Le trattenute per i prestiti che incidevano sullo stipendio sono diventate insostenibili ora che sono andato in pensione





In caso di pignoramento per inadempimento del pensionato debitore, la trattenuta sarà calcolata solo per la parte eccedente il minimo vitale





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In attività lavorativa ho aperto dei finanziamenti per un totale di circa 70 mila euro: avevo una uscita per circa 1000 euro, a fronte di uno stipendio di circa 2200 euro, ma a novembre 2018, all’età di 69 anni, sono dovuto andare in pensione, e con vivo disappunto la stessa è stata quantificata in 620 euro mensili. Col sostegno del TFR son riuscito sino ad ora a far fronte. Ora la situazione è insostenibile. Come possibile dare un blocco a codesta situazione?

Lei non fornisce indicazioni sulla tipologia delle trattenute operate dall’INPS: possiamo immaginare che siano riconducibili a cessione del quinto e prestito delega (cosiddetto doppio quinto) contratti nel corso della della sua attività da lavoratore dipendente prima di andare in pensione.

Ebbene, mentre l’importo delle rate a servizio del prestito ottenuto dietro cessione del quinto devono essere rimodulate, per legge, al 20% del rateo di pensione percepito dal debitore, ciò non accade per le gli importi mensili finalizzati al rimborso del cosiddetto prestito delega, che restano immutati.

Questa la ragione per cui, con il passaggio in quiescenza, ha visto diminuire, ma non in modo sostenibile con il nuovo assetto retributivo, le somme prelevate per soddisfare i crediti pregressi.

Se le trattenute non fossero effettuate alla fonte, cioè dall’INPS, lei avrebbe potuto sospendere i pagamenti ed attendere una eventuale azione esecutiva promossa dai creditori. Per tutta l’esposizione debitoria, al massimo, avrebbe dovuto corrispondere solo il 20% del rate di pensione al netto degli oneri fiscali.

Ma, nella condizione attuale, può eccepire esclusivamente l’eventuale superamento della trattenuta complessiva rispetto alla soglia del 50% della pensione spettante.

Tuttavia, può fare un tentativo per diminuire l’importo delle trattenute, chiedendo una ristrutturazione del debito, più compatibile con la sua situazione di pensionato che ha visto ridurre la retribuzione mensile, attraverso la proposta al giudice per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (ex legge 3/20129) e presentando un piano del consumatore.

Il debitore interessato a presentare istanza ex legge 3/2012 al Tribunale territorialmente competente, può rivolgersi direttamente all’organismo di composizione della crisi competente per il territorio, individuato negli elenchi ufficiali degli organismi abilitati a gestire la composizione delle crisi da sovraindebitamento, predisposto dal Ministero della Giustizia (questo il link).

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2 Novembre 2019 · Stefano Iambrenghi

Preciso che si tratta di tutti prestiti personali. senza alcuna cessione o delega.

Ci spieghi allora, se vuole, come mai i prestiti personali venivano e vengono rimborsati con trattenute dirette alla fonte e non con pagamenti volontari mensili del debitore via bonifico, bollettini postali, o addebiti in conto corrente.

Dubito che siano stati posti in essere dei pignoramenti, dal momento che, in questa ipotesi, la trattenuta non avrebbe potuto superare il 20% dello stipendio.

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2 Novembre 2019 · Ludmilla Karadzic

Richiamo il mio problema: sicuramente non ho saputo esporle l’argomento. I miei pagamenti sono stati e sono tutt’ora (seppure agli sgoccioli!) pagamenti spontanei come da contratti. Non ho mai avuto trattenute sullo stipendio ne tutt’ora sulla misera pensione.

Probabilmente abbiamo compreso male noi, leggendo che l’importo delle rate di rimborso dei prestiti erano passate dai mille euro durante la prestazione di lavoro dipendente a 620 euro con il passaggio in quiescenza (pensione): abbiamo pensato che la rata per il rimborso del prestito dietro cessione del quinto fosse stata rimodulata come prescrive la normativa vigente (deve essere pari al 20% della pensione netta) nel transito dello status da lavoratore dipendente a pensionato.

Tralasciando gli equivoci, allora la sua situazione può essere risolta molto semplicemente: infatti, se lei oggi smettesse di pagare tutti i creditori, anche se tutti procedessero per vie legali avviando ciascuno azione esecutiva di pignoramento della pensione, la sua pensione potrebbe essere pignorata alla fonte per il 20% dell’importo eccedente il minimo vitale (ovvero, l’importo massimo dell’assegno sociale aumentato della metà).

Considerando che a partire da gennaio 2019, l’importo massimo dell’assegno sociale ammonta a 458 euro, la pensione, dunque, potrà essere pignorata presso l’INPS, solo per l’importo eccedente 687 euro.

Nella fattispecie, la rata che potrebbe essere prelevata dalla sua pensione a fronte del blocco di tutti i pagamenti a servizio di tutti i creditori, sarà pari al 20% di (2200 – 687) euro = 303 euro circa. Meno della metà dei 620 euro che paga adesso ogni mese per servire il debito accumulato.

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7 Novembre 2019 · Chiara Nicolai

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