Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – procedura di impugnazione ed effetti di illegittimità

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo - di cosa si tratta

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere legittimamente determinato da motivazioni inerenti l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro: si tratta, dunque, di motivazioni riconducibili a specifiche esigenze aziendali che impongono la soppressione del posto di lavoro oppure a circostanze individuate dal datore di lavoro come un valido motivo di risoluzione del rapporto.

Tra le motivazioni riconducibili a specifiche esigenze aziendali rientrano la soppressione di posti di lavoro a causa di innovazioni tecnologiche (ad esempio, l'automazione spinta dei processi); a causa di riassetti organizzativi (per una società di recupero crediti, può causare giustificato motivo oggettivo di licenziamento la decisione del management di passare da una rete di esazione diretta ad una indiretta, affidandosi a funzionari preposti alla riscossione coattiva muniti di partita IVA); o ancora, il licenziamento può essere giustificato dal motivo oggettivo derivante da una riorganizzazione aziendale imposta dalla necessità di contenere i costi attraverso il ricorso a servizi offerti in outsourcing (tipicamente l'affidamento a terzi della gestione e dello sviluppo del sistema informativo e contabile).

Tra le circostanze individuate dal datore di lavoro come un valido motivo di risoluzione del rapporto si fanno rientrare quelle in cui, pur essendo incolpevole sotto il profilo giuslavoristico, il lavoratore non riesce ad adempiere ai propri obblighi contrattuali (classico esempio è una assenza dal lavoro per malattia protrattasi oltre i limiti temporali di comporto previsti dalla contrattazione collettiva, oppure che determini una sopraggiunta inidoneità allo svolgimento delle mansioni al lavoratore assegnate).

Procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e impugnazione da parte del lavoratore

La legge Fornero (ricordate Elsa, la piagnucolosa ministra del disastroso governo Monti?) prevede che, nel caso di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze più di quindici lavoratori nella stessa unità produttiva o nello stesso Comune o comunque più di sessanta complessivamente, debba seguire una specifica procedura.

Per valutare appieno la portata perniciosa, nei confronti dei lavoratori, delle norme messe a punto dalla professoressa titolare del dicastero del lavoro e delle politiche sociali, basterà ricordare che prima del 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della legge 92/2012 che porta il suo nome) la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dovuto a soppressione di posto di lavoro, era rigorosamente legata alla impossibilità di adibire il lavoratore ad altre posizioni lavorative, purché esistenti e non coperte da altri e purché le relative mansioni fossero equivalenti o addirittura inferiori.

In pratica, prima di formalizzare il recesso dal contratto, il titolare dell'azienda deve inviare alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e, per conoscenza, al lavoratore stesso, una comunicazione in forma scritta in cui siano indicati l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo, gli specifici motivi alla base del licenziamento e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.

Una volta che gli è stato comunicato il licenziamento, il lavoratore ha il diritto di impugnarlo, entro sessanta giorni, anche attraverso un'organizzazione sindacale cui egli aderisca o abbia conferito mandato: entro il termine di centottanta giorni dalla data di impugnazione può poi procedere in via amministrativa, presentando formale istanza di conciliazione, oppure in via giudiziale, ricorrendo al giudice del lavoro presso il Tribunale territorialmente competente.

Motivi di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Le cause di nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, rilevabili in sede giudiziale, sono quelle riconducibili a discriminazione, indipendentemente dal motivo formalmente addotto (razza, religione, etnia, appartenenza politica ecc.) e indipendentemente dal numero di dipendenti occupati dall'azienda e dalla qualifica del lavoratore (la nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto a discriminazione si applica anche ai dirigenti).

E' nullo, altresì, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo quando sia stato intimato alla lavoratrice che abbia contratto matrimonio nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni fino ad a un anno dopo la celebrazione stessa del matrimonio, oppure quando il licenziamento sia stato intimato nel periodo intercorrente fra l'inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del neonato.

Ancora, è affetto da nullità il licenziamento per giustificato motivo oggettivo quando il giudice adito rileva mancanza o carenza di motivazione nella comunicazione preventiva e nella lettera di licenziamento; l'omesso rispetto delle procedure di legge; la mancata giustificazione del licenziamento per sopraggiunta inidoneità fisica o psichica del lavoratore assunto in forza della legge sul collocamento dei disabili; il mancato superamento dei limiti temporali di comporto per la conservazione del posto di lavoro in caso di malattia od infortunio.

Naturalmente, è viziato da nullità anche il licenziamento per giustificato motivo oggettivo qualora venga riscontrata la manifesta insussistenza della circostanza, qualunque essa sia, posta a base del provvedimento.

Conseguenze della nullità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo

In conseguenza alla nullità del licenziamento in base a giustificato motivo oggettivo, rilevata dal giudice limitatamente ai casi di discriminazione, matrimonio e maternità, mancanza o carenza di motivazione nella comunicazione preventiva e nella lettera di licenziamento; omesso rispetto delle procedure di legge, mancata giustificazione del licenziamento per sopraggiunta inidoneità fisica o psichica del lavoratore assunto in forza della legge sul collocamento dei disabili nonché mancato superamento dei limiti temporali di comporto per la conservazione del posto di lavoro in caso di malattia od infortunio, il datore di lavoro sarà condannato a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e a risarcire il danno da questi subito con un’indennità commisurata all'ultima retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e comunque non inferiore a cinque mensilità della retribuzione. Inoltre, il datore di lavoro sarà obbligato a versare i contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione.

In sostituzione della reintegrazione il lavoratore potrà chiedere al datore di lavoro, entro trenta giorni dal deposito della sentenza o dall'invito a riprendere servizio, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione, alla quale si aggiunge peraltro il diritto a percepire il risarcimento del danno nell'identica misura appena indicata.

Qualora, invece, il giudice rilevi che nella comunicazione preventiva e/o nella lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo sussistano omissioni procedurali o carenze di motivazione successivamente sanate dal datore di lavoro, verrà comunque dichiarato giudizialmente risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento, mentre l'azienda sarà condannata al versamento, in favore del lavoratore licenziato, di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione.

Se viene dimostrata l'inesistenza degli estremi del giustificato motivo oggettivo il giudice dichiarerà risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condannerà il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione.

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo di lavoratori che siano anche rappresentanti sindacali, il giudice, una volta valutata l'irrilevanza o l'insufficienza degli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, potrà disporre l'immediata reintegrazione del licenziato nel posto di lavoro.

1 Settembre 2015 · Tullio Solinas


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