Limiti alla cessione del montante e delle prestazioni relative ad un fondo previdenza complementare

Limiti alla cessione della prestazione previdenziale erogata al termine della fase di accumulo

In materia di previdenza complementare vi è da considerare quanto disposto dall'articolo 11, comma 10, del decreto legislativo numero 252/2005, il quale stabilisce dei limiti alla cedibilità della prestazione previdenziale erogata al termine della fase di accumulo.

Le regole fissate dalla predetta norma possono essere così sintetizzate:

  1. le prestazioni pensionistiche in capitale e in rendita e le anticipazioni per spese sanitarie sono cedibili secondo la disciplina vigente in materia per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria (i limiti normativi alla cedibilità della pensione di base sono disciplinati dall'articolo 2 del DPR numero 180/1950) nell’ammontare massimo di un quinto della pensione stessa, valutato al netto delle ritenute fiscali.

  2. i riscatti e le anticipazioni per acquisto e ristrutturazione della prima casa di abitazione e per altre esigenze dell'iscritto sono cedibili senza vincoli.

La ratio sottesa ai limiti della cedibilità della prestazioni pensionistiche, deve essere ravvisata nella tutela della funzione previdenziale propria della previdenza complementare.

Ciò significa che il montante che si versa al fondo pensione (tfr e contributi) non è cedibile da parte dell'interessato. Durante tale fase, infatti, le risorse rientrano nel patrimonio del fondo pensione e, dunque, non sono più nelle disponibilità dei soggetti iscritti.

Si ricordano i limiti normativi alla cedibilità della pensione di base disciplinati nell’articolo 1 del DPR numero 180/1950, come modificato dall'articolo 13 bis del d.l. numero 35/2005, secondo cui i pensionati pubblici e privati possono contrarre con banche e intermediari finanziari prestiti da estinguersi con cessione di quote della pensione fino al quinto della stessa, valutato al netto delle ritenute fiscali e per periodi non superiori a dieci anni, facendo salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo.

I prestiti, inoltre, devono avere la garanzia dell'assicurazione sulla vita che ne assicuri il recupero del residuo credito in caso di decesso del mutuatario.

Sulla base di questi assunti normativi la Covip ritiene che le prestazioni in rendita ed in capitale di un fondo pensione risultano cedibili nella misura di un quinto al netto delle ritenute fiscali e del trattamento minimo INPS. Stesso discorso vale per le anticipazioni per spese sanitarie. Secondo l’articolo 11, comma 10, del decreto legislativo numero 252/2005 le somme a titolo di anticipazione non sono infatti assoggettate ad alcun vincolo di cedibilità, tranne quelle relative alle spese sanitarie, cedibili solo nella misura del quinto (al pari delle prestazioni).

La COVIP ammette dunque la facoltà dell'iscritto di impegnarsi contrattualmente verso l’istituto che eroga il prestito (nel seguito Istituto mutuante) a non richiedere anticipazioni alla forma di previdenza complementare, con l’eccezione delle anticipazioni per spese sanitarie, in relazione alle quali l’impegno potrà riguardare unicamente la quota disponibile dall'iscritto, vale dire il quinto dell'ammontare dovuto dal fondo.

Per evitare però che un simile impegno possa risultare eccessivamente oneroso, prosegue la COVIP, si ritiene che l’impegno a non chiedere anticipazioni non possa valere in termini assoluti ma solo con riferimento all'ammontare del prestito contratto e, progressivamente, man mano che viene rimborsato ratealmente, riferirsi al solo debito residuo.

Cessazione del rapporto di lavoro e conseguenze della cessione

In ultimo la COVIP esamina ancora le conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro. In particolare vengono elaborate due distinte ipotesi, la prima relativa al caso in cui l’iscritto cessi il rapporto di lavoro senza avere maturato il diritto a pensione e la seconda relativa invece alla fattispecie in cui si sia invece maturato tale diritto.

In caso di riscatto da parte del lavoratore al ricorrere dei requisiti previsti dalla normativa previdenziale, il fondo pensione dovrà chiedere all'istituto mutuante il benestare alla liquidazione (per verificare che il debito non sia stato estinto) o, in alternativa, l’iscritto stesso, in sede di presentazione della richiesta di riscatto, potrà presentare il benestare della società alla liquidazione.

Laddove il credito non sia stato estinto, essendo le somme dovute per riscatto cedibili senza vincoli, il fondo pensione può, nel caso in cui fossero state concordate modalità diverse di pagamento del debito residuo, liquidare all'Istituto mutante anche l’intero importo dovuto all'’aderente fino all'ammontare del credito residuo.

In caso invece di cessazione del rapporto di lavoro avendo maturato il diritto alla prestazione di previdenza complementare, ugualmente il fondo pensione chiede all'istituto mutuante il benestare alla liquidazione (nel frattempo infatti il credito potrebbe essere estinto) o, in alternativa, l'iscritto stesso in sede di presentazione della richiesta della prestazione presenta il benestare della società alla liquidazione.

Nel caso in cui il credito non sia stato estinto, essendo le prestazioni pensionistiche sottoposte agli stessi limiti di cedibilità delle pensioni di base, la forma pensionistica complementare, in caso non fossero concordate modalità diverse di pagamento del debito residuo, può liquidare all'Istituto mutuante il quinto della prestazione in capitale, in rendita o di entrambe le formule, fino alla soddisfazione del credito residuo.

3 Gennaio 2013 · Simone di Saintjust


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