Interessi legali applicati nel periodo durante il quale viene corrisposta al creditore la trattenuta per pignoramento presso terzi di stipendio o pensione del debitore

Nel periodo di tempo in cui il debito azionato viene soddisfatto da trattenuta su pensione o stipendio, si applicano gli interessi legali


DOMANDA

Gradirei sapere quale tasso di interesse viene applicato sul pignoramento: faccio un esempio su 8000 euro di pignoramento per un debito non pagato, quale tasso di interesse è applicato?


RISPOSTA

Il creditore insoddisfatto notifica al debitore inadempiente l’atto di precetto con l’importo – da versare in un’unica soluzione entro dieci giorni dalla notifica – comprensivo del capitale residuo dovuto nonché degli interessi moratori da corrispondere per il ritardato pagamento. Se il debitore non adempie il creditore procedente notifica l’atto di pignoramento al terzo debitore del debitore (nella fattispecie all’INPS, ma quanto successivamente esposto vale anche per un qualsiasi datore di lavoro in occasione di un pignoramento dello stipendio) e chiede al giudice di riconoscergli quanto richiesto dal precetto, più le spese legali sostenute per il ricorso giudiziale ed eventualmente, gli interessi legali per il tempo in cui verrà effettuata la riscossione coattiva (articolo 1284 del codice civile, comma 4).
Infatti, secondo l’ordinanza 61/2023 della Corte di cassazione, la norma dell’articolo 1284 del codice civile, comma 4, individua il tasso legale degli interessi da applicare, in linea generale, per tutte le obbligazioni pecuniarie (salvo diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge), per il periodo successivo all’inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito, fino al momento del pagamento.
Comunque, va chiarito subito che il tasso di interesse legale da applicare, non dipende dall’importo azionato giudizialmente dal creditore, ma viene fissato anno per anno dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Il giudice stabilisce, allora, in sede di assegnazione, l’importo complessivo da riconoscere al creditore procedente: sull’importo assegnato andranno calcolati gli interessi legali nel corso degli anni in cui verrà trattenuta la rata di rimborso.
Immaginiamo, per semplicità, che il credito complessivamente assegnato dal giudice sia di 10 mila euro, che l’udienza si sia tenuta 60 giorni (fine ottobre) prima della fine dell’anno X, che la trattenuta mensile sia fissa e pari a 100 euro, che il tasso di interesse legale, stabilito dal MEF all’inizio dell’anno X (in realtà viene fissato a metà dicembre dell’anno X – 1) sia del 12%, che l’anatocismo sia annuale e cioè che la rivalutazione del credito residuo venga effettuata al 27 dicembre di ciascun anno.
Il tasso legale mensile nell’anno X allora è pari all’1%
Il 27 dicembre dell’anno X il capitale residuo rivalutato sarà pari a 10. 000 + 10. 000 * 2/100 = 10. 020 (a fine anno il capitale è stato rivalutato del 2% di 10 mila euro è cioè di 20 euro)
Il capitale residuo al 28 dicembre dell’anno X sarà dato da capitale residuo rivalutato detratta la trattenuta bimestrale (in totale,200 euro), ovvero 10. 020 euro – 200 euro pari cioè a 9. 820 euro.
Notiamo che, per effetto degli interessi applicati, dato il credito complessivamente assegnato dal giudice (10 mila euro), dopo due rate, ciascuna da 100 euro, versate dal datore di lavoro per conto del debitore, il debito residuo non è di 9. 800 euro, ma di 9. 820 euro.
Supponiamo, adesso, che nell’anno X+1 il tasso legale di interesse fissato dal MEF sia del 10%.
Il 27 dicembre dell’anno X+1 il capitale residuo rivalutato sarà pari al capitale residuo a fine anno X con l’applicazione di un tasso complessivo di interesse del 10%.
In altre parole il credito residuo rivalutato sarà dato da 9. 820 + 9. 820 * 10/100 = 9. 820 euro + 982 euro = 10. 802 euro
Il capitale residuo al 28 dicembre dell’anno X + 1 sarà dato dal capitale residuo rivalutato nell’anno X+1 detratta la trattenuta annuale (1. 200 euro), ovvero 10. 802 euro – 1. 200 euro pari cioè a 9. 602 euro.
Insomma, dopo 14 rate versate da 100 euro ciascuna per totali 1. 400 euro il debito iniziale di 10 mila euro è diventato un debito residuo di 9. 602 euro. Ecco perchè, quando è possibile, il pignoramento presso il datore di lavoro va sempre evitato.
Si prosegue, iterando il procedimento, fino all’azzeramento del credito complessivamente assegnato dal giudice (somma precettata più eventuali spese legali concesse).


1 Marzo 2024 - Patrizio Oliva


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