Il consolidamento dei debiti

Il consolidamento dei debiti per lavoratori (o pensionati) e cattivi pagatori (iscritti alla CRIF) in ultima istanza (in assenza di soggetti che possano garantire per loro)

Ecco una breve panoramica sulle opportunità di consolidamento debiti per lavoratori (o pensionati) cattivi pagatori (iscritti alla CRIF) in ultima istanza (in assenza di soggetti che possano garantire per loro).

Il consolidamento debiti, a cui ci si riferisce anche con i termini ristrutturazione debiti o rifinanziamento debiti, consiste essenzialmente in una operazione finalizzata a:

  1. sostituire i diversi soggetti con cui si risulta indebitati (finanziarie e/o banche e/o società di recupero crediti e/o agenzie erariali di riscossione) con un unico creditore;
  2. accorpare tutti i debiti in quello che indicheremo, appunto, come debito consolidato, ristrutturato o rifinanziato;
  3. conseguire un allungamento della durata del piano di ammortamento del debito consolidato rispetto al tempo massimo di rientro previsto dai finanziamenti in essere o dalle obbligazioni intervenute prima della ristrutturazione debiti;
  4. corrispondere, per il debito consolidato, un importo mensile minore della somma delle rate relative all'esposizione debitoria complessiva non ancora rifinanziata;
  5. corrispondere, per il debito consolidato, rate mensili al posto degli importi in un'unica soluzione eventualmente previsti delle obbligazioni assunte o determinatesi prima della ristrutturazione;
  6. ottenere un miglioramento delle condizioni di rifinanziamento rispetto a quelle che caratterizzano il debito in esercizio prima della ristrutturazione;
  7. ricavare ulteriore liquidità al netto del debito consolidato residuale.

Gli strumenti disponibili per procedere al consolidamento debiti sono:

  1. il prestito personale;
  2. la cessione del quinto dello stipendio o della pensione;
  3. il prestito cambializzato;
  4. il prestito vitalizio ipotecario;
  5. la delegazione di pagamento;
  6. l'accensione di un mutuo finalizzata al consolidamento debiti;
  7. la sostituzione del mutuo finalizzata al consolidamento debiti.

Consolidamento debiti per cattivi pagatori in ultima istanza

Adesso vogliamo però occuparci dei cattivi pagatori (si faccia riferimento a questo articolo per la definizione di cattivo pagatore).

Ad un cattivo pagatore, icritto alla CRIF, è per definizione precluso l'accesso al prestito personale.

Pertanto dobbiamo necessariamente ipotizzare che sul prestito personale non sia possibile fare affidamento.

Il merito creditizio, e quindi il presupposto della non iscrizione a banche dati di cattivi pagatori (CRIF) è poi condizione necessaria per poter fruire anche di altre opzioni di credito quali l'accensione di un mutuo o la sostituzione del mutuo (con erogazione di liquidità aggiuntiva) finalizzate al consolidamento debiti.

Pertanto, se sono un cattivo pagatore, anche queste strade mi sono precluse.

Come lavoratore dipendente o pensionato, anche se cattivo pagatore, potrei chiedere allora la cessione del quinto rispettivamente dello stipendio o della pensione.

Per il creditore, infatti, c'è la garanzia dello stipendio, di una polizza assicurativa (in caso di licenziamento per motivi non riconducibili alla giusta causa o per premorienza del debitore) e, per i lavoratori dipendenti in attività, anche del TFR (se non è già andato ai fondi per la previdenza integrativa).

Addirittura, rispondendo al quesito del nostro lettore, possiamo dire che la cessione del quinto non è l'unica soluzione di consolidamento del debito per cattivi pagatori in ultima istanza.

In pratica, se abbiamo già ceduto il quinto dello stipendio o della pensione - e queste sono allora risorse a cui non possiamo più attingere - abbiamo anche altre opzioni.

Ci resta infatti, sempre nell'ipotesi di essere un lavoratore dipendente e cattivo pagatore, la delegazione di pagamento, che, come sappiamo, è una forma di prestito complementare alla cessione del quinto dello stipendio studiata apposta per integrare una preesistente cessione del quinto ancora in corso di ammortamento (diciamo, senza inutili giri di parole, che si tratta di una formula elusiva delle leggi che mirano ad evitare situazioni di sovraindebitamento).

Ma, supponiamo di avere già utilizzato anche la delegazione di pagamento. Cioè ci siamo "sparati", e da un pezzo, pure questa possibilità.

Il trattamento di fine rapporto come strumento per consolidare i debiti

Fermiamoci, solo per un attimo, per fare il punto della situazione: dunque, sono un lavoratore dipendente, o pensionato, e cattivo pagatore in ultima istanza.

In questa ipotesi:

a) non posso ottenere prestiti personali;

b) non posso accendere un mutuo dando in garanzia la casa di proprietà che non è ipotecata;

c) non posso sostituire il mutuo esistente sulla casa di proprietà gravata da ipoteca iscritta per un valore molto inferiore al valore effettivo dell'immobile. Ottenendo liquidità aggiuntiva;

d) ho già fruito sia della cessione del quinto dello stipendio o della pensione;

e) ho già fatto ricorso alla delegazione di pagamento.

In più, oltre ad essere un cattivo pagatore in ultima istanza, aggiungiamo pure che non sono in grado di presentare, al nuovo creditore unico, qualcuno che possa prestare garanzie adeguate a mio favore.

Bene, anzi male. Qui le strade del lavoratore dipendente e del pensionato si dividono necessariamente.

La discriminante fra le due categorie è la presunta esistenza di un capitale maturato per il Trattamento di Fine Rapporto.

