Le virtù ed i vizi del social lending

Cosa è il social lending

Il termine “social lending”, o in italiano prestito sociale è un ottimo prodotto di marketing: ammanta di un alone “equo e solidale” un modello di business ed una finalità che è quanto di più capitalista si possa concepire: un mercato finanziario dove ognuno possa diventare qualcosa di simile ad un banchiere, ma dove ne deve sopportare integralmente il rischio. Pedaggio necessario, temiamo, in un continente reso prospero e libero dal capitalismo, ma che non lo ha mai amato o rispettato.

La funzione delle società di social lending è infatti quella di promuovere un mercato finanziario, di cui esse forniscono le infrastrutture per un efficace funzionamento.

In questo, sono simili alle Borse e alle società di custodia, più che alle banche: sono aziende che hanno costruito e gestiscono sistemi di regolamento di transazioni concordate da altri. Le società che gestiscono il social lending nel nostro Paese sono anch’esse delle società finanziarie, debitamente regolate dalla Banca d'Italia.

Il problema è che la vigilanza della banca d’Italia appare stavolta maldiretta: crea problemi allo sviluppo del settore, senza mitigarne i rischi più evidenti.

I vantaggi del social lending

I vantaggi del social lending sono evidenti e potenzialmente enormi: potrebbero portare, nel campo dei crediti personali, la stessa rivoluzione compiuta dalla rinascita di un robusto mercato dei capitali indipendente dall'intermediazione bancaria, da sempre in grado di distorcere l’allocazione delle risorse in favore di settori od elementi “favoriti” dal potente di turno: un sistema inefficiente, oltre che tendenzialmente costoso.

L’assunzione individuale di un ruolo di responsabilità economica sarebbe una gradita novità in Italia, nazione i cui risparmiatori sono sempre stati trattati da parte delle autorità come dei casi disperati, strutturalmente incapaci di prendere decisioni adulte con ili proprio denaro: l’esperienza da capitalisti potrebbe, forse, ridurre lo stigma. Insieme ai vantaggi, tuttavia, troviamo i rischi.

I VIZI DEL SOCIAL LENDING

In primo luogo, il rischio di credito vero e proprio: qui non si depositano i soldi in banca, si prestano somme a persone che potrebbero non restituirle. Un punto importante è che la società online (Zopa, ad esempio) non si interpone fra creditori e debitori e quindi non garantisce il rimborso : il debitore non deve del denaro a Zopa, Boober o prestiamoci.it, ma sempre direttamente ai singoli creditori.

A sua volta, chi investe non vanta un credito nei confronti della società online, ma delle persone a cui ha prestato denaro. Anche dopo l’intervento della società di recupero crediti, potrebbe volerci del tempo per vedersi restituire il poprio capitale. Il nove per cento comincia, improvvisamente, a non sembrare così invitante?

Per risolvere il problema, si possono chiedere garanzie, reali o personali, ma la complessità delle transazioni inevitabilmente aumenta. O in generale, giova ricordarlo, l’investitore diventa, in piccolo, un banchiere: con tutti i vantaggi, ma anche con buona parte dei grattacapi del ruolo. Esiste poi un altro problema.

L’appartenenza a società conosciute o la solidità degli sponsor della società di social lending è importante e viene spesso dimenticata, quando si discute dei rischi e delle opportunità del social lending. E’ invece rilevante, per un semplice motivo: queste società s’incaricano di gestire il flusso di pagamenti e se non ci sono loro, i prestatori dovranno andare personalmente a caccia dei debitori, recuperare la contrattualistica che regola i loro rapporti con essi e rimettere in piedi l’intera infrastruttura.

Sembra un evento remoto? In Italia, certamente: tutti i siti citati sono gestiti da professionisti con ua solida reputazione nel proprio rispettivo campo, sia esso la finanza o l’IT. Non è così altrove: il Boober originale, olandese, sembra essere collassato a metà giugno; creditori e debitori non hanno più accesso ai fondi e non riescono più ad accedere ai database, con risultati devastanti. E qui si osserva il paradosso della vigilanza di Banca d'Italia, che ha sanzionato forse troppo drasticamente Zopa.it per un peccato probabilmente veniale, ma che poco potrebbe fare contro il vero problema : la scomparsa del sito Web e dei database contenenti i dati necessari per mandare avanti il meccanismo del social lending.

22 Agosto 2013 · Carla Benvenuto


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