Persona indebitata con immobili – Vendere ai figli?


Casa - pignoramento espropriazione e vendita all'asta, donazione, ipoteca Equitalia o ADER





Una persona ha ingenti debiti con Equitalia per i quali sta per aderire alla rottamazione ter: nelle more, ed essendo sicuri che lo stesso saldi tutti i debiti, vorrebbe cominciare a togliersi le proprietà intestate (vendendo ai figli) che sono tre case e un negozio, ma, nel contempo, stanno arrivando anche degli avvisi di accertamento imu alle quali pensa di fare opposizione per allungare i tempi e non far iscrivere ipoteca almeno per qualche anno, almeno il tempo di chiudere la rottamazione anche saldando prima.

Le domande sono queste:

– cosa accade se si vende ai figli senza corrispettivo o con corrispettivo dissimulato?
– se si vende ad un terzo, l’atto di alienazione non è soggetto a revocatoria?
– se si vende a un terzo il ricavato della vendita finisce sul conto corrente del debitore ed è pignorabile. Si possono trasferire le somme ottenute dalla vendita degli immobili ai propri figli senza rischiare?
– e, se invece si trasferisse il ricavato della vendita al terzo su un conto corrente offshore in “black list” per evitarne il pignoramento?

Se il debitore vende l’immobile ai propri figli, si espone all’azione revocatoria del creditore: per scongiurare questo rischio il debitore dovrebbe vendere ad un terzo che non sia suo parente o affine, ad un prezzo di mercato, con trasferimento di denaro tracciabile ed il terzo dovrebbe eleggere l’appartamento acquistato a propria abitazione principale (per abitazione principale si intende quella nella quale l’acquirente e/o i suoi familiari dimorano abitualmente) o dovrebbe svolgervi la propria attività commerciale (per quanto attiene il negozio). Solo così l’azione revocatoria sarà valutata come inammissibile dal giudice eventualmente adito dal creditore, venendo superata la presunzione legale di consapevolezza, da parte del terzo acquirente, circa il pregiudizio arrecato agli interessi del creditore: altrimenti, succede che il terzo acquirente viene espropriato (l’accoglimento dell’azione revocatoria non comporta la restituzione del bene al debitore alienante, ma dà diritto al creditore di condurre azione esecutiva sul bene alienato dal debitore come se la compravendita non fosse mai avvenuta – si dice anche che l’atto di trasferimento della proprietà è inefficace nei confronti del creditore) con tutti gli strascichi di rivalsa e domanda giudiziale di risarcimento danni nei confronti del debitore alienante che la situazione venutasi a creare comporterebbe: un girone infernale in cui è meglio non entrare.

Come lei saggiamente rileva, però, a questo punto nascerebbe un ulteriore problema: il ricavato dalla compravendita verrebbe accreditato sul conto corrente del debitore e potrebbe essere integralmente pignorato con assegnazione al creditore procedente del saldo disponibile: qualcuno, allora, potrebbe ingenuamente pensare di trasferire la liquidità acquisita sui conti correnti dei propri figli. E qui casca (non cascherebbe) l’asino di sicuro.

Infatti, il bonifico di valore non modico (ma anche un normale assegno di traenza o circolare) viene assimilato dalla giurisprudenza (tra le altre, Corte di cassazione, a sezioni unite, sentenza 18725/2017) ad atto di donazione diretta di non modico valore. In quanto donazione diretta di non modico valore, il passaggio di denaro dovrebbe essere ratificato con atto pubblico notarile (alla presenza di due testimoni), altrimenti è suscettibile di annullamento per vizio di forma su domanda del creditore del disponente.

Insomma, l’annullamento del bonifico potrebbe realizzarsi senza nemmeno la necessità di un’azione revocatoria avviata dal creditore nei confronti di chi ha effettuato il bonifico (o emesso l’assegno), con conseguente obbligo del figlio beneficiario alla restituzione di quanto ricevuto dal genitore. Peraltro, se si effettuasse una donazione di danaro di non modico valore con tutti i crismi della legalità (atto notarile) il creditore potrebbe agevolmente chiedere (ed ottenere) entro cinque anni dalla data di stipula dell’atto, la revocazione della disposizione. Insomma, saremmo precipitati nel classico “cul de sac”.

Il trasferimento di danaro dovrebbe allora avvenire tramite bonifici o assegni di somme modiche, o anche per contanti, con prelievi periodici dal conto: ma, a parte il fatto che l’entità della somma che possa essere considerata modica non è stata mai definita in giurisprudenza, anche le operazioni frazionate ci riporterebbero a classificare l’operazione come donazione diretta di importo non modico, nulla in assenza di atto notarile. Volendo anche trasferire periodicamente piccole somme in contanti dal conto corrente del debitore a quello del familiare, curando che non ci sia correlazione temporale, né di importo, fra i prelievi e i depositi, il tempo necessario a completare l’operazione, anche contando sui tempi biblici della giustizia, darebbe comunque modo al creditore di vanificare questo tentativo naif di eludere i propri obblighi con il classico pignoramento del conto corrente.

A questo punto, l’unica soluzione sembrerebbe quella, come lei stesso suggerisce, di trasferire il danaro ricavato dalla vendita dell’immobile in un conto corrente aperto presso un istituto di credito con sede in un paese offshore, non legato da accordi di mutua informazione e di mutua collaborazione con l’Italia (black list). Oggi basta avere un collegamento skype e il rapporto di conto corrente si perfeziona a distanza, con successiva firma del contratto e invio, tramite vettore, del dispositivo generatore di password necessario ad autorizzare bonifici e transazioni. In tal modo, qualcuno potrebbe pensare, non essendoci alcuna possibilità di pignoramento del conto corrente su rogatoria di Agenzia delle Entrate Riscossione, il debitore avrebbe tutto il tempo di trasferire, nel lungo periodo, il ricavato delle operazioni di alienazione immobiliare sui conti correnti dei propri familiari, anche a costo di utilizzare il bancomat in italia un giorno sì e l’altro pure per prelevare contanti da versare sui conti correnti dei figli, magari curando che non ci sia correlazione temporale nè di importo fra i prelievi e i depositi.

Ma anche questa strada non è scevra di rischi insidiosi: in primis, il titolare del conto corrente potrebbe essere accusato di riciclaggio con risvolti anche penali: in pratica, in men che non si dica, il titolare del conto corrente offshore potrebbe trovare ospitalità coattiva nelle patrie galere. Non capita, ma se capita .. recita un recente e noto spot pubblicitario. C’è di più: la banca potrebbe fallire, un impiegato infedele potrebbe falsificare firme e svuotare il conto attribuendo la responsabilità al solito hacker russo oppure alla negligenza dell’intestatario del conto corrente che non ha diligentemente custodito il proprio generatore di password usa e getta (On Time Password – OTP). E vorrei vederla, allora, contestare dall’Italia l’evaporazione della disponibilità in conto corrente offshore: quel che è certo, lei non potrà rivolgersi alla Guardia di Finanza.

Questa lunga chiacchierata è stata finalizzata, spero, a convincerla che, nella situazione data, l’unica soluzione, per poter continuare a dormire sonni tranquilli, è quella di vendere i beni immobili necessari a rimettere il debito ad Agenzia delle Entrate Riscossioni. Altrimenti si rischia la galera, un infarto precoce oppure, se va bene, una malattia al fegato. E, assolutamente, non ne vale la pena!

8 Gennaio 2019 · Simonetta Folliero





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