E per definizione il pensionato non è più in grado di proporre questa forma di garanzia. Ma, come vedremo, ci sarà la possibilità di ultima istanza anche per il pensionato cattivo pagatore fatta salva, ovviamente, una qualche forma di congrua garanzia.

Per generalizzare la questione, possiamo adesso equiparare il lavoratore dipendente, cattivo pagatore, con l'unica garanzia rappresentata dal TFR, al lavoratore autonomo, artigiano, libero professionista o commerciante, sempre cattivo pagatore e orfano di garanti, titolare di una assicurazione vita, non pura, ma ad accumulo e restituzione di capitale minimo garantito.

Abbiamo allora completato il profilo generalizzato di lavoratore (dipendente o autonomo e quindi libero professionista, commerciante o artigiano) cattivo pagatore (niente prestiti personali) in ultima istanza (cui è precluso l'accesso a cessioni di quinto o a delegazioni di pagamento se dipendente, o impossibilitato ad effettuare accensione o sostituzione di mutuo ipotecario in ogni caso) e, per finire, senza garanti.

Il prestito cambializzato per il consolidamento dei debiti

Per un lavoratore in attività, che risulti essere cattivo pagatore, senza garanti, con l'unica garanzia di TFR (se dipendente) o di assicurazione vita ad accumulo e restituzione (se autonomo) l'ultima istanza è rappresentata dal prestito cambializzato.

Il prestito cambializzato, è in sintesi, una forma di finanziamento a tasso fisso e rata costante, rimborsabile tramite cambiali a scadenza mensile.

Ma, attenzione al rischio insito nel ricorso al prestito cambializzato.

Nel caso in cui, per una qualsiasi motivazione, non siete più in grado di pagare le rate (cioè le cambiali) il creditore non deve necessariamente chiedere al giudice un decreto ingiuntivo, ma può procedere al pignoramento di beni mobili ed immobili del debitore con un semplice precetto.

Per illustrare la differenza fra le due diverse procedure giudiziali (decreto ingiuntivo+precetto e precetto) esaminiamo l'immagine seguente:

giudiziale-1

Tenendo conto che per ottenere un decreto ingiuntivo sono necessari tempi mediamente lunghi e comunque non certi (oltre a spese legali non trascurabili) si capisce (o almeno si dovrebbe) qual è il rischio rappresentato dal ricorso al prestito cambializzato, operazione indicata spesso con il termine equivalente di cambializzazione del debito.

Non rimborsare in modo puntuale le rate del prestito cambializzato (cioè le cambiali) espone il debitore a procedure rapidissime di pignoramento del TFR o dell'assicurazione vita ad accumulo, e nel caso si disponga di beni immobili, anche di quelli. E' proprio il caso di dire che il prestito cambializzato è uno strumento finanziario a cui far ricorso solo in ultima istanza.

E per un pensionato qual è l'ultima istanza? - Il prestito vitalizio ipotecario

Il profilo di riferimento è ancora quello di un cattivo pagatore che abbia già ceduto il quinto della pensione.

Egli non potrà pertanto accedere a:

a) prestito personale;

b) un mutuo dando in garanzia la casa di proprietà che non è ipotecata;

c) alla sostituzione del mutuo esistente sulla casa di proprietà gravata da ipoteca iscritta per un valore molto inferiore al valore effettivo dell'immobile. Ottenendo liquidità aggiuntiva;

Questo pensionato, cattivo pagatore, non potrà fruire di un prestito cambializzato perchè:

1. non ha, ovviamente, un TFR da offrire in garanzia;

2. non ha in essere una assicurazione vita ad accumulo di capitale;

3. non dispone di un garante.

Dobbiamo allora ipotizzare che il pensionato abbia compiuto i 65 anni di età (non sia dunque un baby pensionato) e che risulti proprietario di un immobile, al limite quello in cui vive, libero da ipoteche o con un piano di ammortamento giunto in uno stato avanzato.

Per disegnare uno scenario congruente di riferimento, ipotizzeremo altresì che il pensionato in questione (cattivo pagatore, in ultima istanza e privo di garanti) non voglia ricorrere alla vendita della nuda proprietà riservandosene l'usufrutto. Questo per le motivazioni più varie, ad esempio la volontà di lasciare una chance di recupero della proprietà agli eredi.

I vincoli imposti al problema sono molti ma c'è una soluzione. Si chiama prestito vitalizio ipotecario.

Cosa è? Il prestito vitalizio ipotecario è un finanziamento a lungo termine assistito da ipoteca di primo grado su un immobile residenziale. E’ riservato a persone fisiche proprietarie dell'abitazione in cui risiedono e che abbiano compiuto 65 anni di età. Il finanziamento è ideato in modo che non si debba effettuare alcun pagamento finché si è in vita.

Infatti non è previsto alcun piano di rimborso rateale: gli interessi e le spese che maturano sul finanziamento vengono capitalizzati annualmente e dovranno essere corrisposti in unica soluzione, di solito entro 10 mesi dalla morte del mutuatario o del mutuatario più longevo, in caso di finanziamento cointestato. Dunque tocca agli eredi (se ve ne sono) la valutazione dell'opportunità di pagare il debito o lasciare, invece, che l'immobile venga venduto all'asta, incamerando la liquidità eventualmente eccedente.

Per quel che mi riguarda questo tipo di finanziamento vale quanto lo svolazzare di avvoltoi (o la veglia di un branco di iene, se preferite) intorno alla preda agonizzante. Ma che dire, il titolo dell'articolo parla chiaro. Solo in tale contesto mi è sembrato doveroso informare di questa (penosa) opzione.

12 Settembre 2014 · Ludmilla Karadzic


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