Insolvenza e regime economico patrimoniale di separazione beni

Insolvenza conclamata

Mio marito è artigiano serramentista da luglio 2010, quindi da meno di 1 anno e mezzo.

Non possiede nulla di suo, come veicolo usa persino in comodato d'uso la mia macchina, non ha attrezzature di valore, nè locali, nè altro.

Da Luglio 2010 ha già pagato circa 7000 euro tra INPS INAIL IVA ecc e ovviamente, agendo correttamente alla luce del sole (niente nero, per scelta), i soldi lo stato glieli chiede tutti in anticipo e sul presunto...

Per una leggerezza, ha mancato di pagare circa 4000 euro ad un fornitore a luglio 2011, e dopo numerosi ed inutili tentativi di fare capire al fornitore che appena fosse arrivato qualche lavoro avrebbe provveduto a versare degli acconti a storno del debito, il fornitore ha comunque passato la pratica al suo legale.

Oggi è arrivata una mail (che anticipa una racc. AR) che dice che se entro 7 gg dalla ricezione della mail non viene versata l'intera somma ancora dovuta (500 euro era riuscito a darglieli), maggiorata di interessi e spese e competenze iniziali avvocatizie, verrà dato inizio all'azione monitoria con aggravio di spese e oneri tutti a carico di mio marito.

Ovviamente siamo disperati: io lavoro da dipendente, per fortuna l'affitto, le rate della macchina e dell'asilo di nostro figlio cadono tutte su uno stipendio fisso... ma cosa può succedere a mio marito ?

Rischia una condanna penale per insolvenza ? Non c'è modo di accordarsi, tenendo conto che il lavoro dell'artigiano non è "a cadenza fissa" (per mesi può non vedere una lira)?

Per una somma di questo tipo e visto il breve periodo di insolvenza, penso che il fornitore avrebbe anche potuto avere ancora un pò di pazienza, ma ormai è fatta... adesso vorrei capire come aiutare mio marito.

Tenete presente che mio marito quando ha aperto l'attività aveva chiesto un prestito di 10mila euro in banca per pagare le prime tasse e il commercialista, prestito del quale io sono garante, quindi davvero ha iniziato senza il becco di un quattrino!

Insolvenza e regime patrimoniale

Intendo subito rassicurarla,suo marito non andrà in galera per debiti.

Dopo la buona, ecco però la cattiva notizia. In situazioni come quella che lei ci ha descritto è necessario che marito e moglie abbiano almeno un regime economico patrimoniale di separazione dei beni. Altrimenti lei rischia di vedersi pignorato un quinto dello stipendio per i debiti di suo marito (anche se il creditore avrebbe il difficile onere di dimostrare che i debiti sono stati da lei contratti per esigenze familiari).

Altra precauzione è quella di non avere conti correnti cointestati. Al marito debitore si concede al massimo, una delega a disporre ed operare sul conto corrente esclusivo della moglie non debitrice, in regime di separazione dei beni.

Ancora, in regime di separazione dei beni il creditore potrebbe sempre dimostrare che i debiti del marito sono stati assunti nell’interesse della famiglia. In tale evenienza il coniuge sarebbe comunque considerato coobbligato per il rimborso dei debiti del marito.

La soluzione giusta, se suo marito volesse proseguire in un’avventura che, di questi tempi, non ho alcun timore a definire proibitiva, è quella di procedere ad una separazione legale di tipo consensuale. Costa pochissimo e non richiede tempi eccessivi per la sua realizzazione.

In questo modo lei potrà utilizzare il suo stipendio per le esigenze dei figli e della famiglia, senza patire timori e stress per le eventuali alterne fortune del marito lavoratore autonomo.

Accade raramente che il creditore proceda al pignoramento dei beni presenti presso la residenza del debitore. Di solito il valore dei beni pignorati non copre le spese della procedura ed è quasi impossibile piazzare all'asta mobili ed elettrodomestici usati (almeno per ora - in futuro, visti i tempi che corrono, non è da escludere che le cose cambino). Per il futuro il suggerimento è quello di acquistare qualsiasi bene durevole destinato alla casa facendo intestare a lei la fattura.

Per finire, al creditore non interessano le vicende lavorative e familiari del suo debitore. Si rassegna ad un accordo stragiudiziale solo quando si rende conto che non c’è nulla da pignorare. E, dunque, l’unico modo per ottenere una transazione a saldo stralcio è quella di fargli capire, sempre se ciò è possibile, che non c’è trippa per gatti.

Un bluff come al gioco del poker, tanto per capirci.

Del resto questi “avvocati” (quasi operatori di contact center di recupero crediti) pretendono come spese ed onorari 500 euro almeno per ogni lettera preformattata che inviano (insomma 500 euro per il costo di una una raccomandata A/R). Ma non si lasci intimidire. Opponendosi ad un eventuale decreto ingiuntivo, il giudice falcidia le loro assurde parcelle che neanche un vero principe del foro oserebbe esigere. Se ha occasione di venire a contatto con una segretaria dello studio sedicente “avvocatizio” sarà bene trasmettergli chiaramente il messaggio …

In ogni caso ed indipendentemente dalle decisioni che lei intenderà adottare per il futuro (ma mi sembra anche superfluo aggiungerlo) il debito di cui lei è garante (i diecimila euro per finanziare l’attività di suo marito) bisognerà invece onorarlo, pena il sicuro pignoramento del quinto dello stipendio che lei percepisce.

26 Novembre 2012 · Chiara Nicolai


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