La parentopoli siciliana tra assunzioni e gratifiche – Il dott. Brunetta non le pubblica le liste di figli, nipoti, clienti e concubine? Non si occupa di questi scandali nella PA? Qualche visitina di controllo no, eh?

E' anche peggio di quando Totò spartiva il bottino fra i suoi clienti. Duecento euro a chi allevava una capra "girgentana" (agrigentina) e 500 a chi accudiva in giardino un asino pantesco (di Pantelleria), un contributo "per la lotta mondiale contro l'inquinamento" a chi viaggiava in nave, 12 euro per ogni chilo di manna tirata giù dall'albero. L'ultimo assalto alla Regione è più sfacciato. Ci sono di mezzo i parenti. Tanti. E' così che don Raffaele sta già oscurando la fama del suo predecessore sopraffatto da una velenosa guantiera di cannoli.

E' un arrembaggio. Più fratelli e cugini e più figli. E più nipoti e più compari. Non c'è più soltanto Palermo (dove Cuffaro ha il suo quartiere generale) ma c'è anche Catania (dove il boss dei boss è Lombardo) e - chissà come - in Sicilia ci saranno pure più soldi. Quelle che tecnicamente vengono definite le "risorse della nuova programmazione" sono in sostanza 6 miliardi e mezzo di euro che pioveranno sull'isola da qui alla primavera del 2013. Alla Regione si preparano a un altro grande banchetto. Con un condottiero che pubblicamente promette rigore e regole ma poi fa sempre finta di niente.

A parole annuncia rivoluzioni nella spaventosa macchina burocratica e intanto lascia i soliti noti ai loro posti, giura di ridurre da 26 a 12 le società regionali e invece non taglia mai nulla, in nome della trasparenza sceglie come assessori due noti magistrati e poi però il suo governo scivola ancora nella vergogna dei familiari più intimi assunti per chiamata diretta. Alla muta muta - zitto zitto come si dice in Sicilia - Raffaele Lombardo è in corsa per battere tutti i record nella Sicilia delle abbuffate.

Nella Regione che per la sua Sanità spende 8,5 miliardi di euro (il 30% in più della Finlandia, ha fatto notare a luglio la Corte dei Conti) tutto è come prima e più sconcio di prima. A pochi mesi dalla sua incoronazione il nuovo governatore sembra stia diventando un altro Cuffaro più smoderato di Cuffaro. Lo scandalo è diventato scandalo con Giuliana, la figlia di Giovanni Ilarda, il giudice che don Raffaele ha messo all'assessorato al Personale. Ma la lista di quei cognomi eccellenti assunti in Regione è infinita. Quelli che hanno una parentela molto stretta e gli altri, cognati, nuore, ex autisti, ex deputati "trombati".

Si comincia con Piero Cammarata, primogenito di Diego, sindaco di Palermo, e si finisce con una Misuraca (parlamentare di Forza Italia) e uno Scoma (assessore di Lombardo), con un Davola (ex autista di Gianfranco Micciché) e con un Mineo (figlio di un deputato regionale). Quasi tutti sono negli staff degli assessori. Come Rosanna Schifani, sorella di Renato, presidente del Senato della Repubblica. Era già dipendente della Regione, assunta per concorso nel '91, poi è stata "chiamata" dall'assessore alla Famiglia Francesco Scoma. O come Viviana Buscaglia, cugina del ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano. La signora, un'"esterna", è nello staff dell'assessore all'Agricoltura Giovanni La Via. L'elenco di chi si piazza lì dentro con un cognome che conta mese dopo mese è sempre lungo.

Ogni assessore può avere 25 collaboratori fra segreteria particolare e segreteria tecnica, un terzo di loro arriva da fuori l'amministrazione. Così fan tutti. Pagando ciascuno degli 8 prescelti come dirigente 41.807 euro lordi più un'indennità di 7.747 euro e un'altra di 23.500. Come minimo, i fortunati che entrano in uno staff, portano a casa 70 mila euro. Gli uffici di gabinetto si trasformano in vere e proprie segreterie politiche.

Come quella dell'assessore ai Beni Culturali Antonello Antinoro dell'Udc. Ha chiamato vicino a sé: Giovanni Antinoro (non parente) che era l'autista di Cuffaro; Domenico Di Carlo, segretario del braccio destro di Cuffaro, Saverio Romano; Vito Raso, amico di Cuffaro; Gianni Borrelli, ex candidato Udc amico di Cuffaro e dello stesso assessore Antinoro. Lo chiamano staff ma è una tribù.

