Lo sviluppo della crisi subprime

Da mesi si discute sulla crisi statunitense dei mutui subprime. Lo fa anche l’Ocse e le sue previsioni non sono affatto ottimistiche. I mesi a venire si prospettano come carichi di timori e paure. La crisi, insomma, pare essere solo all'inizio. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha diramato il suo rapporto Financial Markets Trend. Che fa notare come l’entità della crisi statunitense può arrivare a perdite superiori a 300 miliardi di dollari. Il collasso dei mercati finanziari può portare gli oneri per le banche e le società finanziarie a raggiungere tali cifre.

L’Ocse precisa anche come il tempo può essere un alleato importante per le società coinvolte nel crack iniziato nell’estate. Il tempo può, infatti, permettere ai prezzi dei titoli di aggiustarsi e rientrare negli schemi. Ma se in Europa non si sa ancora con precisione la reale esposizione degli istituti di credito ai pericoli dei subprime, oltreoceano le paure non sono terminate. «Non abbiamo ancora toccato il punto peggiore dei riaggiustamenti, inadempienze e delle perdite finali sui mutui» ha dichiarato l’Ocse nella presentazione della sua relazione. Come dire che la crisi non è ancora terminata e che ci attendono giorni peggiori di quelli vissuti in estate. In effetti, le giornate in negativo stanno aumentando a macchia di leopardo, con cadenza quasi periodica.

Basti pensare a questa settimana, in cui sono stati bruciati miliardi di dollari (ed euro) in poche ore di sedute. Basti pensare a titoli come Morgan Stanley o Jp Morgan, colpiti in modo netto dalla crisi immobiliare, pur essendo realtà solide da decenni. La realtà è che nemmeno loro, neppure gli stessi interessati, sono a conoscenza della quantità di prodotti derivati che sono sui mercati ed in quali settori sono stati allocati. Il rischio è quello che in gergo tecnico viene definito come sistemico: la crisi di una società porta, a cascata, al crollo di un intero comparto finanziario. Esattamente quello che avvenne con il crack dei titoli tecnologici intorno ai primi anni del millennio. Il problema sorge dal fatto che la nostra è un’economia ormai globalizzata all'inverosimile. Questo fattore porta numerosi vantaggi, ma alcuni difetti, come il contagio epidemico dei mercati in caso di default. Gli esempi nella storia economica recente sono elevati e vanno dai bond argentini alla crisi Usa.

Cosa ci prospetterà il 2008? L’Italia verrà colpita? A livello macroeconomico, è indubbio che il prossimo anno sarà importante. L’assorbimento del colpo subprime sarà difficile, ma possibile. La creazione di una diversificazione delle scelte economiche da parte di banche e società finanziarie sarà alla base di ciò. Conseguentemente ci dovrà essere uno sganciamento dalle sirene lucrative che i derivati portano. Gli analisti dell'Ocse prevedono che il culmine dell'esplosione della bolla sarà intorno al prossimo marzo. In quel periodo si avrà con maggiori certezze le dimensioni del default.

Per l’Italia, invece, il problema sembra essere in tono minore solo nelle parole del governo e degli amministratori dei nostri istituti di credito. Alessandro Profumo, CEO di Unicredit, ha più volte affermato come la sua sia una banca immunizzata dal contagio. La preoccupazione è che queste affermazioni siano volte solo a tranquillizzare i risparmiatori meno informati. Il pericolo per Unicredit è infatti il timore generalizzato nelle quotazioni del titolo in borsa, ultimamente molto ballerino. Dall'altro lato, c’è un governo imbarazzante. E scrivo questo perché nulla è stato detto o scritto o fatto per comunicare ai cittadini italiani i pericoli derivati dalla crisi subprime. Nessuna informazione, nessuna misura preventiva, nessuno studio di settore per carpire l’esposizione. Nulla di nulla. Sembra che Prodi e Padoa Schioppa vivano in un’altra dimensione, considerato che niente è stato compiuto, né verso il paese né verso l’Ue, ma è stata anche varata una Finanziaria che non va certamente nella direzione della crescita economica.

Il 2008 sarà un anno con maggiori difficoltà rispetto a quello che va finendo. L’Europa dovrà essere in grado di saper ammortizzare le perdite, per evitare un crollo globale. I rimedi sono già iniziati in Uk e Germania. Ovviamente in Italia siamo ancora in alto mare. Ma è normale, no?

24 Novembre 2007 · Patrizio Oliva


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