Nel prossimo futuro non riuscirò a far fronte ai miei obblighi – Come chiedere la ristrutturazione del debito?






Per motivi che non sto a elencare mi sono sovraindebitato, a fronte di una pensione di 1750 euro ho debiti con finanziarie per 850 euro. Fino ad oggi sono riuscito a tenere fede ai miei impegni, ma prossimamente, a causa della separazione con la mia convivente, con la quale ho due figli ai quali dovrò versare il mantenimento, penso non riuscirò a onorare i debiti.

Chiedo se vi e’ modo di chiedere una riduzione dell’importo mensile complessivo delle rate al fine di avere una rata complessiva di circa 500 euro.

Può, innanzitutto, provare a rivolgersi ad una finanziaria per chiedere un consolidamento del debito: in pratica, la finanziaria, che accetta di consolidare il debito del proprio cliente, acquisisce i prestiti concessi dagli altri creditori e propone un piano di ammortamento di lunga durata, portando la rata unica, che grava sul debitore, ad un livello compatibile con la sua situazione reddituale.

Mentirei, tuttavia, se non le riferissi che trattasi di opzione più teorica che pratica: fino ad oggi, soggetti veramente disposti ad offrire al debitore soluzioni di consolidamento del proprio debito li abbiamo visti solo negli spot pubblicitari. In verità, il consolidamento del debito è operazione che comporta un fattore di rischio piuttosto elevato per il nuovo creditore, considerando che il soggetto che la richiede si trova già in uno stato di insolvenza latente rispetto ai debiti pregressi; inoltre, i tempi di rimborso, per adattare il piano di ammortamento ad un importo sostenibile per il richiedente, diventano di solito troppo lunghi e spesso incompatibili se rapportati alle reali aspettative di vita del debitore: il soggetto consolidante si troverebbe, quindi, con una elevata probabilità di instaurare un contenzioso con gli eredi.

Altra soluzione possibile è quella di utilizzare la legge 3/2012 per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, presentando al giudice un piano di rimborso (piano del consumatore): in pratica, è il debitore a proporre al giudice l’importo da corrispondere mensilmente a ciascun creditore, dimostrando che quello che gli residua complessivamente è il minimo necessario a soddisfare le elementari esigenze di vita. Se il giudice omologa il piano così elaborato, i creditori sono tenuti ad accettare le nuove condizioni di consolidamento del debito.

In alternativa, sempre nell’ambito della legge 3/2012, il debitore può ricercare autonomamente un accordo con i creditori, accordo che una volta raggiunto (e che potrebbe prevedere anche una riduzione percentuale della massa debitoria, nel qual caso si parla di ristrutturazione) viene ratificato dal giudice per costituire la nuova base contrattuale per il rimborso del debito. Perché i creditori dovrebbero accettare formalmente l’accordo? Perché se il debitore interrompe i pagamenti, scegliendo la via dell’insolvenza, e se non possiede beni immobili o un pingue conto corrente/titoli, ma solo, come nel caso in esame, una pensione, l’azione esecutiva del pignoramento del 20% del rateo mensile porterebbe al soddisfacimento immediato di uno solo dei contendenti. Ma, purtroppo, ciascun creditore crede di essere più furbo degli altri, oppure si preferisce cedere il proprio credito (con immediati vantaggi fiscali e di cassa) piuttosto che addivenire ad un accordo di ristrutturazione che sancisce la riduzione del capitale e/o la sua restituzione in un periodo temporale troppo dilatato. Comunque, per poter chiedere al giudice la ratifica dell’accordo su tempi e modi (ed eventualmente sulla riduzione dell’importo) di consolidamenro e/o ristrutturazione del debito è necessario l’assenso dei creditori titolati per almeno il 60% dell’esposizione debitoria.

Per l’omologazione del piano del consumatore, così come per la ratifica dell’accordo con i creditori è indispensabile l’assistenza tecnica di un professionista (non necessariamente un avvocato, ma anche dottori commercialisti, ragionieri, ragionieri commercialisti).

Quando falliscano tutti i tentativi di individuare un nuovo creditore che conceda volontariamente una soluzione di consolidamento del debito, quando non si riesca a far ricorso alla legge 3/2012 per la composizione della crisi da sovraindebitamento attraverso l’omologazione di un piano del consumatore o la ratifica di un accordo con i creditori, al debitore nullatenente e percettore di una retribuzione mensile, da pensione o da stipendio, non resta altro che interrompere i pagamenti ed attendere il pignoramento.

Alcuni preferiscono questa soluzione alle altre: certo, il capitale da rimborsare aumenta considerevolmente perché gravato da interessi moratori e spese legali e l’iscrizione nelle centrali rischi preclude un eventuale futuro accesso al credito; ma è possibile individuare anche taluni aspetti positivi. Innanzitutto, solo il più tempestivo fra i creditori riesce a spuntare da subito il 20% della retribuzione mensile percepita dal debitore. Gli altri dovranno attendere pazientemente l’integrale rimborso del prestito azionato tramite il primo pignoramento, augurandosi contestualmente lunga vita e florida salute per il debitore, onde evitare di dover successivamente avere avere che fare con chiamati all’eredità che possano esercitare la facoltà di rinuncia, lasciandoli all’asciutto. Per questo motivo, i creditori rimasti con il cerino acceso in mano preferiscono cedere il proprio credito a società di recupero, piuttosto che investire altro denaro in azioni esecutive che darebbero frutti solo a tempo indefinito. Per cui, potrebbe capitare al debitore di chiudere le posizioni rimaste in sospeso anche con accordi transattivi a saldo stralcio.

Eppoi, per finire, cosa che riguarda esclusivamente i pensionati, l’articolo 545 del codice di procedura civile ha ormai chiaramente quantificato l’entità del minimo vitale, parificandola alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà, cioè a circa 700 euro. Poiché il rateo di pensione può essere pignorato solo per la parte eccedente il minimo vitale, ciò si traduce nel dire che per un pensionato con 1750 euro mensili, al netto di oneri fiscali e al lordo di eventuali cessioni del quinto, il pignoramento del 20% si sostanzia in un prelievo di soli 210 euro circa (a fronte dei 500 euro desiderati). Il che lascia poco spazio per capire quale sia la strada più conveniente da percorrere, ad un pensionato sovraindebitato e nullatenente, al fine di risolvere i propri problemi.

25 Settembre 2017 · Ludmilla Karadzic


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