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Mi trovo in una stuazione difficile a seguito di un atto di pignoramento dei crediti verso terzi inviata da Equitalia al mio attuale datore di lavoro. Per poter esprimere la complessità della mia posizione devo esporre la mia storia.
Nel 2002 apro una società SNC con mio padre (amministratore) e mia sorella. Le cose non vanno bene e ometto il pagamento dei contribuiti INPS e all’agenzia delle entrate fino al 2005. Nel 2006 chiudiamo effettivamente l’attività e non do comunicazione agli enti preposti e non chiudo la partita iva (attualmente ancora attiva).
Sempre nel 2006 comincio a lavorare come dipendente e comincio regolarmente a versare i contributi,
Nel 2009 muore mio padre e la tassa di successione è impensabile da affrontare come costo.
Nel frattempo continuano ad arrivarmi bollettini INPS da pagare riferiti alla posizione della società snc.
Tutto tace fino ad oggi quando la società per cui lavoro mi inoltra una email pec di Equitalia con la richiesta di pignoramento stipendio.
La cifra è di ben 140.000 euro.
Ora avrei molteplici domande che spero possano trovare una risposta per rasserenarmi e capire da dove cominciare.
1) guadagno 1500 euro più una tantum fissa di 130 euro più assegni familiari per circa 150 euro, la trattenuta del decimo dello stipendio dove viene calcolata?
2) Essendo l’attivita “non operativa” dal 2005 posso chiedere l’annullamento delle cifre che mi vengono richieste cominciando con l’andare a comunicare la cessazione attivita in forma retrattiva?
3) Mi riferiscono che l’importo e cosi alto perche mi vengono addebitati anche i contribuiti di mio padre e mia sorella essendo una snc. Giusto?
4) E possibile chiudere la società con la motivazione che non abbiamo trovato un socio che soddisfi le nostre richieste a seguito della morte di mio padre (cosi mi hanno consigliato).
5) la domanda piu importante. Da dove comincio? a Chi mi devo rivolgere? (avvocato,commercialista caf…)
Per quanto riguarda la prima domanda, l’articolo 22 della legge 797/1955 dispone che gli assegni familiari non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti se non per causa di alimenti a favore di coloro per i quali gli assegni sono corrisposti.
Dunque, l’importo dello stipendio su cui verrà calcolata la quota di pignoramento è di 1500 euro, se questa è la retribuzione mensile al netto degli oneri fiscali e contributivi nonché degli assegni familiari ed al lordo di eventuali cessioni del quinto e/o prestiti delega.
Per le domande 2, 3 e 4 va detto che la società in nome collettivo è una società di persone ed il singolo socio risponde illimitatamente e solidalmente dei debiti acquisiti durante l’attività. Questo vuol dire che il creditore può, praticamente, scegliersi il socio da escutere per l’intero debito. Sarà poi, eventualmente, il socio esecutato a proporre rivalsa nei confronti dei membri della compagine per ottenere quanto pagato in più rispetto alla propria quota. Inoltre, giusto per sgombrare il campo da equivoci sempre incombenti, la chiusura della società, seppur comunicata nei modi e nei tempi di legge, non azzera il debito. In altre parole, la situazione, purtroppo, è molto meno complicata di quanto possa sembrare.
Per finire è bene comunque sapere che la quota di pignoramento esattoriale è del 10% (su stipendi fino a duemila e 500 euro) solo per debiti iscritti a ruolo di natura erariale, cioè per imposte e tasse dovute allo Stato. Per i contributi INPS evasi sale al 20% dello stipendio netto.
15 Ottobre 2016 · Simone di Saintjust
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