Il Tribunale di Milano blocca UBER

Il Tribunale di Milano ha inibito l'utilizzazione sul territorio nazionale dell'app denominata UBER POP

Il Tribunale di Milano ha inibito l'utilizzazione sul territorio nazionale dell'app denominata UBER POP e comunque la prestazione di un servizio in qualsiasi modo denominato e con qualsiasi mezzo promosso e diffuso - che organizzi, diffonda e promuova da parte di soggetti privi di autorizzazione amministrativa e/o di licenza un trasporto terzi dietro corrispettivo su richiesta del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta.

Secondo i giudici milanesi il servizio taxi si rivolge ad una utenza indifferenziata, prevede uno stazionamento in luogo pubblico, comporta tariffe e turnazioni di servizio predeterminate in via amministrativa e l'obbligatorietà della prestazione del servizio in favore della richiesta dell'utente.

Si tratta di soggetti operanti in un settore imprenditoriale privato che svolge un servizio pubblico in regime di licenza e il rilascio di tale autorizzazione da parte del comune competente presuppone la preventiva iscrizione del richiedente in un apposito ruolo provinciale dei conducenti di veicoli adibiti ad autoservizi pubblici non di linea. Tale iscrizione è condizionata dal possesso dello specifico certificato di abilitazione professionale rilasciato dall'Ufficio Provinciale della Motorizzazione civile a seguito di esame.

Il Codice della strada prevede sanzioni amministrative per chi svolge servizio pubblico di trasporto di persone senza licenza

Inoltre, il Codice della strada, nel differenziare i vari tipi di veicoli in base all'utilizzazione economica di essi, distingue l'uso privato del veicolo da quello in favore di terzi, intendendosi in tale seconda categoria il veicolo utilizzato, dietro corrispettivo, nell'interesse di persone diverse dall'intestatario della carta di circolazione.

Tra gli usi in favore di terzi è espressamente incluso il servizio di piazza (taxi) per trasporto di persone mentre in via generale l'utilizzazione di un veicolo per un uso diverso da quello indicato nella carta di circolazione è vietato ed assoggettato, ove si verifichi, a sanzione amministrativa.

In particolare l'art. 86 C.d.S. regola l'ipotesi in cui venga adibito un veicolo a servizio di piazza (taxi) senza il possesso della licenza prevista stabilendo, per tale circostanza, l'applicazione di una specifica sanzione amministrativa.

Il quadro così rapidamente tracciato - al quale devono essere aggiunti i singoli regolamenti comunali che stabiliscono i requisiti e le condizioni per il rilascio delle licenze, il numero delle stesse, le modalità di svolgimento del servizio e i criteri di determinazione delle tariffe - consente di rilevare con evidenza la sostanziale impossibilità che un servizio analogo a quello svolto dai taxi possa essere svolto da un soggetto privo di licenza.

Evidenti, a parere dei giudici milanesi, sono i anche profili di pubblico interesse che devono ritenersi a fondamento dell'intervento regolatore pubblico, ove si consideri che il servizio pubblico non di linea appare anch'esso rivolto a soddisfare - in via complementare e integrativa rispetto ai servizi di linea­ il pubblico interesse alla garanzia della mobilità, che impone la predisposizione di servizi resi in via indifferenziata alla comunità e con la necessaria continuità e regolarità in ogni luogo e momento della giornata.

Va garantita la sicurezza e l'integrità personale degli utenti che si affidano al servizio UBER POP

A ciò si aggiunga anche la necessità di garantire altresì la sicurezza e l'integrità personale degli utenti di tali servizi attraverso il controllo dei requisiti personali - di buona condotta e tecnici - dei soggetti privati ammessi alla licenza, della sicurezza tecnica dei veicoli a tal fine utilizzati (visite meccaniche di controllo periodiche) nonché della predisposizione di adeguate misure assicurative in caso di danni alla persona.

Ora, sebbene non vi siano elementi per affermare che gli autisti aderenti al sistema gestito mediante l'applicazione alla libera circolazione dei servizi contattino di loro iniziativa i potenziali clienti stazionando sulla pubblica via, tuttavia la richiesta di trasporto trasmessa dall'utente mediante l'app UBER POP oltre ad essere modalità tecnica già utilizzata dalle cooperative dei taxisti appare di fatto del tutto assimilabile al servizio di radio taxi da anni in uso diffuso in tutte le città.

Tramite tale applicazione l'utente richiede il servizio dal luogo in cui si trova - senza doversi spostare sulle aree di stazionamento predisposte - e l'autista più prossimo si reca a prelevare l'utente per iniziare il trasporto, così di fatto realizzandosi la medesima specifica modalità operativa che compone il servizio "su piazza" e che non può essere delimitato alla sola modalità di stazionamento su area pubblica ma esteso a tutte le forme di contatto tra autista ed utente in cui il trasporto individuale non origina- come nel servizio di noleggio con conducente- presso la sede del vettore.

