L’impignorabilità del minimo vitale si applica solo alla pensione e non allo stipendio

L'articolo 545 del codice di procedura civile prevede che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione (ma anche di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza) non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale (minimo vitale) aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dalla legge.

In pratica il minimo vitale impignorabile per le pensioni viene quantificato come corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale (minimo vitale) aumentato della metà.

Il Tribunale di Viterbo aveva sollevato questione di legittimità costituzionale sull'articolo 545 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede l'impignorabilità del minimo vitale anche al lavoratore stipendiato (o salariato).

Secondo i giudici del Tribunale viterbese, in pratica, si sarebbe dovuto estendere al pignoramento degli stipendi l'impignorabilità del minimo vitale allo scopo di garantire anche al lavoratore i mezzi indispensabili alle proprie, minimali, esigenze di vita.

La Consulta ha risposto ribadendo che il regime dei crediti pensionistici a quelli di lavoro non sono assimilabili e che dall’intangibilità della parte della pensione necessaria per assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del pensionato (minimo vitale) non discende automaticamente analoga conseguenza riguardo alle retribuzioni.

Per quanto attiene la pretesa illegittimità della norma perché inidonea a garantire al lavoratore i mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, i giudici della Corte Costituzionale hanno precisato che lo scopo dell’articolo 545 del codice di procedura civile è quello di contemperare la protezione del credito con l’esigenza del lavoratore di avere, attraverso una retribuzione congrua, un’esistenza libera e dignitosa. La facoltà di escutere il debitore non può essere sacrificata totalmente, anche se la privazione di una parte del salario è un sacrificio che può essere molto gravoso per il lavoratore scarsamente retribuito.

Né si può ritenere arbitraria la norma impugnata solo perché non ha incluso, anche per gli stipendi ed i salari più esigui, l'impignorabilità del minimo vitale. La scelta del criterio di limitazione della pignorabilità e l’entità di detta limitazione rientrano nel potere costituzionalmente insindacabile del legislatore.

In conclusione, l’assoggettamento della retribuzione, da qualsiasi lavoratore percepita, alla responsabilità patrimoniale quale “bene” sul quale qualsiasi creditore può, nei limiti di legge, soddisfarsi è conforme a Costituzione. Conseguentemente, va respinta la questione di legittimità costituzionale nella parte in cui non prevede l'impignorabilità della quota di retribuzione necessaria (minimo vitale) al mantenimento del lavoratore debitore (non pensionato) e della sua famiglia.

Quelli appena riportati sono, in sintesi, i contenuti della sentenza della Corte Costituzionale 248/15.

5 Dicembre 2015 · Patrizio Oliva


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