Rispetto a tutti gli altri 21 mila dipendenti regionali quelli degli staff non firmano il cartellino, hanno un rapporto solo con il loro capo - l'assessore - e tanto per gradire per gli interni un'altra indennità annua dai 7 ai 15 mila euro.

E se nei "felicissimi" di Totò Cuffaro sembrava che non ci fossero limiti al limite, l'esordio come governatore di don Raffaele è stato segnato da nuovi aumenti per 72 onorevoli su 90. Il parlamento ha voluto altre tre commissioni, altri "gettoni", altri incarichi e gratifiche da aggiungere ai 19 mila euro lordi di stipendio per ogni parlamentare. Totale delle spese in più per le tre nuove commissioni: 200 mila euro. Nelle stesse settimane del bonus per gli onorevoli, tutti i dirigenti dei vari assessorati sono stati valutati e promossi. Il minimo in "pagella" era un punteggio di 70, tutti sono andati oltre il 90. Dai 3 ai 15 mila euro in più per ogni burocrate.

"Il mio governo è già impegnato a tagliare gli sprechi", aveva solennemente giurato don Raffaele nel giorno del suo insediamento.

Numeri e nomi raccontano come sono andate le cose. A giugno il governatore aveva proclamato che avrebbe finalmente messo mano alle 25 società collegate alla Regione, 3.546 precari poi stabilizzati e in pratica tutti amici di amici, un bel po' di altri parenti di eccellenti siciliani, tutti entrati senza concorso. A luglio e a settembre ha ripetuto il proclama. Le 25 società sono sempre lì, una dependance della Regione Sicilia che conta quasi gli stessi impiegati che ha la Regione Lombardia.

Sulla carta si occupano di tutto. Trasporti. Informatizzazione. Patrimonio artistico. Qualche mese fa una società ha pubblicato un avviso per comunicare l'assunzione da parte di un'altra società di 38 ingegneri. Il nome dell'altra società è stato tenuto segreto "per motivi di privacy". Poi si è scoperto che era la Sicilia e-innovazione, una struttura che gestisce almeno 300 milioni di fondi europei e statali. Ma Lombardo non prende decisioni. Parla, parla ma non si mette mai contro nessuno. Immobile come una statua, assiste alle scorrerie nel gorgo di Palermo.

24 Settembre 2008 · Patrizio Oliva




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2 risposte a “La parentopoli siciliana tra assunzioni e gratifiche – Il dott. Brunetta non le pubblica le liste di figli, nipoti, clienti e concubine? Non si occupa di questi scandali nella PA? Qualche visitina di controllo no, eh?”

  1. Marino Niola ha detto:

    E se la democrazia contemporanea fosse un’inedita combinazione di seduzione e politica, di potere e corpo? Ingredienti antichi che la civiltà dell’immagine spara all’ennesima potenza? Potrebbe essere un’ulteriore risposta alla domanda posta, su questo giornale, da Edmondo Berselli sulle radici antropologiche del consenso che premia il format politico di Silvio Berlusconi.

    In realtà, proprio perché ridotta a format, l’offerta politica contemporanea fa riaffiorare arcaismi, simbolismi, mitologie che appartengono agli strati più remoti della rappresentazione del potere. Quelli che chiamano in causa le sue forme elementari: dall’aspetto fisico alla forza alla bellezza. Ovviamente tradotte e amplificate dalla potenza della comunicazione che trasforma i corpi in carne e ossa in figure immateriali, in icone mediatiche, in multipli elettronici ad altissima definizione.

    Il berlusconismo incarna appieno questo modello di azione e di comunicazione politiche fatto di continui lanci che usano un advertising estremamente complesso per produrre messaggi estremamente semplici. O meglio semplificati. E proprio per questo ancor più seducenti. Proprio come quegli spot pubblicitari che persuadono con la bellezza delle immagini e con il richiamo quasi archetipico di certi simboli, forme, colori. Facendo quasi dimenticare le caratteristiche del prodotto, spostando l’attenzione dagli oggetti ai soggetti della comunicazione, dalla commedia agli attori. Non è un caso che la strategia politica del Cavaliere sia sempre stata centrata sulla capacità di piacere, di affabulare, di attrarre, di fare simpatia. E soprattutto sull’esibizione del corpo come strumento di persuasione: il suo corpo e quello degli altri. Dai figli ai nipotini, dagli atleti alle bellezze della galassia televisiva che hanno contribuito a costruire il suo profilo di leader. Che diventano manifestazioni di un unico potere capace di assumere i volti e le sembianze più diversi. Così le sue creature politiche sono in realtà i volti giovani e belli di un’immagine che si rigenera. Un lifting simbolico che ha nell’appeal l’arma principale della sua persuasione. Lo strumento di una seduzione a trecentosessanta gradi, che fa del desiderio il vero basic istinct della politica, il primo motore degli interessi e delle passioni. Così l’istanza estetica prende surrettiziamente il posto di quella etica. Mentre le immagini e le parole prevalgono sui fatti. È l’apoteosi della seduzione nel senso vero della parola latina seducere. Che non significa tanto e solo attrarre quanto distrarre, sviare, far pensare ad altro.

