Successione e rinuncia all’eredità


La pensione di reversibilità si acquisisce iure proprio e non iure successionis.





Nel 1990 mio marito ha cessato la libera professione per fallimento avendo in sospeso diversi debiti con finanziarie e banche. Nel 1994 è stato assunto presso la pubblica amministrazione e pertanto i creditori hanno provveduto a pignorare il quinto dello stipendio. Essendo sposata in separazione dei beni, volevo sapere se nel caso qualcuno di noi dovesse sfortunatamente mancare cosa succede. Ho intestato a mio nome due unità immobiliari ed abbiamo una figlia.

Nel caso mancasse mio marito, i creditori continueranno a trattenere un quinto della pensione di reversibilità o andranno a toccare la buonuscita? Se rinuncio all’eredità mi spetta la sua pensione di reversibilità con la trattenuta di un quinto? Se invece dovessi mancare prima io i beni immobili andrebbero a mia figlia dopo la rinuncia all’eredità di mio marito?

Per tutelare nostra figlia come devo comportarmi?

La pensione di reversibilita’ si acquisisce iure proprio e non iure successionis. Questo per dire, nelle parole di tutti i giorni, che la pensione di reversibilità, in caso di morte di suo marito, le spetterà anche con la rinuncia all’eredità e, comunque, il prelievo per pignoramento non si trasferirà al coniuge superstite.

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) subirà, invece, un prelievo del 20% destinato ai creditori, se il decesso del coniuge dovesse avvenire prima di aver maturato il diritto alla pensione. In tale evenienza, il residuo potrà essere accettato dagli eredi (lei e sua figlia) magari con beneficio di inventario, per aver modo di verificare se i debiti lasciati dal de cuius superano quanto resta del TFR.

Analizziamo, adesso, il caso in cui sia lei a lasciare questa valle di lacrime, prima di suo marito.

La premessa è che nell’ipotesi di due coniugi con una figlia, 1/3 dell’eredità va alla figlia come quota di legittima, 1/3 al marito sempre come quota di legittima, 1/3 il disponente (lei) può lasciarlo a chi le pare tramite testamento (la quota disponibile).

Se lei non lascia testamento, l’eredità verrà ripartita al 50% fra marito e figlia.

Se suo marito rinunciasse alla propria parte, i creditori chiederebbero al giudice (ed il giudice accoglierebbe l’istanza) di sostituirsi al debitore per acquisire la quota di eredità a cui egli ha rinunciato.

Pertanto, per limitare i danni lei deve necessariamente fare testamento, disponendo che 1/3 delle sue proprietà siano attribuite a sua figlia (in tal modo i 2/3 della massa ereditaria andranno a sua figlia ed 1/3 a suo marito, e quindi, ai creditori).

Per tutelare integralmente sua figlia, dovrà invece vendere in vita le proprietà e poi, con prudenza, trasferirle il ricavato. Ricordando sempre che se i creditori avessero prova di donazioni effettuate in favore dell’erede non debitore, potrebbero sempre sostituirsi all’erede debitore per reclamare la lesione della quota di legittima e procedere alla revoca delle donazioni ed all’azione di riduzione (in pratica i creditori avrebbero diritto alla metà delle donazioni effettuate in favore di sua figlia).

10 Aprile 2015 · Ornella De Bellis


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