Pignoramento della pensione e minimo vitale – Qual è la normativa vigente?


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Approfitto dello spazio e della consulenza che offrite per chiedere un aiuto per me e per tutte le persone sole, anziane e senza possibilità di migliorare la propria situazione.

Posto il mio problema con la speranza di essere utile anche ad altri. Nel mio caso io sono nullatenente, ovvero non possiedo nulla di proprietà, nè casa, nè auto ma sono titolare di una pensione inferiore a 700 euro, può essere pignorata? Se c’è un tetto di sopravvivenza, a quanto ammonta?

In occasione della 13.ma mensilità il rateo della pensione può superare 1300 euro, devo aspettarmi un prelievo forzoso direttamente all’INPS o posso fare un Buon Natale prelevando immediatamente dal conto corrente in banca?

Inoltre, è più sicuro prelevare la pensione in Posta e chiudere il conto corrente?

Il pignoramento della pensione è regolato dall’articolo 545 del codice di procedura civile, secondo il quale la pensione non può essere pignorata presso l’INPS per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nel limite del 20%.

In pratica, la norma fissa un minimo vitale impignorabile della pensione pari a circa 750 euro, dove per comodità abbiamo ipotizzato la misura massima dell’assegno sociale equivalente a 500 euro (in realtà si tratta di poco meno).

Per fare un esempio, se il pensionato percepisce 1500 euro, un eventuale pignoramento non esattoriale azionato da banche, privati o finanziarie presso l’INPS inciderebbe per circa 150 euro al mese (20% di 750 euro), mentre un pignoramento esattoriale riconducibile a crediti verso la Pubblica Amministrazione, per i quali agisce Equitalia sottrarrebbe, per prassi, circa 75 euro (10% di 750 euro) all’importo mensile erogato dall’istituto nazionale di previdenza sociale.

Una pensione di 700 euro risulta, invece, per quanto sin qui esposto, praticamente impignorabile.

Ma cosa accade se la pensione viene accreditata dall’INPS su conto corrente ed il creditore procede proprio con il pignoramento del conto corrente intestato al pensionato?

La legge (sempre con l’articolo 545 del codice di procedura civile) stabilisce che nel caso di accredito su conto corrente bancario o postale intestato al debitore, la pensione può essere pignorata per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale.

Dunque, la buona notizia è che pignorando il conto corrente su cui viene accreditata la pensione del debitore, il creditore procedente deve, per legge, lasciare sul conto corrente l’importo dell’ultima pensione accreditata (almeno fino all’occorrenza di 1.500 euro, ovvero il triplo dell’assegno sociale che abbiamo ipotizzato, per comodità, pari a 500 euro). La cattiva notizia consiste nel fatto che, quasi sempre, è comunque onere del debitore attivarsi, con il necessario supporto di un avvocato, per far valere il diritto sancito dalla legge ricorrendo, in fase di assegnazione delle somme pignorate sul conto corrente, al giudice dell’esecuzione. La banca, infatti, non può intervenire direttamente escludendo l’importo dell’ultima pensione accreditata in conto corrente (fino ad un massimo di 1.500 euro circa) dalla disponibilità pignorabile dal creditore procedente.

E’ questa la ragione per cui è consigliabile, per il pensionato debitore in odore di azione esecutiva che percepisce una pensione inferiore ai mille euro, chiedere all’INPS il pagamento in contanti.

Abbiamo già avuto modo di segnalare, infatti, che se l’importo mensile ordinario è inferiore a mille euro, la pensione non è soggetta alle limitazioni all’uso del contanti previste per le Pubbliche Amministrazioni. Questo, anche qualora l’importo erogato a titolo di tredicesima mensilità eguagliasse o superasse i mille euro.

8 Marzo 2017 · Ornella De Bellis


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