    Con l’effetto di mobilitare continuamente il corpo sociale in ogni sua parte, con una effervescente sovraesposizione del fare, impegnando l’attenzione su temi di sicuro impatto scelti ad arte. Sfondando porte già aperte in un senso comune che non aspetta che di veder confermate le sue ansie, i suoi timori, le sue aspettative, le sue ricette abbreviate. La fine della prostituzione per le strade, il ritorno alla maestra unica, la lotta ai fannulloni. Ipotesi di avvenire costruite con rassicuranti frammenti di passato, che ci consola nell’illusione nostalgica del tempo ritrovato. Temi che creano unanimità, o meglio unanimismo, che è poi la forma di condivisione tipica del nostro individualismo di massa. In cui il sentire comune non si forma più nel confronto con gli altri ma conformandosi al format. Facendosi a sua immagine e somiglianza. Proprio perché siamo più soli, e dunque più insicuri, chiediamo alla politica di semplificarci la vita sostituendo alla complessità labirintica di una realtà sfuggente, che non sappiamo da che parte impugnare, dei modelli ridotti e dei simboli elementari.

    E cosa c’è di più elementare, dal punto di vista simbolico, del corpo e dell’apparenza? Non è un caso, allora, che la politica d’immagine contemporanea riporti il corpo al centro della rappresentazione del potere. Naturalmente non stiamo parlando del corpo fisico, né del corpo singolo, ma di un corpo iconico e proteiforme che si moltiplica grazie ai suoi multipli e ai suoi doppi che ne amplificano l’immagine e ne prolungano l’eco adattandola alle diverse domande, alle attese particolari. Un’offerta profilata per una domanda personalizzata. Risultato una seduzione consensuale.

    È questa la condizione ottimale per la vendita del prodotto-politica che oggi premia un marketing del consenso capace di coniugare gli aspetti più arcaici, quasi etologici, del potere con le più avvertite tecnologie del consenso, con le più sofisticate strategie d’immagine. È quasi naturale che donne giovani e belle diventino ministre, e che il potere sia circondato da uno scintillio glamour che fa da specchio al narcisismo di massa e indora le pillole che ci tocca inghiottire. Non è una semplice velinizzazione della politica, né tantomeno il risultato di uno scambio di favori. Ma qualcosa di molto più profondo, nella sua superficialità. Perché la giovinezza e la bellezza sono due password del presente e al tempo stesso sono da sempre il nucleo sorgivo della rappresentazione del potere che, come insegna Hobbes, nasce nel corpo e dal corpo. Secondo il fondatore del pensiero politico moderno i cosiddetti poteri naturali, come la forza, la bellezza, la seduzione, la capacità di persuasione sono la cellula primigenia della politica. Che non è altro che la trasformazione di qualità, misure e proporzioni fisiche in qualità, misure e proporzioni sociali: in entrambi i casi è questione di costituzioni.

    Questa semplificazione mediatica della politica – una sorta di naturalizzazione simbolica – non può che servirsi di modelli di azione e di spiegazione altrettanto riduttivi. E proprio per questo efficaci, sul piano della comunicazione prima ancora che su quello della soluzione dei problemi, ancora tutto da verificare.

    Nietzsche diceva che per conquistare il consenso delle moltitudini un capo deve ridurre il ruolo della politica a una recita grossolana e semplicistica. Almeno in apparenza. E proprio in questa apparenza sta, per il momento, la forza del Cavaliere.

  2. roberto ha detto:

    Peccato che il concorso organizzato dal nano 2 riguardava solo vignette satirico-umoristiche.

    Se avessero potuto partecipare anche le foto, quella riportata in questo articolo avrebbe vinto sicuramente.

    Per umorismo e sarcasmo certamente. Eppo la foto rende il giusto senso del ridicolo per questo “mezzo” uomo in cerca di visibilità e clamore con la sua caccia ai fannulloni.

    Veramente patetico!

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