Il servizio svolto dagli autisti associati a UBER POP è equivalente a quello dei taxi, ma è svolto senza vincoli

I giudici meneghini, inoltre, rilevano che non è possibile escludere che il servizio svolto da UBER POP possa essere equiparato a quello del servizio taxi in base alla circostanza che gli autisti associati ad UBER POP non siano vincolati a turni obbligatori ed all'onere di accettare tutte le richieste di trasporto ad essi rivolte dagli utenti.

In effetti tale tesi appare paradossale, ove si osservi che detti obblighi cui sono soggetti i titolari di licenza per servizio taxi costituiscono contropartita del fatto che il settore sia ad accesso regolato (numero di licenze predeterminate) e sono funzionali proprio al soddisfacimento dell'interesse pubblico a che l'utenza possa contare su di un servizio anche in periodi ed orari in cui la domanda è meno intensa.

Proprio il fatto di non essere titolari di licenza consente lo svolgimento del servizio evitando di essere soggetti agli oneri di legge, che tuttavia risultano di fatto fondanti la scelta legislativa di assoggettare tale specifico settore di attività di trasporto ad una regolamentazione amministrativa.

Né appare idonea a determinare una effettiva separazione dell'ambito dei consumatori di riferimento l'affermazione difensiva circa la destinazione di UBER POP a soggetti che non utilizzerebbero in nessun caso il servizio taxi.

Il servizio UBER POP integra concorrenza sleale

Tale affermazione è in sé priva di qualsiasi riscontro reale, mentre assume rilevanza al contrario il fatto obbiettivo che l'intento e l'effetto del servizio prestato è quello di offrire un'alternativa più economica al servizio taxi, e cioè di esaudire ad un prezzo minore la medesima esigenza di spostamento dell'utente da qualsiasi punto di partenza fino ad una destinazione da esso prescelta.

Ciò consente di ritenere in tutta evidenza che sussiste con certezza un'area di soggetti comunque interessati al risparmio sul prezzo della corsa di un taxi - che dunque possano essere sviati dall'utilizzazione del servizio pubblico - che consente anche in via potenziale di ritenere integrato il presupposto proprio dell'illecito concorrenziale relativo alla sostanziale comunanza tra le parti della platea dei consumatori, comunque rilevante anche se parziale.

Peraltro l'offerta del servizio UBER POP agli utenti viene svolta in maniera del tutto indifferenziata tramite la proposta di scaricare l'app né tale offerta risulta contraddistinta da alcuna delimitazione o caratterizzazione che ne circoscriva in partenza il pubblico di riferimento, sicché sostanzialmente il servizio viene poi effettivamente svolto in favore di chiunque scelga di avvalersene.

In buona sostanza la richiesta di iscrizione al servizio per gli utenti appare di fatto sostanzialmente finalizzata a dare corso al sistema di pagamento del trasporto mediante carta di credito.

Tali rilievi consentono dunque di confermare che la mancanza di titoli autorizzatori e l'operatività degli autisti di UBER POP al di fuori degli oneri imposti dal regime amministrato dell'attività comportano un effettivo vantaggio concorrenziale in capo alle società che gestiscono il servizio UBER POP e che concorrono nel loro insieme a definire un comportamento non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a determinare un indebito sviamento di clientela.

La mancata soggezione degli autisti UBER POP ai costi inerenti al servizio taxi consente pertanto l'applicazione di tariffe sensibilmente minori rispetto a quelle del servizio pubblico e non praticabili dal tassista.

L'illecito sviamento così determinato di fatto comporta dunque un'alterazione dell'adeguatezza del tariffario imposto ai tassisti in quanto modifica anche il quadro complessivo dei fattori economici che concorrono a determinarlo in concreto (aumento incontrollato dell'offerta) e determina altresì l'ulteriore profili di scorrettezza concorrenziale consistente nella sottrazione degli autisti UBER POP dagli altri oneri e limiti cui i tassisti sono vincolati (rispetto di turni prefissati anche in orari in cui la domanda è minore) e che incidono anch'essi sulla redditività dell'attività economica di questi ultimi.

Il servizio UBER POP non può paragonarsi ai servizi come il car sharing o il ride sharing

Il servizio UBER POP non può legittimamente paragonarsi a forme di condivisione di trasporto su strada come il car sharing e il ride sharing.

I servizi di car sharing e di ride sharing, già operativi da tempo, presuppongono che l'autista abbia un suo percorso personale da svolgere - sia in città per andare al lavoro che in occasione di un viaggio verso una specifica destinazione per motivi personali - e che chieda a terzi di condividere il medesimo percorso al fine di dividere le relative spese.

