La macellazione delle Autorità

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Le nomine all'antitrust suscitano indignazione: hanno sancito che il termine professionalità è svuotato di ogni significato. E dobbiamo chiederci come le istituzioni di questo paese possono essere difese da interpretazioni sconcertanti delle norme.

Se non fosse per i diversi messaggi che tanti colleghi mi hanno inviato, forse non interverrei sulla vicenda delle nomine alla commissione antitrust. Pensavo che ormai l’assuefazione alla decadenza di questo paese fosse totale. Invece no.

E’ indignazione giustificata? Vediamo intanto cosa dice la legge (la 287 del 1990, che istituisce la Autorità antitrust): "I quattro membri sono scelti tra persone di notoria indipendenza da individuarsi tra magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti o della Corte di cassazione, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche, e personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità."

L’interpretazione dei presidenti della Camera e del Senato è effettivamente straordinaria.
Sulla indipendenza di Antonio Pilati si è già scritto tanto – non ho molto da aggiungere. I suoi più noti meriti professionali fanno riferimento alla sua esperienza come membro della tanto vituperata Autorità delle comunicazioni. Partendo da lì, perché non andare all'Autorità antitrust? Si noti che mentre la Legge 249 del 1997 che istituisce l’Autorità delle comunicazioni non richiede ai suoi membri alcun tipo di indipendenza (sono nomine dichiaratamente politiche) la 287 del 1990 prevede qualcosa in più (la "notoria indipendenza"). Ed è una differenza che purtroppo i Presidenti di Camera e Senato non hanno inteso cogliere. Passare da un’Autorità a un’altra sembra un passo normale. Se non fosse che l’Antitrust aveva finora mantenuto un profilo ben diverso, che le aveva guadagnato una rispettabilità di ben altro tipo.

Cosa significa "professionalità"?

Sulla nomina di Giorgio Guazzaloca vale invece la pena di dire di più. Si tratta di una persona rispettabile, che ha fatto politica ma in modo abbastanza "atipico" da non giustificare levate di scudi clamorose a riguardo, che ha lavorato come commerciante nel settore della macellazione dall'età di 15 anni. Poiché la legge dice che le esperienze in associazioni o amministrazioni politiche non contano (e spero sia vero…), non possiamo che rilevare che il suo cursus honorum scientifico e professionale si ferma qui.

Dai suoi curriculum che sono disponibili su internet, non si trova traccia di una laurea. Per carità, il mondo è pieno di persone degne e intelligenti che non hanno potuto studiare, ma il ruolo a cui è chiamato forse richiede qualche capacità di analisi ulteriore… E credo che neppure una laurea basterebbe a qualificare un eccellente commerciante come plausibile interlocutore dei maggiori studiosi – giuristi come economisti – che analizzano questi casi e cercano ad esempio di scoprire il sottile confine tra concorrenza leale e abuso di posizione dominante, o cercano di valutare in quali modi si può misurare se una fusione sarà capace di distorcere la concorrenza futura in un dato settore.

Lo sconcerto è profondo. Anche perché la cosa che non capisco – data questa nomina – è chi non ha titolo di entrare in queste Autorità. "Alta e riconosciuta professionalità" … un bravo falegname vale meno di un bravo commerciante di carni? E il giornalaio all'angolo è meno degno? La sua professionalità (nel campo della vendita di quotidiani) sarà pure elevatissima, ma il problema è che la professionalità in campo antitrust è tutta un’altra cosa.

La domanda centrale è allora questa: cosa significa "professionalità" ai fini di questa nomina? Quello che i Presidenti delle due Camere hanno implicitamente affermato è che basta avere acquisito una qualche professionalità in qualche settore per essere nominabili in questa Autorità. Saperne di antitrust e di macelleria sembra essere la stessa cosa.

La legge parla di "personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità". Pilati e Guazzaloca devono sostituire i due commissari uscenti, il prof. Michele Grillo, professore ordinario di Economia politica alla Università Cattolica di Milano, e il prof. Michele D’Alberti, professore ordinario di Diritto pubblico dell'economia all'Università "La Sapienza" di Roma. Per trovare colleghi "di livello" ai due membri restanti, Nicola Occhiocupo, già Rettore all'Università di Parma ove era ordinario di Diritto costituzionale, e Carlo Santagata de Castro, ordinario di Diritto bancario a Roma, ci voleva ben altro.

Un problema (aperto) di procedura

Questo solleva poi una questione istituzionale. La speranza del legislatore – il quale ha affidato tali nomine ai soli Presidenti delle Camere, senza neppure il vaglio di una Commissione parlamentare o senza prevedere procedure di appello – era che ci si potesse fidare dei Presidenti delle Camere per avere nomine di alto profilo. E’ evidente che tale fiducia era mal riposta. Come ci si appella a fronte di una decisione del genere? Probabilmente tramite il Tribunale amministrativo, ma se il punto di appoggio del ricorso è solo la lettera della legge 287, si richiederebbe al TAR di sposare una interpretazione differente da quella data dai Presidenti delle Camere… Allora forse servirebbe un intervento legislativo che specifichi meglio la norma, quanto meno il concetto di "professionalità" nel campo antitrust.

Si noti che la questione non riguarda tanto le nomine già effettuate, ma soprattutto il futuro, perché tra poco vedremo quale soluzione sarà proposta per la Presidenza della stessa Autorità antitrust. Il decoro delle istituzioni non può venire scosso ulteriormente, e se questa impostazione che manda i dilettanti allo sbaraglio dovesse essere confermata dalle nomine future, la questione su come le istituzioni possano essere difese deve essere posta molto seriamente. Prima delle prossime nomine.

di Carlo Scarpa da Lavoce.info

3 Gennaio 2005 · Antonio Scognamiglio




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