Fondo patrimoniale – efficacia opponibilità e revocazione

La costituzione del fondo patrimoniale è opponibile al creditore solo se annotata nell'atto di matrimonio prima dell'iscrizione ipotecaria o del pignoramento

La costituzione del fondo patrimoniale è opponibile al creditore solo se annotata nell'atto di matrimonio prima dell'iscrizione ipotecaria o del pignoramento.

In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, con sentenza del 24 gennaio 2012 numero 933, ove si afferma che "la costituzione del fondo patrimoniale, prevista dall'articolo 167 del Codice civile, così come stabilito dall'articolo 162 del Codice civile per tutte le convenzioni patrimoniali, è opponibile ai terzi creditori esclusivamente a partire dalla data del'annotazione a margine dell'atto di matrimonio nei registri dello stato civile, non potendosi retrodatare la produzione degli effetti alla data di proposizione della domanda di annotazione od anticiparli alla data della trascrizione effettuata ex articolo 2647 del Codice civile ed avente l'esclusiva funzione di pubblicità notizia.

Pertanto se il pignoramento immobiliare è eseguito, nelle forme dell'articolo 555 del Codice di procedura civile, prima dell'annotazione, la costituzione del fondo patrimoniale non ha effetto nei confronti del creditore pignorante e di quelli che intervengono nell’esecuzione, sussistendo l'inefficacia degli atti di disposizione del bene pignorato, prevista dall'articolo 2913 del Codice civile, che comprende non solo gli atti di alienazione in senso stretto, ma anche tutti gli atti di disposizione del patrimonio del debitore, dai quali possa comunque derivare una sostanziale diminuzione della possibilità per il creditore pignorante o per i creditori intervenuti di soddisfarsi sui beni in questione.

Allo stesso risultato si perviene quando il pignoramento sia successivo all'annotazione, ma l’ipoteca sia stata iscritta in precedenza, in quanto con l’iscrizione sorge immediatamente per il creditore il potere di espropriare il bene, ex articolo 2808 del Codice civile, con prevalenza rispetto ai vincoli successivi".

Onere del debitore sottoposto ad esecuzione è quello di dimostrare l'avvenuta trascrizione della costituzione del fondo patrimoniale sull'atto di matrimonio

La Corte di cassazione, con la sentenza 16526/12 del 28.09.2012, ha sancito che è onere del debitore sottoposto ad esecuzione, qualora venga sottoposta al giudice istanza di sospensione del pignoramento in atto sui propri beni inseriti nel fondo, di dimostrare che la costituzione del fondo patrimoniale è stata trascritta sull’atto di matrimonio.

L'omessa annotazione, se non documentata dal debitore, può essere rilevata d’ufficio dal giudice nel corso del processo. In tale circostanza, il pignoramento sui beni del fondo verrà comunque portato a termine.

Le obbligazioni contratte per potenziare le capacità imprenditoriali del debitore sono riconducibili al soddisfacimento dei bisogni familiari

In questi termini si è espressa la terza sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 4011, pubblicata il 19 febbraio 2013.

Secondo gli ermellini, il debito contratto dal debitore nei confronti della banca, finalizzato ad ampliare le proprie capacità imprenditoriali, può intendersi assunto anche nell'interesse della famiglia.

In caso di inadempimento dell'obbligazione, quindi, per evitare l'esecuzione del creditore sui beni confluiti nel fondo patrimoniale, il debitore deve provare:

  1. la regolare costituzione del fondo patrimoniale;
  2. la sua opponibilità nei confronti del creditore pignorante;
  3. la natura esclusivamente voluttaria o speculativa degli scopi per cui fu contratto il debito.

Il fondo patrimoniale costituito per le esigenze della famiglia non può compromettere le garanzie prestate a tutela dei creditori

E' ammissibile l’azione revocatoria finalizzata alla dichiarazione di inefficacia di un atto di disposizione, con il quale si costituisce un fondo patrimoniale rivolto a soddisfare esigenze familiari, se, in precedenza, il disponente aveva prestato fideiussione per una apertura di credito. La costituzione di un fondo patrimoniale non può, infatti, compromettere le garanzie a tutela dei creditori, rendendo non aggredibili i beni conferiti e dunque incidendo in modo sostanziale sul patrimonio del fideiussore.

Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 7250, depositata il 22 marzo 2013. I giudici di legittimità hanno ritenuto che l’insorgenza del credito vada apprezzata con riferimento al momento dell'accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell'effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione. E, in tale ipotesi, il fideiussore non può opporre la circostanza che l'apertura di credito fosse stata concessa per soddisfare esigenze che il creditore conosceva essere estranee ai bisogni della famiglia.