La differenza con il servizio UBER POP è palese, ove si osservi che l'autista in tali circostanze esegue il tragitto per un interesse proprio e che in genere le quote richieste ai partecipanti si riducono alla divisione del prezzo della benzina e dei pedaggi autostradali con conseguente inapplicabilità delle sanzioni previste dall'art. 82 C.d.S., non trattandosi di uso del veicolo nell'interesse di terzi; mentre nel servizio UBER POP l'autista non ha un interesse personale a raggiungere il luogo indicato dall'utente e, in assenza di alcuna richiesta, non darebbe luogo a tale spostamento.

Ciò sembra ingenerare per la verità anche un dubbio sull'effettiva attitudine di tale servizio a generare vantaggi alla collettività in termini di riduzione di inquinamento atmosferico e consumo energetico, posto che esso sembra al contrario stimolare l'uso di mezzi privati senza che rispetto a tale uso possano essere poste in essere misure di programmazione e regolazione generale della mobilità che sembrano unanimemente considerate come lo strumento principale di intervento nel settore del trasporto urbano e non.

La società che gestisce l'applicazione UBER POP incrementa il fenomeno dell'abusivismo

Tutte le considerazioni fin qui svolte inducono i giudici del Tribunale di Milano a ritenere che l'attività di trasporto urbano non di linea a richiesta di un utente non possano essere svolte che da soggetti titolari di licenza taxi (o di licenza di noleggio con conducente) e che l'autista che svolge tale servizio senza licenza è colui che pone in essere la condotta materiale vietata dal Codice della Strada e dalla normativa statale, regionale e comunale che regolano i servizi pubblici locali non di linea.

Tuttavia, il ruolo della società che gestisce l'applicazione informatica UBER POP, nella piena consapevolezza che gli autisti aderenti sono privi di qualsiasi licenza, appare essenziale per l'esistenza del servizio stesso e di fatto incidente sulla stessa organizzazione di esso, in misura tale da escludere che ci si trovi in presenza di un mero intermediario.

In effetti appare certo in primo luogo che la società che gestisce l'applicazione informatica UBER POP ha determinato un sostanziale incremento del fenomeno dell'abusivismo nel trasporto pubblico di persone. Nel senso che prima dell'introduzione di tale app i soggetti privi di licenza avevano un circoscritto perimetro di attività e di possibilità di contatto con gli utenti sostanzialmente a livello di contatto personale, mentre UBER POP consente in tutta evidenza un incremento nemmeno lontanamente paragonabile al numero di soggetti privi di licenza che si dedicano all'attività analoga a quella di un taxi e parallelamente un'analoga maggiore possibilità di contatto con la potenziale utenza, così determinando un vero e proprio salto di qualità nell'incrementare e sviluppare il fenomeno dell'abusivismo.

Se dunque l'apporto al settore di tale app appare di fatto decisiva rispetto alla stessa esistenza del fenomeno in questione, deve altresì darsi rilievo allo stimolo che essa fornisce alla diffusione di autisti privi di licenza promuovendone il reclutamento principalmente presso soggetti che mai avevano svolto tale attività, alla piena consapevolezza della mancanza di titoli autorizzativi in capo ad essi - desumibile dal fatto che tra i requisiti richiesti agli aspiranti autisti non compare la menzione di tale requisito e i dati rilevabili dalla carta di circolazione del veicolo mostrano la destinazione di esso ad uso proprio o ad uso di terzi- nonché alla complessiva attività di incasso e pagamento che si attua tramite l'intervento attivo della società che gestisce il servizio che predispone anche le tariffe e - soprattutto - le variazioni di tale tariffe.

Il complesso di tali attività oltrepassa l'ambito di operatività di un mero intermediario e involge aspetti direttamente organizzativi e propulsivi del servizio in questione - tanto da doversi approfondire, a parere dei giudici di Milano, anche se il ruolo ricoperto dai responsabili di UBER POP possa in realtà inquadrarsi in quello di vettore anche a prescindere dalle statuizioni contrattuali predisposte - e soprattutto esso appare rilevante sul piano dell'illecito concorrenziale in quanto, proprio perché l'applicazione informatica in questione ha di fatto consentito la nascita o comunque un improvviso ed esteso ampliamento di comportamenti non consentiti dalla legislazione nazionale, la sua predisposizione ed utilizzazione apporta un contributo essenziale e insostituibile allo sviluppo di condotte illecite, idonee ad incidere sul mercato in danno dei taxisti.

In conclusione devono essere emessi provvedimenti di inibitoria che investono sia l'utilizzazione sul territorio nazionale dell'app denominata UBER POP sia il servizio - comunque denominato e con qualsiasi mezzo promosso e diffuso - che organizzi, diffonda e promuova un servizio di trasporto terzi dietro corrispettivo su richiesta del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta.

25 Giugno 2015 · Patrizio Oliva


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