contratto di locazione in quanto si potrebbe evidentemente presumere essere stato, tale contratto, stipulato esclusivamente al fine di costituire pregiudizio alle ragioni del creditore e dolosamente preordinato allo scopo di pregiudicarne il soddisfacimento attraverso la vendita.

      Il contratto di locazione registrato prima del pignoramento, infatti, può essere opposto all’aggiudicatario dell’immobile per consentire al conduttore la permanenza per la residua durata e, comunque, la sua stessa esistenza (e trascrizione all’agenzia delle entrate) comporterebbe una diminuzione del valore di aggiudicazione all’asta del bene staggito.

      Tanto più che, secondo i giudici della Corte di cassazione (sentenza 17735/2009 l’occupazione di un immobile di proprietà del fallito da parte di un terzo, ancorché risalente ad epoca anteriore all’apertura della procedura concorsuale, è inopponibile al fallimento, in difetto della prova della sua riconducibilità ad un rapporto di locazione, in quanto la certezza in ordine all’anteriorità della detenzione, non esclude la compatibilità della stessa con altri rapporti, ivi compreso quello di comodato.

      Insomma, in parole povere, un contratto di comodato, seppur registrato, o la semplice occupazione dell’immobile a seguito di accordo verbale intervenuto con sua sorella, non sarebbero opponibili all’eventuale assegnatario del bene esecutato. Pertanto nessun pregiudizio alle ragioni del creditore, né alcun fine dolosamente preordinato ad ostacolare il soddisfacimento del credito attraverso l’azione esecutiva di espropriazione potrebbero ravvisarsi nella temporanea occupazione dell’immobile (sine titulo o con contratto di comodato) da parte del fratello della debitrice esecutata.

      E’ evidente che l’eventuale contratto di comodato avrebbe soltanto la funzione di consentire la regolare formalizzazione dei contratti di utenza (luce, acqua, gas). Una volta pignorato il bene e aggiudicatolo all’asta, il comodatario non avrebbe comunque alcun titolo da opporre all’assegnatario e dovrebbe, per forza, lasciare l’appartamento.

      Fino a quel momento lei può affrontare l’emergenza occupando l’appartamento di sua sorella.

  4. fantaroby74 ha detto:

    Ringrazio vivamente per la sollecitudine e la disponibilità offerta dell’esperta signora Ferri, ha chiarito che mia figlia non rientra nella casistica di quelli che perdono l’agevolazione 1a casa in caso di cessione della sua quota al compagno cointestatario e soprattutto con l’espressa accettazione della banca a liberarla completamente dagli obblighi verso di essa. In CRIF non risulterebbe ancora debitrice di un mutuo! Per quantificare il valore della sua quota, da quali parametri bisognerebbe partire? Dal valore di mercato dell’immobile (aumentato dopo la sua completa ristrutturazione)? Si dovrebbe comprendere anche il costo dell’arredamento sostenuto da mia figlia, il costo dell’affitto (superiore alla rata di mutuo) pagato da mia figlia per l’impossibile utilizzo dell’appartamento a causa della convivenza conflittuale? E’ possibile richiedere l’intervento di un mediatore presso il tribunale, attraverso la compilazione di una domanda di istanza di mediazione sostenuta da un avvocato?

    • Annapaola Ferri ha detto:

      Chiedere l’intervento di mediatori ed avvocati, in questa fase, vuol dire buttar via soldi, dal momento che nessuno dei due contendenti sarà obbligato, poi, ad accettare la soluzione che venisse proposta. Agli avvocati si ricorrerà con extrema ratio, quando il conflitto dovesse esasperarsi e incanalarsi su una strada senza ritorno.

      La via maestra è sempre quella di affidarsi al buon senso, evitando la tentazione di speculare su una situazione affettiva conflittuale e senza lasciarsi andare agli impulsi irrazionali dettati dal rancore.

      Il consiglio che posso dare, sulla base dell’esperienza acquisita in situazioni simili, è soprattutto rivolto ai familiari e agli amici delle due vittime coinvolte in una dura esperienza di vita, già provate dal dover affrontare una separazione, seppur di fatto. Sorvegliare sì che le soluzioni adottate siano nette e non ci siano equivoci e/o sottintesi fraudolenti da cui possano derivare ulteriori strascichi in futuro (chiedere la definizione dell’accollo, per intenderci).

      Fatto questo è necessario astenersi da qualsiasi ingerenza, lasciando a sua figlia e al suo ex compagno l’individuazione di un compromesso accettabile per entrambi. Pensare al valore di mercato dell’immobile non è un buon inizio. Il compagno potrebbe risponderle che i motivi della separazione di fatto non sono riconducibili a lui e bla, bla bla. All’ipotesi di includere nella lista della spesa il costo dell’arredamento la replica che immagino è quella di un invito a portar via l’arredamento. E così di seguito. Capisco la sua preoccupazione, ma suggerimenti nel senso appena indicato potrebbero, alla fine, condurre ad effetti altamente indesiderati per tutti. Meno che per noi avvocati, s’intende.

  5. fantaroby74 ha detto:

    Un anno fa mia figlia e il compagno (coppia di fatto) hanno acquistato una casa, stipulando un mutuo cointestato e dividendosi al 50% la proprietà dell’appartamento. La quota di lui come 2a casa (in quanto già proprietario di 1a casa), mentre quella di lei come 1a casa. Ora la coppia è in crisi, pertanto vorrei sapere quali potrebbero essere gli sviluppi futuri. Il compagno vorrebbe farsi cedere l’altra quota, ma avvenendo la cessione prima dei 5 anni, mia figlia perderebbe l’agevolazione 1a casa e rischierebbe di dover pagare un sacco di soldi (circa 15.000 € ) se l’acquisto di un altro immobile non avvenisse entro 12 mesi. Con la chiusura del mercato dei mutui il rischio è molto alto. La cessione della quota di mia figlia sarebbe del tutto liberatoria nei confronti della banca? Inoltre, una volta pagata la differenza e l’eventuale sanzione, si ri-acquisirebbe la facoltà di servirsi delll’agevolazione 1a casa?

    • Annapaola Ferri ha detto:

      Il trasferimento della quota di proprietà al compagno, non solleverà automaticamente sua figlia dagli obblighi assunti verso la banca. Sarà necessario, per questo, che la banca accetti un accollo liberatorio del mutuo da sua figlia al compagno.

      Infatti, l’eventuale accordo limitato esclusivamente alla cessione della quota di proprietà di sua figlia al compagno (senza contestuale accettazione dell’accollo da parte della banca) dispiega i suoi effetti solo fra i contraenti, obbligando il compagno a provvedere al pagamento delle rate del mutuo, di cui resta pro quota debitrice sua figlia. Ma, in caso di mancato rispetto degli obblighi assunti, la banca chiederà i soldi anche a sua anche figlia, che potrà poi soddisfarsi citando in tribunale il compagno.

      Infine, per quanto attiene le agevolazioni prima casa, sua figlia ne avrà diritto appena dopo il rogito notarile, nel momento in cui potrà attestare di non essere titolare, neppure per quote, di diritti di proprietà per abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa. Questo indipendentemente dall’aver ricevuto, o meno, un accertamento fiscale.

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