Palestra chiusa a causa del Coronavirus – Come deve comportarsi il titolare alla riapertura riguardo il risarcimento dei giorni non goduti?






A causa dalle restrizioni attuate dal governo per l’emergenza Coronavirus Covid-19, ho dovuto chiudere le serrande della palestra, di cui sono proprietario, apartire dal 9 Marzo 2020. causa

Dunque, vorrei sapere come mi devo comportare con i miei clienti riguardo agli abbonamenti (indipendentemente che siano mensili trimestrali e annuali)?

Uno dei tanti aspetti della vita quotidiana su cui hanno influito l’emergenza COVID-19 e le restrizioni ad essa connesse, è certamente quello relativo alla possibilità di continuare a frequentare palestre, piscine, centri sportivi, ricreativi o culturali di vario tipo.

Sono tantissimi coloro che ad inizio anno sono soliti sottoscrivere contratti con una palestra, in forza dei quali, a fronte del versamento di una quota relativa ad un periodo di tempo più o meno lungo (un mese, tre mesi, sei mesi o un intero anno), conseguono il diritto ad un numero prestabilito di ingressi presso la struttura o anche ad accedervi illimitatamente durante quell’arco temporale.

Una volta intervenuta l’emergenza pandemia, molti contratti di abbonamento sono nel frattempo scaduti ed altri si accingono a scadere, senza che coloro che hanno pagato per ottenere il servizio siano riusciti ad ottenere la prestazione a cui avevano diritto.

Ebbene, per tutte le situazioni di questo tipo trova applicazione una norma che detta un principio di carattere generale, valevole per ogni fattispecie contrattuale in cui alla prestazione di una parte consegue una controprestazione dell’altra parte.

Si tratta dell’art. 1463 c.c., il quale dispone che, nel caso di contratti a prestazioni corrispettive, se una delle parti viene, per qualunque ragione, liberata dall’obbligo di eseguire la sua prestazione per sopravvenuta impossibilità, non potrà chiedere la controprestazione all’altra parte contrattuale e sarà tenuta a restituire quella che nel frattempo abbia ricevuto (è stato espressamente affermato che tale norma si riferisce a tutti i contratti onerosi in generale, e dunque sia a quelli commutativi che a quelli associativi).

In particolare, a fondamento dell’obbligo di restituire quanto già ricevuto, si pone il principio della ripetizione dell’indebito, espresso a sua volta all’art. 2033 del c.c., secondo cui colui il quale ha eseguito un pagamento non dovuto, ha diritto a ripetere ciò che ha pagato.

Requisiti specifici essenziali per l’applicazione dell’art. 1463 c.c. sono:

  • deve trattarsi di impossibilità sopravvenuta alla conclusione del contratto;
  • non deve essere imputabile al debitore stesso, ossia al titolare della palestra o altro centro sportivo;
  • deve essere assoluta e definitiva, ma può anche essere temporanea, come di seguito si vedrà.

L’art. 1463 c.c., a sua volta, deve essere posto in stretto collegamento con l’art. 1218 del c.c. e con l’art. 1256 del c.c., dalla lettura dei quali si ricava che il debitore (ossia il titolare della palestra), la cui prestazione è divenuta impossibile, è liberato dalla sua obbligazione senza per tale ragione incorrere in alcuna responsabilità, qualora ovviamente l’inadempimento derivi da causa a lui non imputabile.

La liberazione del debitore, dunque, si verifica se ed in quanto concorrano l’elemento oggettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione, elementi tutti che concorrono senza alcun dubbio nella situazione attuale.

Dalla lettura del secondo comma dell’art. 1256 c.c., però, se ne ricava che l’impossibilità potrebbe anche essere soltanto temporanea, ciò che si adatta benissimo al caso di specie, in quanto molti utenti possono aver sottoscritto contratti annuali e non è da escludere che, al termine dell’attuale situazione di emergenza, possa residuare un periodo di vigenza di quel contratto.
In situazioni di questo tipo il rapporto contrattuale entra in una situazione di sospensione, nella quale il debitore è esonerato da ogni responsabilità per il ritardo ed al termine della quale possono verificarsi due ipotesi:
l’impossibilità temporanea viene meno, nel qual caso il contratto riprende la sua efficacia ed il persistere dell’inesecuzione a quel punto diviene imputabile e costituisce causa di inadempimento (anche agli effetti del risarcimento del danno);
l’impossibilità si protrae al di là dei limiti previsti dal secondo comma dell’art. 1256 c.c. e finisce per equivalere all’impossibilità definitiva, determinando gli effetti propri dell’impossibilità fin dall’origine definitiva.

Una volta individuati i principi giuridici di riferimento, vediamo adesso come tali principi vanno applicati alle fattispecie contrattuali in esame, distinguendo le diverse ipotesi possibili:

  1. abbonamenti annuali, semestrali o trimestrali: rientrano nell’ipotesi prevista dal secondo comma dell’art. 1256 c.c., con la conseguenza che il rapporto contrattuale si trova in una sorta di sospensione. Nel momento in cui cesseranno le misure restrittive, si potrà verificare che:
    • è scaduto l’intero periodo di durata del contratto: l’utente avrà diritto alla restituzione di una somma di denaro commisurata al periodo di chiusura della struttura e, dunque, al periodo di mancata prestazione dei servizi venduti;
    • residua un ulteriore periodo di vigenza contrattuale: l’utente avrà diritto sempre al rimborso per il solo periodo di chiusura della struttura, ma non anche per il periodo in cui le attività sportive potranno riprendere ed il gestore sarà nuovamente posto nella condizione di eseguire la sua prestazione.
  2. abbonamenti commisurati ad un certo numero di ingressi con scadenza temporale: al termine delle misure restrittive, l’intera somma corrisposta andrà divisa per il numero complessivo di ingressi acquistati e si avrà diritto alla restituzione di un importo equivalente al numero degli ingressi per i quali la prestazione non è stata eseguita.
  3. abbonamenti commisurati ad un numero prestabilito di ingressi senza alcuna scadenza temporale: al termine dell’emergenza l’utente avrà chiaramente diritto di avvalersi del suo diritto di accesso, recuperando gli ingressi di cui nel frattempo non ha potuto godere.

E’ ragionevole affermare che, qualora per esigenze organizzative dovute ad una elevata concentrazione di fruitori nello stesso arco temporale, il prestatore del servizio dovesse trovarsi nell’impossibilità di adempiere alla sua prestazione in favore di tutti, coloro che non potranno usufruirne avranno diritto al rimborso di quanto pagato e non ricevuto, sempre ex art. 1463 c.c.

Anche in questo caso, non può ravvisarsi alcuna responsabilità in capo a chi deve erogare il servizio (la palestra o la piscina), essendo il suo inadempimento parziale ricollegabile con tutta evidenza ad una causa a lui non imputabile.

E’ ben possibile che la struttura possa offrire, come forma di rimborso, una modifica gratuita della scadenza temporale (proroga), ma si tenga conto che in tal caso si tratta di una modifica contrattuale, per la quale occorre – in ogni caso – il consenso di entrambe le parti ex art. 1321 del c.c. e l’utente consumatore potrebbe non avere interesse a frequentare la palestra, o il centro sportivo in generale, dopo il periodo inizialmente convenuto.

In ogni caso, è bene precisare che sul gestore della palestra non può incombere l’obbligo di risarcire alcun danno, considerato che il suo inadempimento e, dunque, l’impossibilità di eseguire la prestazione, non è dipesa da causa allo stesso imputabile.

7 Aprile 2020 · Gennaro Andele


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