Liquidazione del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale – I principi che devono essere osservati

Il danno patrimoniale - lucro cessante e danno emergente

Il danno patrimoniale, com’è noto, si caratterizza in danno emergente e in lucro cessante, e ciascuna di queste categorie è a sua volta compendiata da una pluralità di voci o aspetti, quali ad esempio, avuto riguardo al danno emergente, il mancato conseguimento del bene dovuto o la perdita di beni integranti il proprio patrimonio, il cosiddetto fermo tecnico, le spese (per l’avvocato difensore, per il consulente tecnico, funerarie e altro).

Con riferimento al lucro cessante, invece, ci si può riferire alla perdita della clientela, al mancato perfezionamento di rapporti contrattuali con terzi, al discredito professionale, alla perdita di prestazioni alimentari o lavorative, alla perdita della capacità lavorativa specifica: si tratta di aspetti (o voci) che ovviamente non ricorrono tutti sempre e comunque in ogni ipotesi di inadempimento, e il cui ristoro dipende dalla verifica della loro sussistenza, con conseguente differente entità dell'importo da liquidarsi al danneggiato nel singolo caso concreto.

Quando il danneggiato non sia nella condizioni di provare il reddito ovvero di produrlo a causa dell’età, degli studi intrapresi e ancora non conclusi, della cassa integrazione o della disoccupazione (salvo che questa sia volontaria) ai fini della relativa quantificazione del danno da lucro cessante può farsi riferimento al criterio del triplo della pensione sociale, quale criterio indicativo di una soglia minima del risarcimento.

Il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica va ricondotto nell’ambito del danno patrimoniale: l’accertamento dell’esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l’automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un’attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso.

Al danneggiato vanno risarciti anche gli eventuali danni patrimoniali derivanti dalla perdita o dalla riduzione della capacità lavorativa generica, allorquando il grado di invalidità non consenta al danneggiato la possibilità di attendere (anche) ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell’infortunato, idonei alla produzione di fonti di reddito.

Dunque, gli effetti pregiudizievoli della lesione della salute del soggetto leso possono consistere in un danno patrimoniale da lucro cessante laddove vengano ad eliminare o a ridurre la capacità di produrre reddito.

Il danno non patrimoniale - danno morale, biologico, esistenziale e da perdita del rapporto parentale

Per quanto attiene il danno non patrimoniale, esso si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica e costituisce categoria unitaria non suscettibile di suddivisione in sottocategorie. Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.

Anche il danno da riduzione della capacità lavorativa generica non attiene alla produzione del reddito, ma si sostanzia (in quanto lesione di un’attitudine o di un modo d’essere del soggetto) in una menomazione dell’integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico. Infatti, i postumi permanenti di lieve entità, non essendo idonei ad incidere sulla capacità di guadagno, non pregiudicano la capacità lavorativa e rientrano nel danno biologico come menomazione della salute psicofisica della persona.

In tema di liquidazione del danno non patrimoniale, dunque, al fine di stabilire se il risarcimento sia stato duplicato ovvero sia stato erroneamente sottostimato, rileva non già il nome assegnato al pregiudizio lamentato dal danneggiato (“biologico”, “morale”, “esistenziale”), ma unicamente il concreto pregiudizio preso in esame dal giudice.

Si ha duplicazione di risarcimento quando il medesimo pregiudizio sia liquidato due volte, sebbene con l’uso di nomi diversi: ad esempio, il cosiddetto danno esistenziale costituisce solo un ordinario danno non patrimoniale, che non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato. Così, i patemi d’animo e la mera sofferenza psichica interiore sono normalmente assorbiti nel danno biologico, cui viene riconosciuta portata tendenzialmente onnicomprensiva: in tal senso è da intendersi la statuizione secondo cui la sofferenza morale non può risarcirsi più volte, allorquando essa non rimanga allo stadio interiore o intimo ma si concretizzi, degenerando in danno biologico o in danno esistenziale.

In tema di liquidazione del risarcimento del danno non patrimoniale da sinistro stradale, valida soluzione si è ravvisata essere quella costituita dal sistema delle tabelle: in particolare, le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo vocazione nazionale, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre), al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali, ingiustificate disparità di trattamento.

Quelli appena elencati sono i principi giuridici, in tema di liquidazione del danno patrimoniale e non, enunciati dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 24210/15.

6 Dicembre 2015 · Chiara Nicolai


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