D'altra parte, essendo il fideiussore obbligato nei confronti del creditore garantito negli stessi termini e tempi del debitore principale, l'azione revocatoria ha l'obiettivo di ricostruire la garanzia patrimoniale che il fideiussore offre al debitore per l’adempimento dell'obbligazione.

In conclusione, come già affermato più volte dai giudici di legittimità, prestata fideiussione in relazione alle (eventuali) future obbligazioni del debitore principale connesse a un’apertura di credito, i successivi atti dispositivi del fideiussore, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all'azione revocatoria ex articolo 2901 del codice civile in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore.

Il curatore fallimentare può liquidare l'immobile fatto confluire dal fallito nel fondo patrimoniale

La costituzione di un bene in fondo patrimoniale, invero, non comporta il trasferimento della proprietà o del possesso del medesimo a terzi, ma soltanto l'assoggettamento a un vincolo di destinazione (articolo 167, primo comma, del codice civile). La proprietà e il possesso dell'immobile di cui trattasi sono dunque rimasti in capo al fallito, e dunque il curatore del fallimento è già titolare, anche in ordine ad esso, dei poteri di cui all'articolo 42 legge fallimentare, in forza dei quali può senz'altro procedere alla sua liquidazione all'esito della sola rimozione, con la sentenza di revoca della costituzione in fondo patrimoniale, del vincolo di destinazione sopra detto.

E' questo, in sintesi, il principio enunciato nella sentenza della Corte di Cassazione numero 8882, depositata l'11 aprile 2013, con cui gli ermellini danno il via libera al curatore fallimentare per la liquidazione dell'immobile che il soggetto fallito aveva fatto confluire nel fondo patrimoniale da lui costituito.

La leggenda metropolitana dell'inattaccabilità assoluta del fondo patrimoniale

La costituzione del fondo patrimoniale, come abbiamo avuto modo di capire leggendo le precedenti sezioni del post, non conferisce la "licenza" di contrarre obbligazioni senza pagare pegno. La sempre possibile azione revocatoria promossa dai creditori e l'obbligo, affinché la costituzione del fondo possa essere opponibile a terzi, della sua tempestiva annotazione sull'atto di matrimonio costituiscono due importanti deterrenti per qualsiasi azione fraudolenta messa in atto dal debitore.

In particolare, l'annotazione della costituzione del fondo patrimoniale a margine dell'atto di matrimonio conferisce la necessaria pubblicità alla sua esistenza, limitando la concessione di finanziamenti chirografari garantiti esclusivamente dalla "presunta" disponibilità patrimoniale del debitore.

Inoltre, bisogna sempre ricordare che i beni inclusi nel fondo patrimoniale risultano sempre ipotecabili, pignorabili ed espropriabili qualora i debiti siano stati contratti per soddisfare i bisogni della famiglia.

Anche se i debiti sono stati assunti per esigenze estranee a quelle familiari, affinchè il fondo patrimoniale esplichi pienamente le proprie tutele, è sempre necessario che le obbligazioni siano insorte dopo la sua costituzione. Oppure, che sia decorso almeno un quinquennio dalla costituzione del fondo patrimoniale, se le obbligazioni sono state sottoscritte in epoca anteriore a quella della sua costituzione.

In ogni caso, è necessario che, al momento della nascita del debito, il creditore fosse a conoscenza del fatto che la spesa non fosse rivolta ad esigenze familiari.  Questa consapevolezza del creditore è indispensabile per impedire a questi di aggredire il fondo.  L’onere di dimostrare tale conoscenza spetta al debitore.  Se egli non fornisce tale prova, il creditore potrà aggredire il fondo patrimoniale.

Insomma, va sempre ricordato che la legge prescrive che i beni compresi nel fondo patrimoniale e i loro redditi non sono soggetti a esecuzione forzata solo per i debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Tra questi rientrano sicuramente tutti i debiti contratti nell'esercizio di un’impresa commerciale o comunque di un’attività professionale, ma anche, secondo l’opinione prevalente in dottrina, i debiti derivanti da obblighi di risarcimento dei danni, da sanzioni penali o amministrative.

Ma è chiaro che non è possibile chiedere un prestito destinato all'esercizio di attività commerciali o professionali prestando o facendosi prestare fideiussione garantita su beni che, una volta ottenuto il prestito, vengono fatti confluire in un fondo patrimoniale.

13 Aprile 2013 · Antonella Pedone


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